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Coronavirus e solitudine, gli psicologi: “Chi è solo rischia di cadere nell’ossessione”

“Chi è solo e ha di suo un livello di percezione del rischio molto elevato, deve chiedere il prima possibile un sostegno psicologico per evitare di sviluppare vere e proprie forme di stress post traumatico”. Lo sottolinea la Società italiana di psicologia dell’emergenza attraverso il suo vicepresidente Anna Sozzi.
A cura di Marco Paretti
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L'epidemia di solitudine, come evidenziavamo pochi giorni fa, rischia di essere uno degli effetti collaterali peggiori della pandemia di coronavirus. Lo è perché, a differenza dello stesso virus, può colpire chiunque: l'aspetto psicologico può gravare sulla persona anziana tanto quanto sull'adolescente, che per motivi disparati può essere predisposto a diventare una persona "a rischio". Lo sottolinea anche la Società italiana di psicologia dell'emergenza, che attraverso il suo vicepresidente Anna Sozzi spiega come "specie chi è solo e ha di suo un livello di percezione del rischio molto elevato, deve chiedere il prima possibile un sostegno psicologico per evitare di sviluppare vere e proprie forme di stress post traumatico".

Quello della Sipem è un osservatorio privilegiato in questo senso, perché può basarsi sui dati in arrivo dal Pronto Psy, un supporto telefonico gratuito disponibile dal 3 marzo e indirizzato proprio a quelle persone che sentono il peso del distanziamento sociale. "Abbiamo una trentina di psicologi e psicoterapeuti che lavorano in totale volontariato: chi ci spedisce una richiesta via email, viene ricontattato entro 24, massimo 48 ore, e viene ammesso ad un ciclo di tre colloqui telefonici con l'obiettivo di una stabilizzazione emotiva e di ripristino delle risorse di base" spiega la Sozzi all'AGI. Finora sono state gestite circa un'ottantina di domande di intervento arrivate da tutta Italia. "Ci scrivono anche da Torino, da Milano e dal sud e ora stiamo valutando se è il caso di passare le richieste ad altre regioni se c'è necessità ad esempio di interventi sul territorio" spiega la Sozzi.

Una situazione come quella che sta riguardando l'Italia – e in generale tutti i paesi del mondo – è molto problematica dal punto di vista psicologico. Per diversi motivi. Prima di tutto, nella fase iniziale i primi casi accertati, e quindi solati e in quarantena, potevano sviluppare una sorta di senso di colpa: "Non avrei dovuto frequentare quella persona" o "Non sarei dovuto andare in quel posto". Ora, invece, la quarantena è collettiva e i rischi riguardano tutti, in particolare chi è più solo. "Il pericolo è quello di passare il tempo a scrutare il proprio corpo alla ricerca di segnali" spiega la Sozzi. "C'è chi sta male, c'è chi – essendo alle prese con un nemico invisibile – finisce con il vederlo dappertutto e rischia di cadere totalmente dentro un processo ossessivo".

Il risultato è una situazione di forte stress che grava sui singoli. Lo stress cronico e duraturo porta all'aumento di cortisone, un ormone chiave dello stress. È inoltre collegato ad alti livelli di infiammazioni nel corpo. Questo danneggia i vasi sanguigni e altri tessuti, aumentando il rischio di malattie cardiache, diabete, artrite, depressione, obesità e morte prematura. Preoccupa anche la salute mentale di medici e sanitari impegnati in prima linea, a contatto tutti i giorni con la morte. "E per tanti, la difficoltà a gestire il trauma della perdita di persone care, non essendo possibile dare l'ultimo saluto ai propri defunti in un momento di solidarietà collettiva". Pronto Psy è un servizio gratuito disponibile all'indirizzo mail info@sipem-er.it, basta inviare una email indicando un recapito telefonico al quale sarete ricontattati.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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