Cos’è la febbre del Nilo presente in Italia, quali sono i sintomi e come si trasmette
A causa del gran numero di malattie che sono in grado di veicolare e trasmettere, le zanzare sono gli animali che uccidono più persone in assoluto. Basti pensare che in base a una classifica ad hoc pubblicata sul blog di Bill Gates esse si piazzano sul gradino più alto del “podio” con circa 725 vittime all'anno, seguite dall'essere umano (per mano nostra perdono la vita 500mila persone all'anno) e dai serpenti, responsabili di 50mila decessi annui. Coccodrilli, leoni e squali tolgono la vita rispettivamente a mille, cento e dieci persone. Le zanzare sono dunque vere e proprie big killer, principalmente a causa della malaria, che in base ai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2017 ha ucciso oltre 430mila persone. Ogni due minuti muore un bambino a causa di questa malattia. Come indicato, le varie specie di zanzare sono vettrici di molte altre patologie, tra le quali si annoverano filariosi, febbre gialla, dengue, zika, chikungunya, febbre del Nilo e molte altre ancora. Alcune sono trasmesse da zanzare presenti anche in Italia, come la zanzara comune (Culex pipiens) e la zanzara tigre (Aedes albopictus), ma non tutte le patologie sono presenti nel nostro territorio, e soprattutto non hanno lo stesso grado di letalità. Tra quelle citate, la febbre del Nilo o febbre West Nile (West Nile Fever) balza ciclicamente agli onori della cronaca nazionale, come dimostrano i recenti casi emersi nel lodigiano; ogni anno, infatti, si registrano alcuni contagi. Ecco cosa c'è da sapere su questa patologia.
Cos'è la febbre del Nilo
Come specificato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), la febbre del Nilo o West Nile è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus – WNV), un patogeno del genere Flavovirus che appartiene alla famiglia dei Flaviviridae. Fu isolato per la prima volta alla fine degli anni '30 del secolo scorso nel distretto ugandese West Nile (da cui deriva il nome), e da allora si è diffuso rapidamente in vari continenti. L'Organizzazione Mondiale della Sanità indica che si trova comunemente in “Africa, Europa, Medio Oriente, Nord America e Asia occidentale”. Il virus circola normalmente negli uccelli selvatici, e quando vengono punti da una zanzara esso permane nelle ghiandole salivari dell'insetto, dalle quali può essere trasmesso ad altri animali (uomo compreso) con una successiva puntura. L'ISS specifica che vengono infettati in particolar modo gli equini, ma sono colpiti dall'infezione anche altri mammiferi, compresi quelli da compagnia come cani e gatti. La specie di zanzara più coinvolta nella trasmissione della febbre del Nilo è la Culex pipiens. Ad oggi non sono noti casi di trasmissione da uomo a uomo, ma l'OMS indica che una percentuale molto ridotta di infezioni si verifica attraverso trapianti di organi, trasfusioni di sangue e latte materno. In letteratura scientifica è inoltre noto un solo caso di “trasmissione transplacentare”, ovvero da madre a figlio durante la gravidanza.
Sintomi e segni della febbre del Nilo
Il periodo di incubazione della febbre del Nilo, ovvero l'intervallo di tempo che intercorre tra il contagio (puntura da parte della zanzara infetta) e comparsa dei sintomi clinici, come sottolineato dall'OMS è “generalmente compreso tra 3 e 14 giorni”. L'ISS aggiunge che può arrivare anche a 21 giorni “nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario”. Nell'80 percento dei soggetti colpiti dal virus WNV, tuttavia, l'infezione è asintomatica, mentre nei restanti casi si manifestano sintomi e segni caratteristici della patologia. Fra essi vi sono febbre, cefalea, mialgia (dolori muscolari), vomito, ingrossamento dei linfonodi, occhi arrossati e talvolta eruzioni cutanee. L'ISS sottolinea che la febbre è generalmente bassa nei più piccoli e alta negli adulti. La forma grave dell'infezione si sviluppa nell'1 percento dei contagiati, in particolar modo negli anziani e nelle persone immunodepresse-compromesse, nelle quali la febbre risulta molto alta e compaiono tremori, forti mal di testa, disorientamento e convulsioni. In taluni casi – uno su mille, indica l'ISS – il virus West Nile può determinare un'infezione cerebrale (encefalite) potenzialmente letale.
Diagnosi e cura
Poiché i pazienti infettati mostrano una sintomatologia aspecifica, che può essere associata a numerose altre condizioni, per una diagnosi corretta è necessario passare attraverso specifici esami di laboratorio (come il test di immunoassorbimento enzimatico ELISA e l'immunofluorescenza) che vanno a caccia degli anticorpi/immunoglobuline scaturiti dal contagio, ad esempio nel liquido cerebrospinale. Gli anticorpi permangono per lungo tempo nel sangue dei pazienti, pertanto la loro individuazione può indicare un'infezione avuta in precedenza e già superata. Ad oggi, scrive l'Istituto Superiore di Sanità, non esiste un vaccino umano per la febbre West Nile (è disponibile solo per i cavalli), e non c'è nemmeno una terapia specifica, dunque il trattamento è espressamente legato al controllo della sintomatologia: si spazia dall'infusione di fluidi al supporto respiratorio. Nella maggior parte dei casi i sintomi tendano a sparire spontaneamente dopo alcuni giorni. Il metodo migliore per prevenire la febbre del Nilo è evitare di essere punti dalle zanzare, seguendo le indicazioni degli esperti e non i cosiddetti rimedi, che nella maggior parte dei casi risultano del tutto inefficaci.