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Coronavirus, i 5 tipi di pazienti identificati dai medici: “Arrivi a ondate alle 12 e alle 20”

I medici degli ospedali del lodigiano in collaborazione con i colleghi cinesi sono riusciti a individuare 5 tipologie differenti di pazienti colpiti dalla COVID-19, l’infezione scatenata dal coronavirus SARS-CoV-2. Le loro caratteristiche, che determinano una gestione differente, sono state spiegate in una videoconferenza tenuta dal dottor Stefano Paglia, primario del Pronto Soccorso di Lodi e Codogno.
A cura di Andrea Centini
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In occasione di una lezione tenuta in videoconferenza dal dottor Stefano Paglia, primario del Pronto Soccorso di Lodi e Codogno in prima linea nel fronteggiare l'emergenza coronavirus, sono state presentate cinque tipologie (fenotipi) di pazienti colpiti dalla COVID-19, l'infezione scatenata dal SARS-CoV-2. Si tratta di cinque diversi profili con caratteristiche specifiche della patologia infettiva, identificati grazie all'esperienza maturata dai medici del lodigiano, dove è emerso il primo e più significativo focolaio epidemico in Italia. Preziosa la collaborazione dei colleghi cinesi, che combattono contro la COVID-19 dalla fine dello scorso anno, ovvero da quando emersero i primi casi di una “misteriosa polmonite” nella provincia di Hubei, dove si trova la metropoli-epicentro di Wuhan. Essere riusciti a “stratificare” i pazienti è un risultato estremamente importante, poiché a ciascuno dei cinque profili corrisponde una gestione specifica. Vediamoli punto per punto, così come indicati durante la lezione del dottor Paglia.

Fenotipo 1. Il primo fenotipo è un paziente “con febbre”, che non presenta necessariamente sintomi respiratori, che non manifesta carenza di ossigeno (ipossia) all'esame chiamato emogasanalisi arteriosa (o EGA), e la cui radiografia al torace non evidenzia segni clinici (Rx negativa). “In questo paziente si effettua il tampone se considerato a rischio secondo i criteri standard di un precedente contatto a rischio in anamnesi”, si legge nella descrizione del fenotipo 1. L'anamnesi è la raccolta di informazioni e dati di un paziente che possono aiutare i medici nella diagnosi, e nel caso specifico della COVID-19 anche a verificare l'esistenza di contatti a rischio. In base a quanto indicato dal dottor Paglia, il paziente che rientra in questa categoria “è DIMISSIBILE in sicurezza se effettuando un walking test (si fa una camminata con un saturimetro al dito) non desatura”. L'esperto indica inoltre che è sconsigliato fare l’ecografia del torace a questo tipo di paziente, “perché sarà verosimilmente positivo ma non darà indicazione a ricovero”. Lo specialista ritiene che a questa categoria appartenga la maggior parte dei pazienti transitati al Pronto Soccorso nel periodo di pre-epidemia.

Fenotipo 2: Il secondo fenotipo è un paziente con febbre che manifesta “addensamento ad Rx OPPURE ipossia ad EGA”. Chi rientra in questa categoria, in base a quanto indicato durante la lezione, è da ricoverare in area medica: “può deteriorare rapidamente oppure virare verso miglioramento”. Si tratta di un tipo di paziente “NON DIMISSIBILE” che è “circa 20 volte più frequente rispetto ai pazienti che finiscono in rianimazione”.

Fenotipo 3: Il terzo fenotipo presenta una evidente carenza di ossigeno (Ipossia franca) all'esame EGA, oltre a febbre e “addensamenti multipli ad Rx”. Chi rientra in questa categoria di paziente colpito dal coronavirus “necessita ricovero in area subintensiva”.

Fenotipo 4: Il quarto fenotipo viene definito dagli specialisti “preARDS”, cioè in una fase precedente alla sindrome da distress respiratorio (ARDS – acronimo di Acute respiratory distress syndrome), una grave condizione che compromette la funzionalità polmonare a causa di lesioni alle parete capillare con versamento di fluidi. Questo tipo di paziente necessita di ventilazione a pressione positiva continua o CPAP (Continuous Positive Airway Pressure) “per ottenere livelli accettabili di P/F”.

Fenotipo 5: Il quinto fenotipo presenta “ARDS conclamata”, una condizione che in due studi epidemiologici cinesi pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet è stata rilevata nel 17 percento dei pazienti coinvolti nell'indagine. In base a quanto indicato dal dottor Paglia, questa condizione “è tipica dei maschi tra 35 e 70 anni”, che “arrivano con pO2 anche di 35-40, apparentemente in condizioni meno gravi di quello che mostrano i dati”. In questo caso l'esperto sottolinea che l’ecografia “può fare la differenza”, perché può distinguere due tipi di pazienti con differenti gradi di gravità di sindrome interstiziale. Per quello meno grave “è auspicabile un tentativo con CPAP, nel secondo è mandatoria l’intubazione precoce”.

In base a quanto indicato nella lezione, i pazienti affetti da COVID-19 hanno una caratteristica in comune, la carenza di globuli bianchi (leucopenia), “associata ad alcalosi respiratoria ad EGA, con consolidamenti multipli ad Rx”. L'esperto sottolinea che la tomografia computerizzata (TC) “non è fondamentale ed è rischiosa in quanto necessita di continui trasporti di pazienti in altri reparti”. Paglia ha infine sottolineato che negli ospedali più coinvolti dall'emergenza coronavirus nella fase pre-epidemica sono arrivati “casi quotidiani/sporadici”, cui è seguita la reale fase epidemica durante la quale “i pazienti arrivano in due ondate, una intorno a mezzogiorno ed una intorno alle 20”.

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