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Dal ritorno sulla Luna alla conquista di Marte, fisico Battiston a Fanpage: “Musk può sorprenderci”

Grazie all’impegno delle agenzie spaziali storiche, alla discesa sul campo di nuovi attori istituzionali e all’intraprendenza delle compagnie private, l’esplorazione dello spazio sta entrando in una nuova epoca d’oro, dopo le conquiste del secolo scorso. Il ritorno sulla Luna, il turismo spaziale e il primo uomo su Marte sono solo alcuni degli obiettivi più ambiziosi nel mirino. Sulla rinnovata corsa allo spazio abbiamo intervistato il professor Roberto Battiston, docente di Fisica Sperimentale presso l’Università di Trento ed ex presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Ecco cosa ci ha raccontato.
A cura di Andrea Centini
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Negli ultimi anni la corsa allo spazio è rientrata nel vivo, riconquistando entusiasmo e spirito di avventura che da tempo si erano sensibilmente affievoliti. A catalizzare questa seconda giovinezza per l'esplorazione spaziale vi è stata la discesa sul campo di nuovi attori istituzionali come la Cina e l’ India, ma soprattutto l'intraprendenza delle compagnie aerospaziali private, dalla SpaceX di Elon Musk alla Virgin Galactic di Richard Branson, passando per la Blue Origin di Jeff Bezos. Queste ultime stanno gettando le basi per un mercato completamente nuovo e ambizioso legato al turismo spaziale, come evidenziato dal successo dei lanci delle ultime settimane. Nel frattempo la NASA, l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e gli altri partner internazionali della ISS, Russia esclusa, stanno puntando forte sul ritorno sulla Luna, ma questa volta per restarci, grazie a una stazione spaziale orbitante intorno al nostro satellite e a vere e proprie basi lunari da costruire sopra o sotto la superficie. Sullo sfondo rimane però il sogno della conquista di Marte, accarezzato in particolar modo dal visionario imprenditore sudafricano naturalizzato americano Elon Musk. In occasione del Festival dell'Innovazione e della Scienza che si terrà dal 9 al 16 ottobre in Piemonte, a Settimo Torinese, abbiamo intervistato su questi temi affascinanti il professor Roberto Battiston, docente di Fisica Sperimentale presso l’Università di Trento ed ex presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Ecco cosa ci ha raccontato.

Professor Battiston, c'è parecchio fermento attorno all'esplorazione spaziale e gli ultimi lanci dimostrano che si sta aprendo un nuovo mercato. Secondo lei il turismo spaziale diventerà alla portata di tutti?

Alla portata di tutti è un'affermazione un po' ottimista. Nel senso che, se prendiamo l'esempio dell'aviazione, prima di arrivare a quella commerciale di massa sono passate parecchie decine di anni. Parlando dello spazio è evidente che la quantità di persone che nei prossimi anni potranno permettersi questo tipo di viaggi sarà limitata. Questo però non vuol dire che non ci sia una quantità sufficiente di clienti da garantire un mercato. In fin dei conti l'iniziativa si sostiene nella misura in cui ci sono abbastanza persone disposte a comprare i biglietti che vengono offerti. Se consideriamo che quando è partita l'iniziativa di Branson i biglietti avevano un costo stimato in 250mila dollari e ne sono stati prenotati 600 nel giro di pochi mesi, questo significa che un mercato ci può essere. Per voli come quello fatto da SpaceX, con tre giorni in orbita e costi di decine di milioni di dollari a passeggero, è chiaro che il mercato diventa molto più ristretto. Però bisogna anche tener conto che entrano in gioco meccanismi diversi. Per esempio la spettacolarizzazione di questa attività. Basti pensare alla missione di SpaceX prevenduta alla serie di Netflix che racconta la storia, la vicenda commerciale e industriale di Elon Musk. C'è quindi un ritorno economico nella comunicazione televisiva, cinematografica. È stato messo in moto anche un meccanismo di finanziamento per un ospedale; di fatto chi ha comperato il volo ha fatto un investimento che parzialmente andrà in beneficienza e verrà rimborsato dai soldi raccolti dall'iniziativa. Si tratta di elementi economici che non sono il semplice valore del biglietto. Si mettono in moto processi che sono presenti anche in altri settori dell'economia; pensiamo al calcio o alla Formula 1. Tramite la pubblicità si crea un importante valore indotto che si aggiunge – anche se non è facile da calcolare – a quello del prezzo del biglietto. Il quale è molto elevato, ma se inserito in un contesto opportuno può diventare meno costoso. Quando si parla di economia e in particolare di space economy occorre tenere conto di tutti gli aspetti della questione, altrimenti se ne può ricavare un'impressione sbagliata.

Alcuni scienziati ipotizzano che i lanci dei razzi possano avere un impatto ambientale significativo. Oltre alle emissioni di CO2 sono finiti nel mirino anche il rilascio di sostanze nell'alta atmosfera. Cosa ne pensa?

Occorre valutare i vari aspetti della questione. Esistono razzi a combustibile solido, che emettono polveri di carbone o di alluminio e sono più inquinanti. La maggior parte dei lanci si basa però su motori a combustibile liquido: ad esempio, nel caso di Musk, si tratta di kerosene del tipo di quello usato nel trasporto aereo. Poi vi sono i motori ad idrogeno ed ossigeno, che sono meno inquinanti producendo sostanzialmente solo vapore acqueo, anche se si tratta comunque di un gas serra se emesso ad alta quota. Occorre considerare il limitato numero di lanci rispetto al volume del traffico aereo: è stato calcolato che nel 2018 l’impatto dei razzi sull’inquinamento atmosferico è stato 40.000 volte minore di quello del traffico aereo, anche se occorre considerare che i razzi attraversano gli strati più alti dell’ atmosfera e gli aerei sono confinati nei primi 10-12 km. Si tratta di un numero piccolo ma non insignificante, anche se occorre confrontarlo con gli enormi vantaggi dovuti alla messa in orbita di satelliti in grado di fornire i servizi più diversificati. Questo non vuol dire che la tecnologia dei lanciatori non debba puntare a essere sempre più neutra dal punto di vista dei gas serra, sempre più green. Ci sono degli sforzi in questa direzione. Il passaggio dai lanciatori a solido a quelli a liquido sta avvenendo un po' dappertutto e ciò va nella direzione giusta. Per ridurre l’impronta ambientale, è importante rendere la produzione dei combustibili liquidi neutra dal punto di vista dei gas serra, ricorrendo alle energie rinnovabili e ai biofuels.

Secondo lei ce la faremo davvero a (ri)sbarcare sulla Luna entro questo decennio e a vedere le basi di cui tanto si parla? Il ritorno era previsto per il 2024, ma già sono stati annunciati alcuni problemi per la disponibilità delle nuove tute spaziali.

Secondo me la Luna entro il decennio è certamente un obiettivo raggiungibile, per un motivo molto semplice: ci siamo già stati 50 anni fa. All'epoca fu proprio un'avventura tipo Cristoforo Colombo, ma è passato tanto tempo e abbiamo migliorato tantissimo le tecnologie, i materiali, la conoscenza dei rischi collegati a questo tipo di missioni. Non solo, abbiamo anche imparato a usare le risorse locali. Pensiamo alla polvere lunare chiamata regolite, che possiamo usare per creare impasti per realizzare strutture abitative. Sulla Luna non possiamo immaginare di stare all'aperto a lungo. Senza atmosfera gli astronauti sono bombardati dai raggi cosmici, dalla radiazione solare, sono esposti a caldo e freddo estremi. Devono avere per forza delle protezioni abitative. Per esempio equipaggiando cavità sotterranee naturali, i “lava tubes”, gallerie vulcaniche formatesi quando la Luna si stava raffreddando, oppure creare strutture in superficie utilizzando macchinari per la stampa 3D, come facciamo sulla terra dove con impasti di sabbia, cemento e acqua si realizzano abitazioni, depositando ripetutamente strati di materiale per creare i muri. L'Agenzia Spaziale Europea ha sviluppato questo tipo di tecnologia per costruire strutture abitative o per ricoprire strutture metalliche prodotte sulla Terra, simili ai moduli della stazione Spaziale Internazionale. L'obiettivo è garantire la necessaria protezione dalla radiazione cosmica che mette in pericolo gli astronauti in caso di esposizione prolungata. Oggi si fanno e si conoscono molte più cose rispetto a 50 anni fa. Se i finanziamento saranno adeguati la base lunare si farà.

C'è poi una novità rispetto al passato; abbiamo i nuovi attori privati, penso a Elon Musk in particolare, che hanno una forza d'urto, una capacità di innovazione e oggettivamente prezzi più contenuti di quelli dell'industria tradizionale. Sia per sviluppare lanciatori in grado di trasportare grandi masse dalla Terra verso la base orbitante attorno alla Luna, che per i mezzi per atterrare sul nostro satellite. I nuovi attori privati hanno una velocità di realizzazione e una capacità di investimento che prima non c'era. Nel passato l’agenzia pubblica, la NASA, utilizzava l'industria privata per realizzare i sistemi di lancio, controllando direttamente progettazione e costi e gestendo tutte le fasi di lancio e operazioni in orbita. Oggi non è più così. L'investimento pubblico americano ha trasferito all'industria la responsabilità del trasporto spaziale per poi acquistarne i servizi, sfruttando solo una parte della capacità produttiva. Il resto può servire attività di tipo privato. Musk può portare in orbita i turisti perché ha la capacità di lancio umano della navetta Dragon che ha realizzato per fornire un servizio alla NASA. Lo stesso tipo di passaggio di testimone la NASA lo ha fatto in moltissimi ambiti. Ormai tutti i servizi in orbita bassa, cioè il trasporto di cose (cargo) e persone, sono forniti dai privati, che vengono pagati un tanto a biglietto. Anche la Boeing sta ultimando una capsula per missioni umane. In questo modo la NASA si può concentrare su Luna, Marte, sulle missioni scientifiche, insomma sulla parte di frontiera, dopo avere trasferito all’ industria la responsabilità del servizio dello spazio vicino alla Terra: è questa la transizione alla base della new space economy.

Questo nuovo ruolo dei privati ha prodotto il fenomeno del turismo spaziale, un mercato il cui valore sarà chiaro solo nel prossimo futuro, ma c’è chi sostiene che potrebbe essere una parte significativa del mercato del nuovo spazio. In effetti negli ultimi mesi abbiamo avuto tre lanci di diverse compagnie, in diversi contesti e con diversi tipi di servizi. Questo ci fa capire che è in atto un movimento molto concreto. In futuro la space economy dovrebbe espandersi ulteriormente; esiste già un'azienda americana, la Axiom che, sfruttando varie competenze industriali, compresa quella italiana sui laboratori orbitanti (metà dei moduli della stazione spaziale sono stati realizzati a Torino dalla Thales Alenia Space Italia), sta realizzando nuovi moduli per collegarli prima alla ISS e poi per costruire una stazione spaziale, più piccola, ma per uso privato. Un'iniziativa molto interessante ma ha richiesto un investimento importante per offrire una permanenza non più di due giorni, ma di settimane o mesi per svolgere attività scientifiche o commerciali. È un altro esempio di come stanno cambiando i tempi. Ci ricordiamo di Dennis Tito, il primo turista spaziale seguito da un piccolo gruppo di personaggi facoltosi portati nello spazio dai russi, che rendevano disponibili posti a pagamento sulla Soyuz. Spendendo 20-30 milioni di dollari di allora, potevano stare nello spazio per qualche giorno, ospiti della ISS. Ora questa possibilità viene resa disponibile a molte altre persone. A quel tempo la NASA subiva il turismo spaziale, oggi lo incoraggia. La decisione politica della NASA di trasferire ai privati i servizi in orbita bassa è stata fatta per potersi concentrare sulla Luna o su altre destinazioni nel Sistema solare.

Recentemente la NASA ha annunciato la missione VIPER per andare a caccia di acqua ghiacciata sulla Luna, il prossimo ambizioso obiettivo dell'esplorazione spaziale. Perché è così importante cercare ghiaccio sulla Luna?

Sulla Luna ci sono crateri vicino ai poli che da quando si sono formati moltissimo tempo fa sono sempre rimasti nell'oscurità. Questo vuol dire che se c'è stato l'impatto con una cometa ghiacciata il ghiaccio che è rimasto dopo l'urto si è mantenuto a temperature molto basse, coperto di polvere, senza evaporare. Un po' come su Marte dove sappiamo c’è una quantità enorme di ghiaccio sotto la polvere superficiale. Di giorno sulla Luna si raggiungono temperature molto elevate quindi è relativamente facile avere una grande quantità di energia. Ma scarseggia una materia prima come l’acqua: averla a disposizione sulla Luna permetterebbe di produrre idrogeno e ossigeno sulla Luna, combustibili adatti per i motori dei razzi. La disponibilità di una significativa quantità di acqua sulla Luna permetterebbe di pensare alla Luna come a una sorta stazione di rifornimento. Allontanarsi dalla Terra è molto costoso perché il nostro pianeta ha una grande massa e staccarsi da esso significa consumare molta energia; la Luna invece ha una massa molto più piccola e quindi è molto più facile staccarsi dalla sua superficie. Se potessimo sfruttare il ghiaccio sulla Luna potremmo pensare ad un'economia da sviluppare nei dei prossimi 10 – 20 anni, in cui sia possibile rifornirsi sulla Luna o in orbita senza dover portare per forza portare il combustibile dalla Terra. Si parla anche della possibilità di estrarre Elio 3 dalla regolite lunare. Servirebbe per la fusione nucleare, che però sulla Terra non è ancora stata realizzata. Queste considerazioni sull’acqua sulla Luna diventano interessanti quando le missioni nello spazio saranno numerose, quando avremo un ecosistema complessivo comprendente molti razzi che si spostano dalla Terra alla Luna, verso Marte, verso gli asteroidi minori. Non è ancora lo scenario attuale, però è un'indicazione concreta su che cosa potrebbe accadere nello spazio in un futuro più o meno venturo.

Recentemente c'è stato un accordo di collaborazione tra la NASA, l'Agenzia Spaziale Italiana e il governo per la missione Artemis. In virtù di tale accordo, pensa che nei prossimi anni vedremo un astronauta italiano sbarcare sulla Luna?

Noi dobbiamo sempre ricordarci che l'Italia opera nel contesto dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Esiste un corpo astronauti europeo che ha sede a Colonia del quale fanno parte anche i nostri astronauti italiani. Al momento ne abbiamo tre attivi: Samantha Cristoforetti che sarà la comandante nella missione sulla Stazione Spaziale Internazionale del prossimo anno; Luca Parmitano che è da poco rientrato dopo avere realizzato una storica serie di missioni extraveicolari e Roberto Vittori che ha svolto nel passato tre importanti missioni. Il quarto, Paolo Nespoli, ha smesso pochi anni fa. È in corso anche una selezione per nuovi astronauti ESA che ha visto 22mila candidature, un numero tre volte superiore a quello della volta precedente: caratteristica straordinaria di questa selezione è che è aperta a persone che hanno inabilità non ostative per la capacità operativa nello spazio. È un concorso che ha quindi caratteristiche di forte innovatività, proponendo una carriera da astronauta a anche a persone diversamente abili in un contesto spaziale. Gli accordi di Artemis non prevedono investimenti precisi, ma solo una dichiarazione di intenti. Nei prossimi anni la partecipazione italiana dipenderà quindi dalle relazioni industriali e scientifiche e dagli investimenti messi a disposizione attraverso programmi bilaterali (ASI-NASA) o multilaterali (ESA).

Per Marte si parla di uno sbarco attorno al 2035, ma ci sono ancora parecchi problemi da risolvere. Dall'esposizione alle radiazioni cosmiche a causa del lungo viaggio alle manovre di atterraggio ritenute particolarmente complesse. Lei crede che riusciremo a portare una persona su Marte entro il 2040?

Nell'immediato lo sforzo della NASA, dell'ESA e posso aggiungere anche della Cina e della Russia riguarda la Luna. Con gli astronauti o senza astronauti, ma è la Luna l'obiettivo a breve. Ma allo stesso tempo c'è un personaggio che si chiama Elon Musk che ha dichiarato – e continua a ripetere – che il suo obiettivo è di andare su Marte entro il 2024. Elon Musk in questo momento sta sviluppando sulla spiaggia di Boca Chica un razzo alto 120 metri, fra i tre più grandi mai realizzati, in grado di ritornare sulla terra dopo avere messo in orbita la navetta Starship. Non lo sta costruendo solo per la NASA, ma anche per i suoi obbiettivi marziani. Lo sviluppo procede ad una velocità straordinaria. Dopo 6 tentativi di recupero al settimo lancio di prova la navetta Starship è atterrata regolarmente. La stesso era successo col Falcon 9, che è atterrato correttamente per la prima volta nel dicembre 2015 cambiando la storia della propulsione a razzo. Con Starship sta facendo la stessa cosa, ma stavolta utilizza un razzo molto più grande, in grado di mettere in orbita una navetta che può ospitare decine di persone e centinaia di tonnellate di massa. Un lanciatore rivoluzionario, in grado di tornare sulla Terra e ripartire per assemblare nello spazio strutture e navi spaziali di grandi dimensioni. Si aprono degli scenari incredibili rispetto a ciò a cui siamo abituati oggi. Avendo un personaggio come Musk, che sta lavorando freneticamente per raggiungere questi obiettivi, possiamo noi escludere che non ci riesca? Io dico prudentemente per la fine degli anni '20 ci riusciremo, ma c’è chi pensa che questo obbiettivo sarà raggiunto nell'arco dei prossimi 5 o 6 anni. Anche senza equipaggio, all’ inizio: anche solo atterrare e ripartire da Marte, sarebbe qualcosa di mai visto. In quarant’anni di sforzi internazionali, su Marte sono atterrati solo dei rover, tutti della NASA: decine di tentativi di altre agenzie sono falliti. Non abbiamo mai fatto ripartire un razzo da Marte riportando indietro qualcosa dal pianeta rosso. Rimangono molte questioni irrisolte, come quello delle radiazioni che alla lunga mettono in pericolo la vita degli astronauti e quello dell’ energia, perché su Marte senza energia nucleare si fa poco. È più lontano dal Sole, c'è il 40% di luce solare in meno rispetto alla Terra e quando partono le tempeste di sabbia che possono durare per mesi il Sole viene totalmente oscurato. Sarebbe quindi molto complicato andare su Marte senza sorgenti di energia che ci permettano di sopravvivere per mesi quasi al buio. I problemi sono quindi tanti, ma ciò non toglie che uno come Musk, abituato a risolvere i problemi velocemente, uno dopo l'altro, lascia spesso e volentieri a bocca aperta. Ha lasciato a bocca aperta ingegneri super esperti che avevano scommesso che lui non sarebbe mai riuscito a realizzare ciò che ha fatto. Quindi io sarei cauto nell’affermare che Musk non riuscirà a realizzare nei prossimi 4 – 5 anni quello che va dicendo da tempo. Se lui non ci fosse anche io parlerei dei prossimi 10 anni, ma con lui in gioco non si può fare questo ragionamento, ci ha sorpreso diverse volte ormai. Non c’è dubbio che avere o meno Musk nell’equazione del futuro dell’esplorazione spaziale fa una notevole differenza.

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