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Cambiamenti climatici, si scioglie anche il permafrost nel cuore delle Alpi Giulie: rischi gravi

In una grotta del monte Canin, sulle Alpi Giulie, lo strato di permafrost ha iniziato a sciogliersi all’improvviso dal settembre del 2014. Da allora lo spessore del ghiacciaio all’interno della cava si è ridotto di circa mezzo metro. Per gli scienziati italiani che hanno condotto la ricerca si rischiano gravi conseguenze per la conservazione delle riserve idriche e la stabilità della montagna.
A cura di Andrea Centini
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Monte Canin. Credit: Johann Jaritz
Monte Canin. Credit: Johann Jaritz

In una grotta del monte Canin, una montagna delle Alpi Giulie, lo strato di permafrost (il ghiaccio permanente) ha iniziato a sciogliersi repentinamente, spinto dal costante e anomalo aumento delle temperature delle rocce circostanti. A causa di questo processo, innescato dal riscaldamento globale legato ai cambiamenti climatici, durante l'estate le temperature superano lo 0 e dunque lo strato di permafrost tende a sciogliersi, per poi ricongelare durante l'inverno. In condizioni normali, come suggerisce il nome stesso, il permafrost dovrebbe restare perennemente ghiacciato. Il repentino cambio negli equilibri termici è stato rilevato nel 2014, e da allora lo spessore del ghiacciaio sotterraneo della grotta si è ridotto di mezzo metro.

A documentare e descrivere questi cambiamenti importanti nel cuore del monte Canin sono stati i due scienziati italiani Renato R. Colucci e Mauro Guglielmin, rispettivamente dell'Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) e dell'Università dell'Insubria. I due scienziati monitoravano il ghiacciaio della grotta da 3 anni, quando all'improvviso, nel settembre del 2014, in pochi giorni la temperatura ha superato lo 0 avviando i processi di scioglimento. Il fatto che i cambiamenti climatici abbiano iniziato ad “aggredire” anche lo strato di permafrost sotterraneo nelle grotte montane, dove dovrebbe essere più protetto, mette in evidenza la gravità della situazione, non priva di conseguenze, come spiegano gli autori della ricerca.

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I rischi maggiori di questo cambio di paradigma sono per la conservazione delle riserve idriche e la stabilità delle montagne, come indicato nel comunicato stampa pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche. “Questo aspetto ha importanti ripercussioni sulle riserve d’acqua sotterranea, stoccate sotto forma di ghiaccio permanente, che caratterizzano le aree carsiche di alta quota come ad esempio le Alpi Giulie, ma anche estese aree delle Alpi austriache o svizzere. La superficie topografica del ghiacciaio sotterraneo in questa grotta si è abbassata di mezzo metro nell’arco di soli quattro anni”, ha sottolineato il dottor Colucci. Non va inoltre sottovalutato il pericolo di crolli di importanti porzioni di roccia verso valle, tenendo presente il ruolo del permafrost nel mantenere stabili versanti e pareti a quote elevate. Nei ghiacciai esposti come quello Planpincieux del Monte Bianco che incombe sulla Val Ferret, inoltre, c'è il rischio del distacco di pesanti seracchi (blocchi di ghiaccio).

La ricerca sulle Alpi Giulie fa parte di un progetto di studio internazionale più ampio chiamato “C3-Cave’s Cryosphere and Climate”, volto all'analisi dei depositi di ghiaccio nelle aree carsiche. I dettagli della ricerca “Climate change and rapid ice melt: Suggestions from abrupt permafrost degradation and ice melting in an alpine ice cave” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Progress in Physical Geography: Earth and Environment.

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