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Donna non vaccinata contagiata da due varianti contemporaneamente: primo caso, morta dopo 5 giorni

Durante una conferenza stampa del Congresso europeo sulla microbiologia clinica e le malattie infettive (ECCMID) è stato annunciato il primo caso di co-infezione con due varianti di preoccupazione, l’Alfa (ex inglese B.1.1.7) e la Beta (ex sudafricana B.1.351). La donna contagiata, una novantenne belga, non era vaccinata ed è morta cinque giorni dopo il ricovero.
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A cura di Andrea Centini
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Una donna belga non vaccinata contro il coronavirus SARS-CoV-2 è stata contagiata contemporaneamente da due varianti di preoccupazione (VOC) del patogeno pandemico. È il primo caso noto in letteratura scientifica di co-infezione con due dei lignaggi più pericolosi del virus, ovvero la variante Alfa (ex inglese B.1.1.7) e la variante Beta (ex sudafricana B.1.351). Al momento l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce quattro varianti di preoccupazione; oltre alle due già citate, figurano la Gamma (ex brasiliana P.1) e la Delta (ex seconda variante indiana B.1.617.2), con quest'ultima ritenuta attualmente molto minacciosa per la salute globale. Le varianti di preoccupazione sono classificate come tali poiché più trasmissibili, più aggressive-virulente e/o con capacità di resistenza agli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti dai vaccini anti Covid che quelli di una precedente infezione naturale.

Il primo caso di contagio combinato da varianti di preoccupazione è stato annunciato durante una conferenza stampa del Congresso europeo sulla microbiologia clinica e le malattie infettive (ECCMID), attualmente in corso di svolgimento in forma virtuale proprio a causa dell'emergenza coronavirus. La donna colpita dalle due varianti è stata contagiata nel mese di marzo di quest'anno e le sue condizioni sono precipitate rapidamente, anche alla luce dell'età avanzata (90 anni). Purtroppo è deceduta cinque giorni dopo il ricovero in un ospedale di Bruxelles. Nei primi mesi del 2021 i vaccini non avevano ancora un'elevata disponibilità e molte persone nelle fasce più a rischio di complicazioni e morte hanno dovuto attendere diverse settimane (quando non mesi) prima di ricevere almeno la prima dose. All'epoca in Belgio circolavano sia la variante scoperta in Sud Africa – caratterizzata da una mutazione di fuga immunitaria – che quella emersa nel Kent (Regno Unito) alla fine del 2020. Quest'ultima ha rappresentato il motore principale della seconda ondata di contagi verificatasi in inverno in larga parte d'Europa; a maggio di quest'anno, tuttavia, è stata soppiantata dalla variante Delta in Gran Bretagna e poco dopo anche in diverse aree della Penisola Iberica (come Lisbona): gli scienziati ritengono che possa divenire dominante in tutta Europa e negli Stati Uniti entro la fine dell'estate.

Non è chiaro come l'anziana sia stata infettata contemporaneamente dalle due varianti, ma gli scienziati ritengono sia stata esposta a due persone positive, una con l'Alfa e una con la Beta. “Entrambe le varianti circolavano (a marzo) in Belgio”, ha dichiarato all'emittente belga VRT la biologa molecolare Anne Vankeerberghen dell'ospedale OLV di Aalst. “È quindi probabile che questa donna sia stata infettata da due persone diverse con due varianti del virus. Sfortunatamente, non sappiamo come sia avvenuta questa infezione”, ha aggiunto la scienziata. Le co-infezioni non sono comunque una novità durante la pandemia di COVID-19. In Brasile, ad esempio, all'inizio dell'anno due pazienti sono stati contagiati contemporaneamente dalla variante brasiliana P.2 (o B.1.1.28) e da un altro lignaggio, sperimentando sintomi lievi come tosse secca, mal di gola e mal di testa. Nel caso della novantenne belga è peculiare il fatto che sono coinvolte due varianti di preoccupazione. Non è chiaro se a far precipitare rapidamente le sue condizioni di salute sia stato proprio questo duplice contagio; al momento gli scienziati che hanno presentato il caso non hanno pubblicato studi scientifici in merito.

Uno dei rischi della co-infezione è la ricombinazione dei genomi virali, in parole semplici la nascita di una “super variante” derivata dalla fusione dei due ceppi coinvolti, ma si tratta di un processo ritenuto estremamente raro dai microbiologi. Non rare sono invece le co-infezioni; si ritiene che siano diversi i casi di pazienti colpiti da due varianti di preoccupazione. Al Guardian la professoressa Vankeerberghen ha dichiarato che anche se “non ci sono stati altri casi pubblicati” di co-infezioni analoghe, questo fenomeno “è probabilmente sottovalutato”. Gli scienziati sono preoccupati del fatto che tali combinazioni possano inficiare la protezione dei vaccini e vanno dunque studiate a fondo. Al momento le due dosi sono ritenute comunque altamente protettive da ricovero in ospedale e morte per COVID-19 da tutte le varianti.

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