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Balenottera con la “coda” tranciata sta morendo tra atroci sofferenze: la storia di Codamozza

Una maestosa balenottera comune in evidente stato di denutrizione e con la coda tranciata sta morendo lentamente nelle acque italiane. L’esemplare, chiamato dagli scienziati col nome di “Codamozza”, era noto per l’assenza di un lobo della pinna caudale, ma ora l’ha perduta del tutto. A raccontarci la sua drammatica storia la biologa marina e scrittrice Maddalena Jahoda, esperta di cetacei del Tethys Research Institute.
A cura di Andrea Centini
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Un esemplare adulto di balenottera comune (Balaenoptera physalus), in evidente stato di denutrizione e con la pinna caudale tranciata, è stato avvistato mentre nuotava lungo la costa di Brancaleone, un comune di 3.500 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria, e successivamente nel Golfo di Catania. Le condizioni di salute del cetaceo sono apparse talmente gravi da far pensare addirittura a un possibile, imminente spiaggiamento nell'area; i biologi marini sono infatti concordi sul fatto che le speranze di sopravvivenza per il colossale misticete (con fanoni) sono praticamente nulle. Lo dimostrano le immagini riprese dall'alto con un drone, nelle quali i “fianchi” della balenottera risultano talmente scavati da aver trasformato la sua elegantissima silhouette in quella di un gigantesco girino.

La balenottera "Codamozza" in un'immagine di repertorio. Credit: Lanfredi/Tethys Research Institute
La balenottera "Codamozza" in un'immagine di repertorio. Credit: Lanfredi/Tethys Research Institute

A causare questo drammatico stato di denutrizione, quasi sicuramente, è l'assenza della pinna caudale, che impedisce al cetaceo di immergersi in profondità e alimentarsi con la sua tecnica naturale, fatta di "scatti" e grandi boccate di acqua e prede (che vengono filtrate dai fanoni). È verosimile che non si stia nutrendo da mesi, ma le riserve che le hanno permesso di sopravvivere fino ad oggi sono ormai esaurite, ed è solo questione di tempo prima che le forze l'abbandonino per sempre. Dietro questa orribile tragedia dei mari si nasconde quasi certamente la mano dell'uomo. Gli scienziati, infatti, ipotizzano che la pinna caudale possa essere stata tranciata dalle eliche di una nave, oppure che possa averla perduta dopo essere rimasta intrappolata in qualche rete da pesca “fantasma”, abbandonata in mare. Per le balenottere comuni del Mar Mediterraneo, dove si stima vivano alcune migliaia di esemplari, le collisioni con le navi e l'attrezzatura da pesca rappresentano le principali cause di morte.

A documentare la presenza della balenottera morente è stata una squadra di volontari del Centro Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone, che dopo aver ricevuto la segnalazione della presenza del cetaceo è uscita in mare con un'imbarcazione per avvistarla e filmarla. Le immagini più impressionanti sono proprio quelle catturate dal drone, mentre il cetaceo nuotava molto lentamente verso Capo Spartivento, come sottolineato in un post pubblicato su Facebook dall'organizzazione. “Purtroppo le possibilità di sopravvivenza di questo esemplare sono pressoché minime o nulle, e non escludiamo l’eventualità che possa spiaggiarsi in zona nelle prossime ore”, hanno scritto gli esperti del centro di recupero.

Il video del cetaceo ha fatto rapidamente il giro della rete, e i cetologi che lo hanno osservato hanno capito che si trattava di una loro vecchia conoscenza, chiamata “Codamozza”. Il soprannome deriva dal fatto che quando fu avvistata la prima volta, nel 2005 nel Santuario dei Cetacei "Pelagos", alla balenottera mancava il lobo sinistro della pinna caudale. Ora l'ha persa completamente, forse a causa di un altro, drammatico incidente causato dall'uomo, ma questa volta, purtroppo, non ci saranno possibilità di recupero. A raccontare a fanpage la storia di “Codamozza” è la biologa marina del Tethys Research Institute Maddalena Jahoda, esperta di cetacei e autrice del libro “Balene, salvateci!”.

“Mi ricordo Codamozza come se fosse ieri: si immergeva tirando fuori la coda, cosa che la sua specie di solito non fa, era un po' come se "zoppicasse". Con la barca di Tethys l'avevamo avvistata per la prima volta nel 2005 e poi rivista spesso nel Santuario Pelagos, tanto che era diventata un po' una mascotte. Le mancava parte del lobo caudale sinistro, e l'ipotesi era che fosse a causa di una collisione o per colpa di una rete da pesca. Per anni Codamozza era sembrata cavarsela piuttosto bene e non ci saremmo aspettati che fosse proprio lei la balenottera delle terribili immagini con la coda staccata del tutto. L'identità sembra invece confermata dal confronto delle foto di un avvistamento di ottobre tra la Spagna e la Francia; davanti alla pinna dorsale c'è la stessa "gobbetta", che è probabilmente un'altra cicatrice. La situazione sembra quindi essere precipitata l'anno scorso, con la perdita anche del resto della coda. Forse una seconda collisione o forse le conseguenze a lungo termine della prima mutilazione. Per ora sono solo ipotesi. Da ottobre, Codamozza ha compiuto un viaggio di migliaia di chilometri fino in Siria, in Grecia e da lì, in pochi giorni, in Calabria e oggi nel golfo di Catania. Le riprese della Grecia e della Calabria sono meno nitide, ma la gobbetta si intravede ed è quindi molto probabile che si tratti dello stesso individuo. Evidentemente gli spostamenti orizzontali le sono possibili nonostante la terribile mutilazione, per difficile che sembri. Non così, forse, per le immersioni vere e proprie. Le balenottere si nutrono di plancton, che catturano in profondità; Codamozza purtroppo appare paurosamente magra e probabilmente non mangia da mesi. È possibile che non riesca a raggiungere la profondità e fare quello ‘scatto' che serve per prendere il boccone di acqua e cibo. Come tutti i misticeti, le balenottere possono vivere svariati mesi senza nutrirsi, sfruttando lo strato di grasso accumulato in precedenza. Codamozza, purtroppo, sembra proprio giunta allo stremo”.

Alla domanda se abbia qualche speranza sulla sopravvivenza di Codamozza, la dottoressa Jahoda ci ha detto che non ne ha, augurandosi "che il cetaceo non soffra ancora a lungo". L'uomo purtroppo non può far nulla per aiutare un animale selvatico di simili dimensioni, condannato a una morte lenta e atroce. Le balenottere comuni sono infatti il secondo animale più grande della Terra dopo la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), raggiungendo una lunghezza massima di circa 25 metri per un peso massimo di 80 tonnellate. A causa della baleneria sono state decimate così come tanti altri cetacei misticeti, e al momento sono classificate con codice VU (vulnerabili) nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).

La scomparsa di Codamozza rappresenta dunque anche un danno significativo alla sua sua specie, sebbene lo stato di conservazione della popolazione che vive nel bacino del Mediterraneo – separata dalle altre – non sia ben noto. Solo alcune settimane addietro nelle acque italiane si è consumata un'altra tragedia, con protagonista una piccola balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata) che era stata avvistata e filmata nel porto di Anzio, per poi essere ritrovata spiaggiata a Fregene, pochi giorni dopo. La balenottera minore non vive abitualmente nel Mediterraneo, ma è solo occasionale, così come le orche (Orcinus orca) arrivate al porto di Genova alla fine dello scorso anno, anch'esse andate incontro a una sorte infausta.

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