Coronavirus, vaccino australiano testato su animali in settimana: “Pietra miliare”
È stato compiuto un ulteriore passo in avanti per la realizzazione di un vaccino efficace contro il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2), del quale sono originati alcuni focolai anche nel Nord Italia. Si è infatti conclusa la sperimentazione preliminare in laboratorio di un vaccino candidato messo a punto dai ricercatori dell'Università del Quuensland, che hanno impiegato soltanto tre settimane per raggiungere questo importante risultato, dopo aver ottenuto la sequenza genomica del nuovo agente patogeno. Gli scienziati, come specificato ad ABC News dal professor Paul Young, a capo della Scuola di Chimica e Biologia Molecolare dell'ateneo australiano, hanno lavorato 24 ore su 24 per arrivare a questa “pietra miliare”.
Primi test sugli animali in settimana
Young ha affermato che i primi test sugli animali del vaccino candidato inizieranno questa settimana nei laboratori dell'università, e poco dopo verranno avviati anche presso le strutture del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) di Geelong. “Esistono ancora numerosi test da fare per garantire che il vaccino candidato sia sicuro e crei un'efficace risposta immunitaria, tuttavia le nuove tecnologie e la dedizione di questi ricercatori hanno fatto superare il primo ostacolo”, ha affermato il professor Peter Høj e vicecancelliere e presidente dell'ateneo australiano. I ricercatori australiani ritengono si possa arrivare ai primi test sull'uomo entro la metà dell'anno, mentre una versione commerciale del vaccino potrebbe arrivare entro 12 – 18 mesi. Si tratta di un traguardo piuttosto ottimistico, tenendo presente che per l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci vorranno almeno 18 mesi per ottenere una preparazione efficace. Si tratta comunque di un tempo sensibilmente ridotto rispetto al normale percorso per produrre un vaccino. Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano, ha dichiarato a fanpage che normalmente ci vogliono dai 6 agli 8 anni per produrre un vaccino, ma i tempi possono essere ridotti in condizioni di emergenza, come nel caso dell'infezione COVID-19. La malattia, tuttavia, non è letale come ad esempio l'Ebola, dunque non possono essere diffusi vaccini senza essere certi della loro sicurezza: “Normalmente per registrare un vaccino ci vogliono delle prove su 20-30.000 soggetti con tempi che sono di anni. Questi test sono necessari per verificare innanzitutto la sicurezza. Non è che si può produrre un vaccino non sicuro”, ha affermato lo specialista. Ci vorrà dunque ancora del tempo per avere un prodotto definitivo, ma il traguardo raggiunto dall'Università del Queensland, finanziata dalla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI), è sicuramente promettente.
Altri vaccini in sperimentazione
Quello australiano non è l'unico vaccino in sperimentazione, dato che sono diversi i centri di ricerca che ci stanno lavorando alacremente. Gli scienziati più "avanti" di tutti sono quelli del Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), dell’Università Tongji e della casa farmaceutica Stermirna Therapeutics, che hanno ottenuto un vaccino candidato in due settimane dal sequenziamento del genoma di SARS-CoV-2. La sperimentazione animale sui primi cento topi è partita domenica 9 febbraio. Come specificato all'ABC News da Paul Young, la corsa a ottenere un vaccino non è una competizione tra laboratori/case farmaceutiche per depositare per primi il brevetto (che sicuramente frutterà moltissimo dal punto di vista economico), ma per avere uno strumento efficace per prevenire la COVID-19 provocata dal virus. L'infezione, sulla base della mappa del contagio, nel momento in cui stiamo scrivendo ha colpito 79.434 persone (circa 200 in Italia) uccidendone 2.619 (4 morti nel nostro Paese).
Coronavirus meno letale del temuto
Come detto a fanpage dalla virologa di fama internazionale Ilaria Capua, il patogeno circolerebbe nel nostro Paese da qualche settimana, se non addirittura da qualche mese, e il fatto che si stiano rilevando così tanti casi in questo momento è una notizia positiva: “Tanto più cresce il numero delle persone infette – o meglio: tanto più scopriamo casi pregressi e passati inosservati – tanto meglio è. Perché vuol dire che il numero degli infetti è maggiore di quanto pensavamo. E il potenziale letale del virus, molto minore”. “Se così è – ha aggiunto la specialista – vuol dire che la sua presenza, nelle scorse settimane, è stata nella stragrande maggioranza dei casi incapace di provocare una malattia degna di essere portata all’attenzione dei medici”