(Come) possiamo raggiungere l’immunità di gregge?
Quando scoppiò la pandemia di COVID-19, ormai oltre un anno e mezzo fa, il concetto epidemiologico di “immunità di gregge” divenne di pubblico dominio, presentato da molti esperti come la via d'uscita dall'incubo in cui stavamo precipitando. In termini molto semplici, per immunità di gregge si intende una sorta di scudo in grado di difendere le persone non immunizzate naturalmente (da una precedente esposizione al virus) e non vaccinate contro una determinata malattia infettiva, come lo è la COVID-19 provocata dal coronavirus SARS-CoV-2. Come si conquista l'immunità di gregge? Con una percentuale significativa di immunizzati (guariti e vaccinati) in una data popolazione, che genera una vera e propria barriera che chiude la porta in faccia al virus isolandolo e confinandolo sempre più, fino a impedirgli di raggiungere le persone non protette. Immaginate gli immunodepressi, i bambini troppo piccoli e i soggetti fragili che per determinate condizioni cliniche non possono ricevere un vaccino; grazie all'immunità di gregge tutti loro sarebbero difesi dal contagio. Questa è la situazione allo stato dell'arte, ma la realtà, per la pandemia che stiamo vivendo, è decisamente più complessa e articolata, tanto che molti scienziati – compreso l'immunologo Anthony Fauci, a capo della task force anti Covid della Casa Bianca – hanno candidamente dichiarato che potremmo non raggiungere mai l'immunità di gregge.
Le ragioni principali per cui questo virtuoso obiettivo può sfuggirci di mano sono tre: la circolazione di varianti sempre più trasmissibili, che alzano continuamente l'asticella della percentuale di immunizzati necessaria a farci raggiungere l'agognata soglia di protezione; il fatto che i vaccini non proteggono dal contagio al 100 percento e, non per ultima, una distribuzione non uniforme dei farmaci, non solo tra nazione e nazione (con i Paesi i ricchi che si sono accaparrati praticamente quasi tutte le scorte di vaccini Covid), ma anche all'interno dei singoli Stati. A tal proposito, gli scienziati del SAGE (Scientific Advisory Group for Emergencies) in un nuovo documento hanno fatto un esempio calzante per il Regno Unito, ma valido per quasi tutti gli altri. In UK con le attuali politiche per la campagna vaccinale ben il 21 percento della popolazione è troppo giovane per essere considerata idonea alla somministrazione; ciò significa un enorme bacino di persone in cui il virus può continuare a circolare liberamente e a mutare. Ciò può dar vita a nuove, potenziali varianti ancor più contagiose e resistenti agli anticorpi neutralizzanti, che come l'attuale variante Delta possono dimostrare una certa abilità nel “bucare” le difese immunitarie innescate dal vaccino. Anche se complessivamente i vaccinati positivi non si ammalano della forma grave della COVID-19 e non muoiono, comunque lasciano al virus la capacità di diffondersi, tra vaccinati e non, facendo di fatto crollare i pilastri alla base del concetto di immunità di gregge.
Secondo il professor Andrew Pollard, direttore del Centro Vaccini dell’Università di Oxford e tra i principali artefici del vaccino anti Covid di AstraZeneca, nel Regno Unito l'immunità di gregge non è raggiungibile proprio a causa della variante Delta: “Siamo in una situazione, con questa variante attuale, in cui l’immunità di gregge non è una possibilità perché il virus infetta ancora gli individui vaccinati”, ha chiosato l'esperto, aggiungendo che “al momento non si può pensare a un programma vaccinale basato sull’immunità di gregge”. Per altri esperti come il virologo Paul Hunter dell’Università di East Anglia, l'emersione di future varianti in grado di eludere gli attuali vaccini è “assolutamente inevitabile”. Ciò complica ulteriormente la strada verso l'immunità di gregge, spesso sbandierata come panacea contro tutti i mali.
Come spiegato dagli scienziati del SAGE, all'inizio della pandemia la strategia proposta da Sir Patrick Vallance, Chief Scientific Officer per l'emergenza coronavirus nel Regno Unito, era quella di far circolare liberamente il virus proprio per raggiungere l'immunità di gregge attraverso l'immunizzazione naturale. Ma una strada del genere può avere senso (etico, morale e pratico) solo se la malattia provocata dal virus è lievissima, mentre la COVID-19 ha ad oggi fatto collassare diversi sistemi sanitari (tra ricoveri in terapia intensiva e nei reparti ordinari) e ucciso 4,4 milioni di persone, 128mila delle quali soltanto in Italia. Far circolare il SARS-CoV-2 senza restrizioni equivale a diffondere morte e sofferenza, come si è visto in Svezia; non a caso l'approccio "temerario" del dottor Vallance fu immediatamente accantonato e anche il Regno Unito entrò in lockdown. Ma anche nel caso in cui cui si volesse percorrere una strada del genere, affiancandola a una vasta campagna vaccinale per raggiungere la più alta percentuale di immunizzati possibili, con le varianti attuali raggiungere la soglia di immunità di gregge o HIT risulta comunque estremamente problematico. Lo dimostra la matematica.
All'inizio di una pandemia, spiegano gli scienziate del SAGE, la trasmissione della malattia infettiva è legato al cosiddetto numero di riproduzione di base (R0), ovvero il numero di persone che un singolo infetto riesce mediamente a contagiare. Se il valore di R0 è inferiore a 1, si intuisce che la diffusione della malattia inizia a calare. Parallelamente, maggiore è il numero di persone immunizzate, minore è quello dei positivi che possono diffondere il contagio, come dimostra la seguente equazione riportata dal SAGE. "Se p è la proporzione della popolazione che è immune e (1-p) la proporzione non immune, allora possiamo calcolare il numero di riproduzione attuale dal numero di riproduzione di base come R=R0*(1-p)", spiegano gli scienziati. "Se una proporzione p=1-1/R0 di persone è immune questo ci porta a R=1, il punto di svolta in cui l'infezione dovrebbe iniziare a diminuire", aggiunge il SAGE. All'inizio della pandemia si ritiene che la COVID-19 avesse un R0 di circa 3, ma se ci fossero state le attuali varianti, l'R0 sarebbe stato ad esempio di 6; con una simile contagiosità la soglia per raggiungere l'immunità di gregge balza oltre l'80 percento, rispetto al 60-70 percento calcolato inizialmente. Poiché i vaccini non proteggono al 100 percento dall'infezione, a causa delle nuove varianti per raggiungere la soglia dell'immunità di gregge il numero di vaccinati deve sfiorare quasi la quota del 100 percento. Sappiamo bene che questo non è possibile, ad esempio a causa di fasce di età cui il vaccino non può essere somministrato e una fetta significativa di no-vax. Se a questo aggiungiamo l'iniqua distribuzione dei vaccini, raggiungere quelle soglia diventa praticamente impossibile, come spiegato dal professor Polard.
Ma non è una catastrofe, come avremmo potuto immaginare all'inizio della pandemia. Secondo diverse proiezioni, invece di “sparire” col tempo, il coronavirus dovrebbe diventare un patogeno endemico e stagionale, che circola localmente diventando uno dei tanti patogeni con cui abbiamo a che fare soprattutto in autunno/inverno. Secondo gli scienziati dell'Università Columbia di New York, la COVID-19 nel giro di un paio di generazioni potrebbe diventare un'infezione (lieve) tipica dell'infanzia, trasformandosi in un semplice raffreddore. Ma sottolineiamo che si tratta solo di ipotesi; al momento abbiamo ancora a che fare con un virus estremamente subdolo e pericoloso; l'unico modo che abbiamo per difenderci (e proteggere gli altri) è attraverso il vaccino, continuando a rispettare le norme anti contagio di base, come il distanziamento sociale, l'uso delle mascherine e una certosina igiene delle mani.