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Frutta e vino potrebbero sparire fra 50 anni: l’allarme del WWF

Ad affermarlo è il WWF in occasione dell’Earth Hour 2019, una ricorrenza celebrata oggi 30 marzo e che prevede lo spegnimento dei riflettori di alcuni monumenti simbolo. L’Italia appartiene infatti alla lista di paesi che consuma più di quanto ha a disposizione: per soddisfare la nostra fame di sprechi servirebbero 4,3 Italie.
A cura di Marco Paretti
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Credit: Pexels
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Niente più vino né frutta, ma diminuiranno anche grano, soia e mais. Sono gli effetti dei cambiamenti climatici e dell'insostenibile consumo che, anche e soprattutto nel nostro paese, ci porta a consumare più di quello che produciamo. Ad affermarlo è il WWF in occasione dell'Earth Hour 2019, una ricorrenza celebrata oggi 30 marzo e che prevede lo spegnimento dei riflettori di alcuni monumenti simbolo. L'Italia appartiene infatti alla lista di paesi che consuma più di quanto ha a disposizione: per soddisfare la nostra fame di sprechi servirebbero 4,3 Italie.

Una situazione che non farà altro che peggiorare nel corso dei prossimi decenni, quando le risorse cominceranno a diminuire ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici, un elemento che non colpisce solamente zone remote come i poli o l'equatore, ma che ormai ha importanti ripercussioni anche nel nostro paese, dove il surriscaldamento sta colpendo la produzione agricola nostrana trasformando profondamente il territorio e portando ad una diminuzione dei prodotti che sarà possibile coltivare nel corso dei prossimi decenni, anche di quelli basilari come grano e riso.

Tra 50 anni stop a vino e frutta

Secondo uno studio, nel corso dei prossimi 50 anni la produzione di vino calerà dell'85 percento a causa della maturazione dell'uva resa più difficoltosa dalle temperature in aumento. Lo stesso succederà con frutti come le albicocche, le pesche e le fragole. Diminuendo il numero di frutti in circolazione, peraltro, il loro prezzo subirà un inevitabile aumento. In calo anche la produzione del grano con una diminuzione del 20 percento, della soia del 40 percento e del mais del 50 percento. Una situazione che si è già affacciata da tempo sul nostro mondo, dove il clima ha portato alla diminuzione del rendimento di queste coltivazioni nel 60 percento dei casi.

Una situazione che avrà delle ripercussioni importanti sul nostro consumo anche perché l'attuale utilizzo delle risorse non sfrutta appieno la biodiversità delle coltivazioni. A fronte di circa 6.000 specie vegetali, per esempio, ne utilizziamo solo 200 per produrre cibo, di cui 9 sfruttate nel 66 percento dei casi. Discorso simile per gli animali, dove bovini, ovini e pollame rappresentano la maggior parte della carne consumata. Peraltro i cambiamenti climatici hanno effetti importanti anche sugli aspetti nutrizionali del cibo stesso e hanno già portato ad una diminuzione dei nutrienti in esso contenuti. Una modifica che ha inevitabili impatti sul nostro corpo.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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