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Covid 19

Cosa significa “isolare il coronavirus” e perché è importante per combattere l’epidemia

Dopo gli scienziati cinesi, gli australiani del Doherty Institute e i francesi dell’Isituto Pasteur, anche gli italiani dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive Spallanzani (INMI) sono riusciti a isolare il coronavirus. Si tratta di un processo fondamentale non solo per conoscere meglio il “nemico”, ma anche per mettere a punto e sperimentare strategie per contrastarlo. Ecco cosa significa isolare un virus e quali sono i passi per raggiungere questo risultato.
A cura di Andrea Centini
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Coronavirus isolato in un laboratorio australiano. Credit: Doherty Institute
Coronavirus isolato in un laboratorio australiano. Credit: Doherty Institute
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I ricercatori italiani del Laboratorio di Virologia dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive Spallanzani (INMI) guidati dalla dottoressa Maria Rosaria Capobianchi sono riusciti a isolare il nuovo coronavirus emerso in Cina (2019-nCoV) a poco meno di due giorni dalla diagnosi dei due pazienti cinesi ricoverati a Roma, i primi – e per ora unici – casi registrati in Italia del patogeno emergente. Si tratta di un risultato straordinario, che oltre a certificare l'eccellenza del Sistema Sanitario Nazionale italiano nel panorama mondiale, aumenta le “armi” in mano agli scienziati per mettere a punto test diagnostici, possibili trattamenti terapeutici e un vaccino, oltre che naturalmente a migliorare la conoscenza sul coronavirus. Il traguardo è stato raggiunto principalmente grazie al lavoro di tre ricercatrici; oltre alla già citata Capobianchi, che lavora allo Spallanzani da venti anni, hanno dato un contributo fondamentale anche la trentenne Francesca Colavita, esperta di Ebola e precaria come moltissimi altri scienziati italiani, e la responsabile dell'Unità virus emergenti Concetta Castilletti. Ma cosa significa aver isolato un virus? E perché è così importante?

Cosa significa aver isolato un virus

Isolare un virus è un delicato e complesso processo di laboratorio che non sempre porta ai risultati sperati. In parole semplici, si tratta dell'identificazione dell'agente patogeno nei campioni biologici prelevati dai pazienti, come i tamponi orofaringei o la raccolta della saliva e dell'espettorato. In questo caso le ricercatrici dello Spallanzani hanno lavorato su quelli prelevati dai due pazienti cinesi arrivati in Italia per una vacanza. L'isolamento non va confuso col sequenziamento, il “passo successivo” che permette di conoscere il profilo genetico del virus isolato. Tale risultato era stato già raggiunto dai ricercatori cinesi, che avevano condiviso le informazioni genetiche del coronavirus sulla banca dati genetica internazionale GeneBank; dopo di loro l'isolamento del 2019-nCoV era stato ottenuto dai ricercatori del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity (Doherty Institute) dell'Università di Melbourne in Australia e dall'Istituto Pasteur in Francia, che hanno subito sottolineato – così come gli scienziati italiani – di voler condividere con la comunità internazionale tutte le conoscenze legate al traguardo raggiunto e ai successivi sviluppi.

Come si isola un virus

Per isolare un virus, come spiegato nel materiale didattico diffuso dall'Università di Ferrara (UNIFE), si deve procedere alla raccolta del materiale biologico nei siti di replicazione/eliminazione del patogeno; è molto importante che ciò avvenga nella fase acuta iniziale, poiché “il picco della replicazione virale solitamente precede di 2-3 giorni la sintomatologia”. Come sottolineato anche dal Texas Department of State Health Services, il successo dell'isolamento dipende dalla correttezza con cui si è raccolto il campione, dalla tempistica, dalla selezione del sito, dal trasporto e da altri fattori, fino alla conservazione. Tutto deve essere eseguito in maniera certosina. Una volta ottenuto, il campione biologico deve essere centrifugato per procedere all'eliminazione del materiale inutile, come cellule e batteri; successivamente viene diluito e sospeso in un terreno di coltura. L'UNIFE specifica che al terreno di coltura vanno aggiunti antibiotici e antimicotici. Il materiale finale viene così “inoculato su opportune colture cellulari”, nelle quali il virus compare dopo un certo periodo di tempo (nel caso del coronavirus isolato allo Spallanzani meno di 48 ore) in base alle caratteristiche del virus e alla sua concentrazione nel campione. Uno dei passaggi principali è quello della centrifugazione; il materiale biologico viene inserito in speciali centrifughe – alcune sono vere e proprie “ultracentrifughe” – i cui rotori accelerano anche a 150mila giri al minuto; ciò permette non solo di isolare i virus dalle altre componenti dei campioni, ma anche di purificare il DNA e separare proteine, ottenendo un altissimo grado di purezza.

Perché è importante aver isolato il coronavirus

Il coronavirus isolato nei laboratori dell'Istituto Spallanzani, come spiegato in seno a una conferenza stampa dal direttore scientifico Giuseppe Ippolito, è stato denominato 2019-nCoV/Italy-INMI1 ed è stato già depositato nel database GenBank. Verificare la presenza di eventuali differenze genetiche con i patogeni isolati e depositati dai cinesi (e dagli altri scienziati) è un passo fondamentale per comprendere se il virus si stia adattando alla nostra specie. Poter disporre del virus in colture di laboratorio, oltre a permettere di capire come si comporta nelle cellule umane (dove si replica) e si trasmette, garantisce anche una base per sperimentare molecole in grado di contrastarlo. Potenziali farmaci progettati per colpire ad esempio le spicole o spike che costellano la superficie del patogeno, ben evidenti nel render che mostra la morfologia ultrastrutturale, strutture che il coronavirus utilizza per penetrare nelle cellule dell'ospite. Oltre all'atteso vaccino, per il quale potrebbero volerci diversi mesi in base alle stime degli esperti, con il virus in coltura gli scienziati possono lavorare anche su possibili test diagnostici, come test anticorpali in grado di rilevare il coronavirus prima della comparsa dei sintomi. L'isolamento del coronavirus, come spiegato dagli scienziati dello Spallanzani, “è un passo fondamentale che permetterà di perfezionare i metodi diagnostici esistenti ed allestirne di nuovi”.

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