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Alla ricerca dell’asteroide che distrusse i dinosauri

Partita in questi giorni la campagna di perforazione del cratere Chicxulub, individuato come punto d’impatto dell’oggetto celeste che causò l’estinzione di massa del Cretaceo.
A cura di Nadia Vitali
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I geofisici vogliono tornare "sul luogo del delitto" per indagare in un celebre enigma cosmico: e così, a partire dal 7 aprile, è iniziata una campagna di trivellazione che porterà a penetrare per oltre 200 chilometri nel cratere Chicxulub, formatosi 66 milioni di anni fa quando un enorme asteroide si scagliò contro il nostro Pianeta. Fu quell'impatto devastante all'origine dell'estinzione di massa del Cretaceo che portò alla scomparsa della gran parte delle specie viventi sulla Terra, inclusi i dinosauri.

Un cataclisma in pochi minuti

La spedizione, partita dalle coste dello Yucatan, è la prima che cercherà di indagare nelle caratteristiche del cratere, tentando così di ricostruire una possibile dinamica dei fatti che si verificarono. I ricercatori andranno a caccia di elementi in grado di spiegare in che modo un asteroide ampio circa 14 chilometri possa aver generato un buco profondo tra i 20 e i 30 chilometri, fondendo poi le rocce e scagliandole verso il cielo fino ad un'altezza di circa 10 chilometri, per poi farle ricadere al suolo e formare un anello di materiali che si eleva dal pavimento interno del cratere. Questo evento catastrofico deve essersi articolato per diversi minuti: dopo di ciò. nulla più sarebbe stato uguale.

Scendendo nelle profondità di Chicxulub

Adesso i ricercatori hanno a disposizione due mesi per scendere nelle profondità di Chicxulub ed indagare, non soltanto su quell'avvenimento nefasto, ma anche sulla struttura dell'anello di materiali presente sul fondo del cratere che risulta essere estremamente comune in altri punti del Sistema Solare: in effetti Chicxulub è il solo, per stato di conservazione e dimensioni, a poter offrire un punto di vista privilegiato agli studiosi. Si inizierà a scendere nei primi 500 metri per poi raccogliere campioni e andare, con grande attenzione, sempre più in profondità. A 650 metri si dovrebbero incontrare i materiali dell'anello.

La più grande domanda a proposito della struttura riguarda la provenienza delle rocce che lo formano. Qualora tali rocce si presentino di colore relativamente chiaro, probabilmente dovrebbero venire da una regione della crosta terrestre compresa tra i 5 e i 10 chilometri; viceversa, un colore più scuro suggerirebbe maggiori profondità. In ogni caso, conoscere questi dettagli potrebbe aiutare a comprendere cosa accade durante un impatto gigante dal punto di vista delle fratture della crosta e del flusso di materiali.

Distruttore o portatore di vita?

Ma il nucleo del cratere potrebbe anche svelare altri dettagli interessanti: ad esempio se l'impatto sia riuscito a portare vita, non limitandosi, dunque, esclusivamente a distruggerla. Alcuni microrganismi potrebbero aver beneficiato del nuovo ambiente estremamente caldo venutosi a creare, ad esempio. Secondo uno studio pubblicato pochi mesi fa, l'evento catastrofico avrebbe anche inciso sul vulcanesimo terrestre, portando ad un incremento dell'attività che si rivelò fatale per dinosauri ed altre specie, animali e vegetali. Ma forse il misterioso asteroide venuto dallo spazio non causò soltanto danni, a questo punto.

Il lavoro è stato finanziato dal Consorzio europeo per la perforazione oceanica (Ecord) ed è coordinato dal consorzio internazionale Chicxulub Scientific Drilling Project, di cui fanno parte l'Università Autonoma di Città del Messico, l'Imperial College London e l'Università del Texas.

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