478 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Covid 19

Gli anticorpi “protettivi” contro il coronavirus si sviluppano dopo 12-15 giorni dal contagio

Il professor Mario Plebani, direttore del Dipartimento di Medicina di Laboratorio presso l’Azienda Ospedaliera di Padova, ha affermato in un’intervista al Corriere del Veneto che i pazienti contagiati dal coronavirus sviluppano gli anticorpi “protettivi” tra i 12 e i 15 giorni dopo il contagio. Ad oggi, tuttavia, non è ancora noto quanto tempo duri l’immunizzazione.
A cura di Andrea Centini
478 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Quando si viene contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2, il nostro organismo inizia a sviluppare gli anticorpi “protettivi” – ovvero quelli che conferiscono immunità alla patologia infettiva – tra il dodicesimo e il quindicesimo giorno. Ad annunciarlo in un'intervista al Corriere del Veneto è il professor Mario Plebani, che dirige il Dipartimento di Medicina di Laboratorio presso l’Azienda Ospedaliera di Padova. Lo scienziato è in prima linea assieme al collega Giuseppe Lippi dell’Unità Operativa Complessa Laboratorio Analisi dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona per mettere a punto un Progetto per la Diagnostica Sierologica della Covid-19 in Veneto. Grazie ai test sierologici per gli anticorpi, veri e propri esami del sangue, è infatti possibile sapere quanto si è diffuso il virus all'interno di un determinata popolazione e dunque conoscere qual è la percentuale di persone immunizzate, un dettaglio fondamentale anche per sviluppare la cosiddetta immunità di gregge.

Al momento, tuttavia, manca un dettaglio fondamentale: gli scienziati non sanno ancora quanto tempo duri il periodo di immunizzazione contro il SARS-CoV-2, o, in parole più semplici, per quanto tempo gli anticorpi si “ricordano” del virus (memoria immunitaria) e possono così difenderci dall'infezione. La speranza di medici e ricercatori è che l'immunizzazione resti per tutta la vita, ma non è escluso che essa possa durare solo qualche mese. Come specificato dal professor Plebani, che ha ottenuto gli anticorpi dai guariti dalla COVID-19, al momento il suo team non può rispondere alla domanda sulla durata, semplicemente perché ha iniziato a seguire i pazienti 15 giorni fa. Nella fase iniziale dell'infezione si sviluppano solitamente gli anticorpi (o immunoglobuline) di tipo IgM, mentre in quella successiva si sviluppano quelli IgG, legati all'immunizzazione. È proprio a questa classe di proteine immunitarie (tipicamente a forma di Y) che si vuole “dare la caccia” con i test sierologici.

Benché ci siano grandi speranze per questi test anticorpali, acquistati in massa da diverse Regioni, l'Associazione microbiologi clinici (AMCLI) li ritiene ampiamente inaffidabili, tanto da non ritenere opportuno “di procedere con l’introduzione, in algoritmi operativi, dei test sierologici né per la definizione eziologica di infezione né per valutazioni epidemiologiche di sieroprevalenza”. Questo perché, scrive l'AMCLI in un documento pubblicato negli scorsi giorni, ci sono diverse domande cui questi test non possono dare risposta, e i loro risultati rischiano di essere fuorvianti o del tutto errati. “I test che rilevano la presenza di antigeni virali sono in grado di individuare in modo elettivo e sistematico il virus, o possono determinare risultati falsamente negativi?; “Esistono cross-reazioni con altri Coronavirus, responsabili di patologie diffuse e benigne, tali da determinare risultati falsamente-positivi?”, si chiedono i microbiologi, aggiungendo che non si sa ancora quanto tempo duri l'immunizzazione, come specificato anche da Plebani.

Lo scienziato ha sottolineato al Corriere del Veneto che rispetto ad alcuni giorni addietro “nuovi lavori di letteratura scientifica dicono che questi anticorpi protettivi riscontrati nel sangue dei soggetti guariti da Covid-19 neutralizzano il virus”. È un dato significativo anche nell'ottica della plasmaterapia, ovvero il l'infusione di plasma dei guariti contenente anticorpi nei pazienti più gravi. Questo tipo di intervento, approvato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, è stato già avviato all'Ospedale di Pavia e aveva dato buoni risultati in Cina. Il vaccino, come spiega Plebani, si basa del resto proprio sullo sviluppo degli anticorpi dell'organismo, dunque tutti questi studi non potranno che portare benefici nel contrasto al coronavirus.

478 CONDIVISIONI
32803 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views