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Covid 19

I cani come ospiti intermedi del coronavirus? Gli esperti frenano: “Sono fantasie”

Secondo uno scienziato cinese dell’Università di Ottawa, il professor Xuhua Xia, il serbatoio intermedio del coronavirus che avrebbe permesso il salto di specie all’uomo sarebbe un cane randagio che si nutriva di carne di pipistrello. La teoria, basata su analisi al computer, è stata aspramente criticata dai colleghi poiché ritenuta senza prove e fantasiosa.
A cura di Andrea Centini
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Uno scienziato cinese del Dipartimento di Biologia dell'università canadese di Ottawa, il professor Xuhua Xia, ha ipotizzato che l'ospite intermedio a permettere il salto di specie (spillover) da animale all'uomo del coronavirus SARS-CoV-2 sia stato il cane, e più nello specifico un cane randagio che si nutriva di carne di pipistrello. La teoria, non suffragata da esami in vivo o in vitro ma basata solo da un'analisi computazionale (calcoli al computer), è stata aspramente criticata da altri ricercatori, che la ritengono debole, fantasiosa e priva di fondatezza. Prima di entrare nel merito della questione, per comprendere meglio lo “scenario” di questo controverso studio è doveroso fare qualche premessa.

Secondo una ricerca del Campus Biomedico di Roma, tra il 20 e il 25 novembre del 2019 il nuovo coronavirus fece il salto di specie da un animale non ancora identificato all'uomo, probabilmente nel cuore del mercato “del pesce” Huanan di Wuhan, da cui l'epidemia si è diffusa nel resto del mondo diventando pandemia. Le caratteristiche genetiche del patogeno suggeriscono che in origine esso si trovasse nei pipistrelli, e in particolar modo nella specie Rhinolophus affinis, nel quale circola il coronavirus (chiamato BatCoV RaTG13) che presenta la maggiore somiglianza col SARS-CoV-2 (96 percento). Del resto è noto che anche il coronavirus SARS-CoV responsabile della SARS (Severe acute respiratory syndrome, sindrome respiratoria acuta grave) e il MERS-CoV responsabile della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, sindrome respiratoria mediorientale) hanno avuto origine nei pipistrelli. Tutti e tre i patogeni sono betacoronavirus e hanno ampia affinità genetica, dunque gli scienziati ipotizzano un percorso simile per il passaggio all'uomo anche per il SARS-CoV-2. Nel caso della SARS il cosiddetto serbatoio intermedio (cioè l'animale infettato dal pipistrello che permise lo spillover) fu lo zibetto, mentre per la MERS fu il dromedario. Per la COVID-19, l'infezione scatenata dal SARS-CoV-2, questo serbatoio intermedio – qualora ci fosse realmente – non è stato ancora individuato.

Inizialmente si parlò di serpenti, ma studi genomici successivi e più accurati hanno trovato maggiori punti di contatto con il pangolino, un mammifero con squame che ospita coronavirus “cugini” del SARS-CoV-2. Al momento non c'è ancora alcuna conferma definitiva, dunque gli scienziati sono ancora a caccia del vero (e potenziale) serbatoio intermedio. Sono passati in rassegna anche i gatti e i furetti, nelle cui vie respiratorie il coronavirus si replica bene, come indicato in un recente studio guidato da scienziati cinesi dell’Istituto di Ricerca Veterinaria di Harbin. In questo contesto si inserisce lo studio del professor Xuhua Xia, secondo il quale i cani randagi, dopo essersi infettati mangiando carne di pipistrello portatore del coronavirus ancestrale, lo avrebbero “coltivato” nel proprio intestino fino a passarlo all'uomo. Secondo lo studioso, che ha analizzato al computer 1.252 genomi di betacoronavirus depositati nella banca dati genetica “GenBank”, questo passaggio potrebbe essere spiegato a causa della relazione che intercorre tra una proteina sentinella antivirale chiamata ZAP (in grado di bloccare un virus) e il suo bersaglio, una coppia di “lettere chimiche” denominata dinucleotidi CpG che si trova nel genoma (RNA) del patogeno. In parole molto semplici, il professor Xia ha scoperto che i coronavirus canini responsabili di una malattia intestinale contagiosa hanno valori simili di CpG al SARS-CoV-2 e al BatCoV RaTG13, una delle caratteristiche che in qualche modo avrebbe favoriuto lo spillover. I dettagli di questa teoria sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Molecular Biology and Evolution.

Come indicato, altri scienziati non sono affatto d'accordo col professor Xia. Secondo il professor Umberto Agrimi, direttore presso il Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), intervistato da Repubblica, si tratta di un'ipotesi “acrobatica” basata soltanto su modellistica computazionale, “che tiene conto delle sequenze proteiche e virali e dell’affinità tra le spyke del virus e i recettori”. Lo scienziato sottolinea che anche l'idea del serbatoio intermedio “è pura fantasia”. Agrimi afferma che si tratta di “un equilibrismo dietro l’altro, un percorso tutto assolutamente teorico. I risultati delle indagini molecolari e delle simulazioni matematiche sono tessere di un mosaico che richiede studi in vitro e in vivo per arrivare a comporre un'immagine comprensibile ed affidabile”. Anche la professoressa Pleuni Pennings, docente di Ecologia ed Evoluzione presso l'Università Statale di San Francisco, pensa che i dati non supportino le conclusioni cui è giunto Xia, come affermato a LiveScience. La scienziata, che ha studiato a lungo i dinucleotidi CpG, ha sottolineato che i livelli rilevati nei virus coinvolti nella ricerca non sono affatto associati a una maggiore virulenza dei patogeni, e che non c'è alcuna prova a sostegno del fatto che i cani abbiano fatto da ospite intermedio a causa dei CpG.

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