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Covid 19

Almeno il 50% dei contagi da coronavirus deriva da persone senza sintomi

Grazie a un innovativo modello matematico che tiene conto anche dei dati sui tamponi eseguiti quotidianamente e in un determinato lasso di tempo, un team di ricerca dell’Università di Chicago ha dimostrato che almeno il 50 percento delle infezioni da coronavirus è dovuto alle persone senza sintomi, cioè agli asintomatici e ai pre-sintomatici.
A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva sviluppata dagli scienziati dell'Università Johns Hopkins, dall'inizio della pandemia nel mondo sono state ufficialmente registrate circa 108 milioni di infezioni da coronavirus SARS-CoV-2  (2,7 milioni soltanto in Italia), con 2,4 milioni di morti. Secondo gli esperti, tuttavia, i contagi sono ampiamente sottostimati, poiché un numero rilevante di casi sfugge alle rete dei controlli. La ragione risiede nel fatto che l'infezione è molto spesso asintomatica o paucisintomatica (con sintomi lievissimi), e dunque se non si innesca il tracciamento dei contatti, pertanto una vasta fetta della popolazione non si sottopone al tampone oro-rinofaringeo. Ma essere senza sintomi non significa affatto che non si è infettivi; secondo un nuovo studio, almeno il 50 percento dei contagi complessivi deriva proprio da persone prive di sintomi, ovvero dagli asintomatici – che non sperimentano alcun sintomo durante l'infezione – e dai pre-sintomatici, cioè coloro che si trovano nel periodo d'incubazione, prima che la COVID-19 si manifesti.

A dimostrare che una fetta significativa dei contagi è dovuta a persone senza sintomi è stato un team di ricerca della Divisione di Scienze Biologiche dell'Università di Chicago. Gli scienziati, coordinati dal dottor Rahul Subramanian e dalla professoressa Mercedes Pascual, entrambi del Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione dell'ateneo americano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver messo a punto un innovativo modello matematico-epidemiologico che tiene conto della capacità di effettuare test anti COVID giornalieri, oltre che delle variazioni nel numero di test effettuati nell'arco di un determinato periodo. Gli scienziati hanno applicato il nuovo modello ai dati della città di New York, una delle prime colpite in modo significativo dalla pandemia di COVID-19 negli Stati Uniti, ma anche una delle prime a segnalare il numero di tamponi effettuati quotidianamente.

Dall'analisi dei dati è emerso che durante la prima ondata di contagi, nella Grande Mela soltanto un caso su cinque (e fino a uno su sette) presentava i sintomi dell'infezione virale. “L'inserimento di questi dati nel modello ha mostrato che la percentuale di individui che sono sintomatici per COVID-19 è compresa tra il 13 percento e il 18 percento”, ha dichiarato in un comunicato stampa la professoressa Mercedes Pascual, docente di Ecologia ed Evoluzione presso l'ateneo di Chicago. “E indipendentemente dall'incertezza di tutti gli altri parametri, possiamo dire che più del 50 percento dei contagi che si verificano nella comunità proviene da persone senza sintomi – coloro che sono asintomatici e pre-sintomatici”, ha aggiunto l'esperta. Sulla base dei dati raccolti, gli autori dello studio hanno inoltre sottolineato che se le infezioni asintomatiche si trasmettono a velocità analoghe a quelle sintomatiche, l'indice Rt complessivo sarebbe superiore rispetto a quello stimato (tra 3,2 a 4,4), mentre se si trasmettessero male, l'Rt dei casi sintomatici sarebbe compreso tra 3,9 e 8,1. Anche in quest'ultimo scenario, i presintomatici e gli asintomatici rappresentano comunque almeno il 50 percento dei contagi. “Anche se le persone asintomatiche non trasmettono il virus a tassi elevati, costituiscono qualcosa come l'80 percento di tutte le infezioni”, ha dichiarato il coautore dello studio Qixin He. “Questa proporzione è abbastanza sorprendente. È fondamentale che tutti – comprese le persone che non mostrano sintomi – aderiscano alle linee guida di salute pubblica, come indossare la mascherina e rispettare il distanziamento sociale, inoltre i test di massa dovrebbero essere facilmente accessibili a tutti”, ha aggiunto l'esperto.

Gli scienziati hanno sottolineato che il loro modello non non tiene conto delle nuove varianti in rapida diffusione negli Stati Uniti e nel resto del mondo, che non solo risultano più trasmissibili, ma anche in grado di eludere (almeno in parte) l'immunità innescata dalle precedenti infezioni naturali – catalizzando il rischio reinfezione – e l'efficacia dei vaccini anti COVID. I dettagli della ricerca “Quantifying asymptomatic infection and transmission of COVID-19 in New York City using observed cases, serology, and testing capacity” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica PNAS.

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