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Atomik, la vodka prodotta a Chernobyl (ma non è radioattiva)

Atomik è la vodka prodotta con la segale di Chernobyl, protagonista di uno degli incidenti atomici più gravi della nostra storia e che per anni non è stata in grado di produrre prodotti alimentari proprio in virtù degli enormi livelli radioattivi.
A cura di Marco Paretti
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Si chiama Atomik e arriva da una delle zone più radioattive del pianeta. È la vodka prodotta con la segale di Chernobyl, protagonista di uno degli incidenti atomici più gravi della nostra storia e che per anni non è stata in grado di produrre prodotti alimentari proprio in virtù degli enormi livelli radioattivi. Questa vodka, invece, è il primo prodotto a sfruttare la segale proveniente dall'area colpita dal disastro del 26 aprile 1986. Che non è più radioattiva. O, per lo meno, non lo è il prodotto finale, una vodka che sicuramente farà parlare di sé nel corso delle prossime settimane, quando le prime bottiglie potrebbero arrivare sul mercato.

Perché l'Atomik non è radioattiva

Per produrre l'Atomik, Jim Smith, professore di Scienze ambientali all’università di Portsmouth e responsabile del progetto, ha realizzato un'acquavite utilizzando chicchi di segale poco contaminati e acqua raccolta all'interno dell'area di esclusione. Eppure il prodotto finale non è nocivo. "Un chimico qualsiasi è in grado di spiegare che nel processo di distillazione tutte le impurità radioattive finiscono tra le scorie" ha spiegato Smith. "Abbiamo chiesto ai nostri colleghi dell’università di Southampton di controllare il prodotto con gli strumenti del loro laboratorio in cerca di segni di radioattività, ma non hanno trovato nulla".

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"Il problema è lo sviluppo economico"

Il progetto nasce proprio per dimostrare che quel territorio non è più così nocivo come si potrebbe pensare. Un'idea che Smith ha portato avanti durante i suoi lavori all'interno della città ucraina dagli anni '90 ad oggi; lo scienziato si è reso conto che le condizioni economiche degli abitanti della zona restavano drammatiche, ma la natura attorno alle zone colpite dal disastro si stata poco a poco riprendendo. "Sono ancora presenti punti caldi radioattivi nella zona di esclusione, ma in molte parti del territorio la contaminazione è inferiore a quella di altre zone del mondo dove le radiazioni naturali sono più elevate" continua Smith. "Dopo trent’anni penso che il problema più importante dell’area sia lo sviluppo economico, non la radioattività".

Ora che la Chernobyl Spirit Company ha prodotto la prima bottiglia non radioattiva, potrà produrne altre 500 per portare avanti l'idea che Chernobyl può rinascere come centro economico in grado di sostenere le famiglie rimaste attorno alla zona di esclusione. "Possiamo usare i prodotti naturali in diversi modi e possiamo produrre qualcosa che sarà totalmente privo di radioattività" ha commentato Gennady Laptev, dell’Istituto idrometeorologico ucraino. L'obiettivo del team guidato da Smith è quello di devolvere tre quarti degli utili ai cittadini locali, utilizzando il restante per far crescere le operazioni della società.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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