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Coronavirus, chi non ha più sintomi è ancora infettivo? L’ipotesi del medico cinese

Lo specialista in terapia respiratoria e intensiva Zhao Jianping, medico dell’ospedale Tongji di Wuhan, ha dichiarato in una intervista che nei tamponi nasali e orali di persone che non hanno più sintomi della COVID-19 (l’infezione scatenata dal nuovo coronavirus) è ancora presente il virus. Ciò suggerisce che possano essere ancora in grado di infettare gli altri, secondo il medico. Ma altri esperti frenano.
A cura di Andrea Centini
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Secondo il medico cinese Zhao Jianping, uno specialista in terapia respiratoria e terapia intensiva dell'ospedale Tongji di Wuhan, nella provincia di Hubei, i pazienti che non presentano più sintomi dell'infezione provocata dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) potrebbero essere ancora in grado di contagiare altre persone. Il medico lo ha affermato in un'intervista pubblicata sulla rivista Southern People Weekly, citata dal quotidiano cinese in lingua inglese “South China Morning Post”. Il riferimento è ad alcuni pazienti ricoverati negli ospedali cinesi e a una coppia canadese, che dopo aver superato la sintomatologia della COVID-19 (il nome ufficiale dell'infezione scelto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità) continuavano a presentare tracce del virus nei tamponi nasali e faringei, quando sottoposti al test dell'acido nucleico. Benché siano stati considerati "guariti", per essere definiti effettivamente tali i tamponi devono risultare negativi.

“Abbiamo anche casi di questo genere”, ha dichiarato il dottor Jianping alla rivista cinese. “Questo è pericoloso. Dove metti questi pazienti? Non puoi rimandarli a casa perché potrebbero infettare le altre persone, ma non puoi riportarli in ospedale poiché i posti disponibili sono sempre di meno”, ha aggiunto lo specialista, sottolineando che quando ha iniziato a lavorare sul coronavirus, il 30 dicembre dello scorso anno, le persone contagiate erano appena 27. “Il numero di pazienti è passato da 27 a 70.000. È altamente contagioso”, ha aggiunto Jianping sottolineando l'elevata trasmissibilità del patogeno, come dimostra la “mappa del contagio” messa a punto dagli ingegneri informatici del Center for Systems Science and Engineering (CSSE) della prestigiosa università americana Johns Hopkins.

Il rischio di contagio da parte dei "guariti" paventato dallo specialista cinese non convince tuttavia i colleghi, come ad esempio il professor Mark Harris della Scuola di Biologia Cellulare e Molecolare presso l'Università di Leeds, nel Regno Unito. Lo scienziato, intervistato da Newsweek, ha innanzitutto affermato di non essere a conoscenza di studi scientifici che dimostrino la presenza di virus nei soggetti guariti. “È certamente possibile, ma è improbabile che siano alti livelli o che persistano per un lungo periodo, altrimenti continuerebbero a mostrare sintomi. Prima di trarre conclusioni al riguardo, abbiamo bisogno di prove scientifiche solide”, ha aggiunto lo studioso britannico.

Come affermato a fanpage dal professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano, un contagio da asintomatici "è possibile, con minore efficacia, minore probabilità, ma è comunque possibile", ma il contagio da parte di una persona che ha "superato" la malattia è un altro discorso, che andrà opportunamente dimostrato con studi scientifici validati. Un dettaglio fondamentale risiede anche nelle tempistiche della eventuale presenza di carica virale nelle persone che non presentano più sintomi della patologia, che potrebbe essere molto ridotta. Un possibile caso di trasmissione da soggetto asintomatico potrebbe essere alla base del contagio dei primi italiani sul suolo nazionale.

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