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Covid 19

Dal pesce marcio alla gomma bruciata: così la Covid altera odore e sapore del cibo

Tra gli innumerevoli sintomi della COVID-19 figurano anche la perdita dell’olfatto (anosmia), l’alterazione dell’olfatto (parosmia) e quella del gusto (disgeusia). Molti pazienti a mesi di distanza dal contagio non riescono ad avvicinarsi a determinati cibi e prodotti, a causa dell’odore insopportabile e nauseante che sembrano emanare. Ecco quali sono quelli che vengono avvertiti più spesso.
A cura di Andrea Centini
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Tra i sintomi più caratteristici della COVID-19, l'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, figurano anche la perdita dell'olfatto (anosmia) e la sua alterazione (parosmia). La seconda, solitamente, compare dopo la prima, quando inizia il lento e progressivo recupero del senso, tuttavia in alcuni casi può palesarsi anche mesi dopo aver superato il contagio, come dimostra il caso di Marcel Kuttab, un farmacista del Massachusetts intervistato dal New York Times. Mesi dopo essersi ripreso dall'infezione, mentre si lavava i denti l'uomo avvertì un sapore terribile. Credette si trattasse dello spazzolino vecchio, ma sostituendolo con uno nuovo non cambiò nulla. Ben presto si accorse che la carne, l'aglio e le cipolle avevano un sapore e un odore nauseanti, di marcio e putrido. La parosmia, infatti, determina uno stravolgimento nella percezione degli odori, molti dei quali diventano diventano insopportabili. Spesso è accompagnata dalla disgeusia, l'alterazione del gusto, un altro sintomo della COVID-19.

Il recupero da questa condizione può essere estremamente lento; a mesi di distanza dall'infezione, infatti, non tutti riacquistano un olfatto normale. Per aiutare i pazienti con perdita o alterazione dell'olfatto molti medici raccomandano una vera e propria “fisioterapia” per il naso, un allenamento con odori intensi che devono essere inalati ciclicamente per più volte al giorno. Kit con gli odori del limone, dell'eucalipto, dei chiodi di garofano e della rosa sono considerati tra i più efficaci, ma alcuni esperti raccomandano anche di concentrarsi sugli odori che si apprezzano (o meglio, si apprezzavano) particolarmente. L'obiettivo è quello di favorire la neuroplasticità del cervello, ovvero la capacità di recuperare compensando le anomalie dovute – ad esempio – da una lesione. A differenza di un forte raffreddore, in cui l'olfatto si perde per il “naso chiuso”, la parosmia e l'anosmia provocate dal coronavirus SARS-CoV-2 sono condizioni neurologiche.

Se infatti nel raffreddore sono il muco e gli altri fluidi nasali a interrompere meccanicamente l'accesso degli odori all'epitelio olfattivo, che invia il segnale al cervello e li elabora, nei pazienti Covid si determina un'aggressione alle cellule sustentacolari, che supportano i neuroni olfattivi. Queste cellule sono ricche di ACE-2, il recettore cui si aggancia la proteina S o Spike del patogeno pandemico per invadere le cellule e avviare il processo di replicazione, che è alla base della COVID-19. In parole semplici, il virus si lega agli ACE-2 delle cellule di supporto e le distrugge. A causa di questo processo e durante quello di autoriparazione, i segnali degli odori possono arrivare al cervello alterati, pertanto possono essere interpretati in modo distorto. Alcuni scienziati fanno il paragone con un pianoforte in cui le corde non sono collegate ai tasti o sono collegate a quelli sbagliati, col risultato che si altera del tutto l'armonia. Tra gli odori che vengono avvertiti di più dai pazienti colpiti vi sono quelli di gomma bruciata, di pesce fradicio, di zolfo e un curioso odore dolciastro che è difficile da paragonare ad altri. Pietanze come il caffè, la pizza, la frutta e le verdure spesso diventano nauseanti e chi soffre di parosmia deve indirizzarsi altrove.

Secondo lo studio “More Than Smell—COVID-19 Is Associated With Severe Impairment of Smell, Taste, and Chemesthesis” guidato da scienziati dell'Università Statale della Pennsylvania circa il 7 percento dei pazienti Covid coinvolti ha sviluppato parosmia, mentre lo studio britannico “Six month follow-up of self-reported loss of smell during the COVID-19 pandemic” l'ha rilevata nel 43 percento dei partecipanti all'indagine. Come indicato, a mesi di distanza dal contagio non tutti riescono a recuperare un olfatto naturale. Al di là dell'esperienza negativa con gli odori che riduce la qualità della vita, l'alterazione o la perdita dell'olfatto possono rappresentare anche un pericolo per la propria incolumità. Come raccontato dal New York Times, una famiglia di Waco, in Texas, ha rischiato di morire tra le fiamme della propria casa poiché quasi tutti avevano perso l'olfatto a causa della COVID-19: si accorsero di un incendio solo quando videro le fiamme. Riuscirono tutti a scappare, ma la casa fu irrimediabilmente distrutta.

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