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Covid 19

Cosa sappiamo sulla sottovariante Delta AY.4.2 del coronavirus

Nel Regno Unito il 6 percento dei casi di variante Delta, che attualmente sta guidando la pandemia di COVID-19, appartengono a una sottovariante chiamata “AY.4.2”. È caratterizzata da due mutazioni supplementari sulla proteina S o Spike e, secondo gli esperti, potrebbe essere il 10 percento più trasmissibile.
A cura di Andrea Centini
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I virus mutano naturalmente circolando negli ospiti e diffondendosi nelle comunità. È un processo legato alla replicazione virale, durante la quale a causa degli errori di copia spuntano nuove mutazioni che possono essere più o meno favorevoli ai patogeni. Il coronavirus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia di COVID-19, nel momento in cui sta scrivendo ha contagiato nel mondo (ufficialmente) oltre 242 milioni di persone; solo in Italia i positivi complessivi dall'inizio della pandemia sono 4,7 milioni. Secondo gli esperti queste cifre sono una significativa sottostima dei dati reali. Ciò lascia intuire quanto sia diffusa la circolazione del patogeno pandemico, che si riflette nella "nascita" continua di un numero enorme di varianti, la stragrande maggioranza delle quali del tutto irrilevanti. Alcune, tuttavia, si impongono e diventano dominanti; sono le cosiddette varianti di preoccupazione (Variant of Concern). Ad oggi l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ne riconosce quattro: la Alfa, la Beta, la Gamma e la Delta. Quest'ultima è il “motore” dei contagi in questa fase della pandemia in numerosi Paesi, Italia compresa. Ma anche le varianti di preoccupazione continuano a mutare, dando vita a nuovi lignaggi che possono essere più o meno pericolosi del ceppo genitore. Da mesi gli scienziati tengono d'occhio la “variante Delta plus”, di cui una sua sottovariante, chiamata AY.4.2, è soprattutto nel mirino degli scienziati britannici, sebbene sia stata identificata anche negli Stati Uniti, in Italia e in altri Paesi.

Il Regno Unito è in questo momento investito da una significativa ondata di contagi, con un + 22 percento di casi rispetto alla settimana precedente e dati che non si vedevano da mesi. Basti pensare che ieri, mercoledì 20 ottobre, sono stati conteggiati oltre 48.500 positivi in più, mentre la media settimanale è di circa 45mila casi. Un numero enorme, che secondo gli esperti è catalizzato dal “liberi tutti” del governo che ha tolto praticamente ogni restrizione, comprese le mascherine al chiuso. Tenendo presente che nel Regno Unito ha completato il ciclo vaccinale solo il 67,5 percento della popolazione, c'è un numero enorme di persone esposta a un rischio superiore di contagio e conseguenze gravi della COVID-19. A causare la quasi totalità di questi contagi è proprio la variante Delta, dal cui sequenziamento, in base ai dati ufficiali diffusi dalla UK Health Security Agency, circa il 6 percento è ascrivibile proprio alla sottovariante AY.4.2, assiduamente monitorata.

Il ceppo fu scoperto per la prima volta nel luglio 2021 e al momento non è classificato né come variante di preoccupazione, né come variante di interesse (VOI). In pratica, è solo uno dei tantissimi lignaggi del SARS-CoV-2, che tuttavia, essendo “figlio” della dominante variante Delta, è particolarmente attenzionato. A differenza della variante genitrice, la AY.4.2 si caratterizza per due mutazioni supplementari (chiamate Y145H e A222V) sulla proteina S o Spike del patogeno, ovvero il “grimaldello biologico” utilizzato per legarsi al recettore ACE2 delle cellule umane, rompere la parete cellulare, inserire l'RNA virale all'interno e avviare il processo di replicazione che è alla base della malattia. Una modifica nella proteina Spike può rendere il SARS-CoV-2 più contagioso, in grado di eludere le difese immunitarie (sia quelle di una precedente infezione naturale che quelle del vaccino) o addirittura più aggressivo. Tuttavia, al momento non c'è alcuna conferma di questo genere per la subvariante AY.4.2. Le due mutazioni erano fra l'altro già state identificate in altri ceppi. Secondo gli esperti l'impatto della sottovariante sarebbe sensibilmente inferiore a quello dovuto alla comparsa delle varianti di preoccupazione vere e proprie, come l'Alfa o la Delta.

“È potenzialmente un ceppo leggermente più infettivo”, ha dichiarato alla BBC il professor Francois Balloux, direttore del Genetics Institute dell'University College di Londra, ma “non è niente in confronto a quello che abbiamo visto con Alfa e Delta, che erano qualcosa come il 50-60 percento più trasmissibili. Quindi stiamo parlando di qualcosa di abbastanza leggero e che è attualmente in fase di indagine. È probabile che abbia fino al 10 percento in più di trasmissibilità”, ha aggiunto l'esperto. Balloux sottolinea che è un bene che la sottovariante sia monitorata attentamente e che sono a disposizione le infrastrutture per analizzare tutto ciò che emerge di “sospetto” attraverso il sequenziamento genetico. Lo scienziato sottolinea che la sottovariante non è assolutamente "disastrosa" come le varianti emerse in precedenza. Inoltre gli scienziati confidano che non sarà necessario un aggiornamento dei vaccini ad hoc per la AY.4.2, anche se sono già a lavoro per metterne a punto di nuovi pensati appositamente per colpire la variante Delta.

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