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Caccia riaperta in Italia: fino a 139 animali uccisi al secondo, milioni in 5 mesi. Le stime LAV

In Italia durante i mesi della stagione venatoria potenzialmente possono essere uccisi oltre 460 milioni di animali selvatici, in base a una stima della LAV basata sui dati di alcune regioni e sul numero di cacciatori nel nostro Paese (600mila). Tra le circa 50 specie cacciabili sul territorio nazionale ve ne sono diverse in declino e minacciate.
A cura di Andrea Centini
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Dal primo settembre in molte regioni italiane ha avuto inizio la preapertura della caccia, con tre settimane di anticipo rispetto al calendario venatorio ufficiale. L'apertura anticipata, spesso al centro di asprissime polemiche, aumenta sensibilmente il numero di animali uccisi entro il termine della stagione, che in alcuni casi può protrarsi fino ai primi di febbraio. Diverse specie regolarmente cacciabili sul territorio nazionale sono in declino e minacciate di estinzione, per questo da anni numerose organizzazioni come LAV, LIPU, Legambiente e WWF si battono per la loro tutela e per quella di tutti gli animali selvatici vittime dei cacciatori.

In Italia sono cacciabili una cinquantina di specie selvatiche, con alcune differenze in base ai regolamenti regionali. Un animale che può essere abbattuto nel Lazio, ad esempio, potrebbe non esserlo in Toscana e viceversa. Anche le tempistiche potrebbero variare. In Sicilia la caccia a specie di uccelli migratori come anatre e trampolieri è stata posticipata al 2 ottobre, mentre quella ai conigli sarà permessa dopo il 15 di settembre e solo dopo un censimento che verificherà la salute della popolazione locale (i numeri sono in declino progressivo). Nonostante questi accorgimenti, la LAV stima che durante la stagione della caccia, in Italia, potrebbero essere uccisi legalmente 464 milioni di animali. Sono cinque milioni per ogni giornata venatoria (da 3 a 5 a settimana, in base ai regolamenti regionali), 500mila all'ora e 139 al secondo. Questo tenendo presente il carniere giornaliero e stagionale dei 600mila cacciatori presenti sul territorio nazionale. Naturalmente si tratta di una stima in eccesso che poi nella realtà dei fatti si riduce drasticamente; benché le quote di capi stabilite per legge non vengano sempre rispettate, infatti, non tutti i cacciatori uccidono tutti i capi del proprio carniere, e ovviamente non tutti i cacciatori escono sempre e contemporaneamente nelle giornate venatorie. La stima della LAV suggerisce che, per raggiungere quelle cifre, ogni cacciatore italiano debba uccidere circa 770 animali nell'arco dell'intera stagione. Considerando la cinquantina di specie coinvolte, si tratterebbe di diversi milioni di esemplari per ciascuna di esse. Si tratta dunque di numeri solo potenziali, ai quali vanno tuttavia aggiunti quelli degli esemplari protetti – come questo rarissimo ibis eremita – che finiscono impallinati dai bracconieri.

Le specie a rischio

Tra le specie a rischio che vengono regolarmente abbattute in Italia durante la stagione venatoria ci sono sette uccelli, per i quali la LIPU ha avviato una importante campagna informativa volta alla loro tutela.

  • Tortora selvatica. Tra le specie cacciabili in Italia più emblematiche vi è sicuramente la tortora selvatica (Streptopelia turtur), un uccello classificato con codice VU (vulnerabile) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Dagli anni '70 del secolo scorso ai giorni nostri questo uccello ha subito un sensibile declino in tutta Europa. In alcuni Paesi come la Gran Bretagna è stato messo a punto un piano d'azione per proteggere la tortora selvatica, ma in Italia può essere tranquillamente abbattuta.
  • Pernice bianca. La pernice bianca (Lagopus muta), analogamente alla tortora selvatica, negli ultimi decenni ha subito un sostanziale crollo in Europa e in Italia, con una riduzione delle popolazioni dal 30 al 40 percento, ad esempio in Friuli Venezia Giulia e in Veneto. Questa specie vive in montagna ed è particolarmente suscettibile ai cambiamenti climatici; a causa delle stagioni sempre più calde è praticamente sparita dall'area prealpina. Si stima che in tutto l'arco alpino restino tra le 5 e le 8mila coppie.
  • Allodola. Per l'allodola (Alauda arvensis) la caccia rappresenta la principale minaccia alla sopravvivenza – è una delle prede privilegiate dai cacciatori – assieme alle pratiche agricole (come l'uso di pesticidi) e alla distruzione dell'habitat in cui nidifica. In alcune regioni italiane ha subito un crollo notevole. Basti pensare che in Lombardia in soli 15 anni è stata registrata una perdita dell'80 percento delle coppie. La specie è in declino in tutta Europa.
  • Coturnice. In Italia si stima vivano tra le 10mila e le 20mila coturnici (Alectoris graeca), circa la metà di quelle presenti nell'Unione Europea. La popolazione italiana è in declino da cinquanta anni a causa della distruzione dell'habitat naturale e della diffusione di parassiti, che ne hanno decimato e frammentato gli esemplari sul territorio. Nonostante ciò la coturnice viene ancora cacciata regolarmente durante la stagione venatoria.
  • Tordo sassello. Il passeriforme tordo tassello (Turdus iliacus) è il più piccolo della famiglia dei tordi. I dati su questa specie non sono molto approfonditi e non si ha una stima precisa della popolazione che sverna in Italia. È noto tuttavia che questo uccello è particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici. Come l'allodola, è tra le vittime privilegiate dai cacciatori: si stima che ogni anno ne vengano uccisi in Italia un milione di esemplari, 200mila dei quali nella sola provincia di Brescia.
  • Pavoncella. La splendida pavoncella (Vanellus vanellus), così chiamata per i riflessi iridescenti del piumaggio che ricordano quelli del pavone, a partire dagli anno '70 ha subito un importante declino in tutta l'Unione Europea, dove viene classificata come specie vulnerabile. Lavori agricoli, predazione delle uova da parte di mammiferi invasivi e cornacchie, condizioni climatiche e la caccia sono tra le principali minacce. La specie, oltre che in Italia, viene cacciata anche in Francia, Grecia e Spagna.
  • Moriglione. In Italia si stima che ci siano soltanto 300/400 coppie di moriglioni (Aythya ferina) nidificanti, mentre gli esemplari svernanti sono abbastanza numerosi. Questa anatra tuffatrice soffre moltissimo la cattiva qualità dell'acqua e la distruzione del suo habitat naturale: tali fattori hanno determinato un significativo declino a livello europeo a partire dagli anni '90. Il moriglione viene cacciato sul territorio nazionale sia legalmente che illegalmente.
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