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Disturbi alimentari in aumento nei giovani, età scende a 11 anni: “colpa” anche dei social

Anoressia, vigoressia, bulimia e il cosiddetto “binge eating disorder” sono tra i principali disturbi del comportamento alimentare, sempre più dilaganti nella popolazione giovane e che iniziano a coinvolgere anche i bambini. Le vetrine dei social network, dove spesso ci si confronta con modelli irraggiungibili, spesso catalizzano simili comportamenti, ma alla base ci sono insicurezze e condizionamenti familiari, che portano a trasformare il cibo in un “nemico”.
A cura di Andrea Centini
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Credit: stevepb
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I disturbi alimentari sono sempre più diffusi tra i giovani e iniziano a colpire in tenera età, a partire dagli 11/12 anni, benché si registrino casi clinici di bambini di soli 8 anni. Tra le cause principali che catalizzano i disturbi alimentari vi sono anche i social network, vetrine dove ci si mette in mostra e spesso ci si confronta con modelli irraggiungibili, che spingono ad avere comportamenti insalubri e distorti nei confronti del cibo.

Oltre alla bulimia e all'anoressia, che interessano prevalentemente – ma non esclusivamente – le donne tra i 15 e i 25 anni di età, sta dilagando soprattutto fra gli uomini la cosiddetta vigoressia, una patologia mentale inclusa nelle cosiddette “dismorfofobie” legata a un’ossessione per il proprio aspetto fisico, in particolar modo per la massa muscolare, che non risulta essere mai soddisfacente. Chi ne è affetto vive di allenamenti massacranti accompagnati da una dieta squilibrata tendente ai cibi iperproteici, talvolta assumendo sostanze illegali per ottenere quella forma fisica desiderata e che comunque sarà sempre irraggiungibile.

Alle restrizioni patologiche nell'assunzione di cibo, come avviene nell'anoressia e nella vigoressia, si aggiungono le grandi abbuffate incontrollate, il cosiddetto disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder) privo di comportamenti di compenso che può sfociare nell'obesità. Quando questa assunzione spropositata di cibo è seguita da vomito, abuso di farmaci come lassativi o attività fisica esagerata per compensare le calorie ingerite si è invece innanzi alla bulimia, la cosiddetta “fame da bue” legata a voracità patologica.

Ad accendere i riflettori su queste patologie è la dottoressa Annalisa Venditti, psicologa specializzata nei disturbi del comportamento alimentare presso il Gruppo INI, l'Istituto Neurotraumatologico Italiano. La specialista, responsabile del Corso “Per dimagrire fai pace con il cibo” attualmente in programma a Roma, sottolinea che questi comportamenti non sono semplicemente l'espressione del desiderio di raggiungere un risultato estetico migliore, magari paragonabile a quello di qualche modello osservato sulla rete. “I bambini nascono sani con bisogni di fame e sazietà che fanno regolare il peso – ha dichiarato la Venditti -, poi subentrano tutta una serie di condizionamenti, ad esempio familiari. Ci sono famiglie che elogiano troppo la magrezza, che mettono i figli a dieta da piccoli. Decidono gli altri cosa mangiare, iniziano i divieti e il cibo diventa un nemico”.

Questa situazione, spiega l'esperta, può avere un impatto significativo nel cristallizzare i disturbi alimentari e portare a comportamenti distorti: “Un improvviso controllo estremo del cibo con paura di ingrassare, difficoltà a mangiare con gli altri, bassa autostima, attività fisica eccessiva, scomparsa di grandi quantità di cibo e ritrovamento di cibo in posti anomali, rituali alimentari particolari, estrema selettività alimentare, problemi gastrointestinali, tanto per fare alcuni esempi”.

“L’alimentazione è una funzione biologica primaria e quando viene compromessa è compromessa gran parte della vita anche nelle relazioni sociali – conclude la specialista -, le diete da sole non sono risolutive perché non si tratta di un problema di linea ma di disagio e insicurezza, di attenzione morbosa verso il corpo. E la restrizione alimentare non lo risolve bensì lo amplifica. Non va sottovalutato che il comportamento disfunzionale ha sempre lo scopo di preservare uno stato di benessere, per cui ci si abbuffa per far fronte alla noia, alla mancanza di affetto, ad un bisogno di consolazione o ancora per evadere da una situazione, per placare lo stress, per soffocare un’emozione, così come si ricerca la magrezza e la forma “perfetta” del corpo per un bisogno di sentirsi più sicuri di sé”.

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