Nell’immaginario popolare le cellule staminali sono diventate quasi un mito dalle mille risorse e soluzioni in vari campi della medicina come una possibile cura per molte malattie. L’opinione pubblica, però, sottovaluta sia l’ampio raggio di utilizzo delle cellule staminali sia la difficoltà di impiegarle per i vari trattamenti. Tuttavia, mentre l'attenzione collettiva si è concentrata maggiormente sulla loro potenzialità nella medicina rigenerativa, le cellule staminali vengono utilizzate anche nello sviluppo di farmaci, una frontiera che può portare ad enormi passi avanti nella biomedicina. L'industria farmaceutica, infatti, si sta interessando sempre più alle cellule staminali per testare la tossicità dei farmaci e individuare potenziali nuove terapie. Esistono svariate aziende che producono e vendono cellule staminali umane o cellule derivate da esse (staminali pluripotenti indotte – iPS), ovvero manipolate in laboratorio in modo da trasformarle nelle cellule specializzate a seconda delle necessità. Sul mercato si possono reperire cellule cardiache, epatiche e neuronali, nonché cellule staminali embrionali, quelle con una maggiore potenzialità intrinseca.
Cellule staminali: fra medicina ed etica
Le staminali sono cellule primitive, il cui destino – in quanto forma e funzione – non è ancora stato “deciso”. In seguito a un processo di differenziamento guidato da istruzioni genetiche, queste cellule si specializzano fino a formare muscoli, ossa, neuroni, sangue o pelle. Allo stato “staminale”, hanno ancora più di una potenzialità nel diventare l’uno o l’altro tessuto. Questa straordinaria caratteristica le ha rese estremamente importanti per capire il fenomeno dello sviluppo embrionale, nonché della formazione di molte patologie come il cancro. Il termine cellule staminali era stato proposto nel 1908 dal patologo russo Alexander Maksimov mentre studiava le cellule progenitrici del sangue. Ma saranno Ernest McCulloch e James Till ad essere considerati gli scopritori ufficiali, in seguito alla loro dimostrazione (negli anni ’60) della presenza di cellule progenitrici autorinnovanti nel midollo osseo di topo. Si è capito ben presto che la terapia con queste cellule può avere importanti risvolti nel trattamento di molte malattie (recentemente sono aumentate le speranze nella terapia del morbo di Parkinson, nel trattamento della maculopatia e per "riparare" il cuore in seguito ad un infarto). Negli anni successivi si susseguono scoperte circa la presenza di cellule staminali in varie parti del corpo, quali il cordone ombelicale, il liquido amniotico e persino i denti da latte del bambino. In Italia lo studio delle cellule staminali è finanziato dal Governo, ma sottostà alla legge 40/2004.
Test di tossicità
Nell’iter di sviluppo di un farmaco, tappa essenziale che precede la sperimentazione in vivo su animali, è il test di tossicità. Si tratta della verifica in laboratorio, su gruppi di cellule o tessuti, degli effetti (eventualmente tossici) di un particolare principio attivo. Stephen Minger, biologo esperto di cellule staminali, ha testato insieme al suo team del GE Healthcare (Gran Bretagna) una serie di composti farmacologici su cellule cardiache derivate da staminali pluripotenti indotte. Ha scoperto così una serie di effetti tossici di sostanze che avevano già ottenuto l’approvazione da parte dell’ente di Farmacovigilanza americana (Food and Drug Administration). Con le sue ricerche, Minger punta a sottolineare come l’utilizzo di cellule staminali può dimostrarsi utile nel rintracciare tossicità dei farmaci in commercio, oltre agli ovvi benefici per la salute. Bloccare un farmaco potenzialmente tossico per i tessuti umani già nelle prime fasi, permetterebbe di risparmiare milioni di dollari. I ricercatori non tralasciano di evidenziare anche che l’utilizzo di queste cellule umane pluripotenti può fornire le basi utili per l’identificazioni di nuovi farmaci efficaci e di diverse applicazioni di farmaci già esistenti.
Previsioni future
Ci sono ancora numerose incognite e prospettive in questo settore. Lee Rubin, direttore di Medicina traslazionale presso la Harvard Stem Cell Institute di Cambridge, Massachusetts, dice che è in corso un dibattito sulla possibilità che le cellule staminali possano essere impiegate per studiare alcuni tipi di malattie, in particolare quelle non-genetiche o quelle che insorgono in età avanzata, oppure quelle che sono legate a interazioni tra diversi tessuti. «È un progetto a lungo termine», dice Rubin, ma le cellule staminali embrionali umane e cellule iPS consentono ora di accedere a degli elementi di base del corpo umano, meglio indicati per lo studio di base in medicina rispetto alle cellule animali. Riusciamo così a comprendere il corpo umano in un dettaglio molto maggiore. Ancora non sappiamo come esattamente possano essere utilizzate queste cellule, ma pare che la comunità scientifica si stia preparando a un profondo cambiamento nella medicina umana.