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Curiosity festeggia il suo primo anno su Marte

Cosa ha scoperto finora il rover della NASA sul Pianeta Rosso.
A cura di Roberto Paura
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Qualcuno ha calcolato che, in un anno, il rover Curiosity ha già perso valore: costato 2,5 miliardi di dollari, oggi ne varrebbe mezzo miliardo in meno. Ma, a differenza delle nostre autovetture, Curiosity non si limita a scorrazzare sulle sabbie di Marte consumando carburante. In un anno di attività, ha già portato a termine importanti compiti scientifici: i dati raccolti sono in buona parte ancora in corso di valutazione da parte degli scienziati, ma dimostrano fin d’ora il clamoroso successo della missione della NASA su Marte. Era il 6 agosto 2012 quando, alle 7.30 del mattino italiane, il rover atterrava dolcemente sul suolo marziano grazie a un innovativo sistema di discesa, lo sky crane, una specie di gru volante che ha adagiato il veicolo – grande quanto una piccola utilitaria – sulla superficie dopo un viaggio nello spazio durato sei mesi. E ora al Jet Propulsion Laboratory della NASA, dove il rover è nato, si festeggia il suo primo entusiasmante anno di attività ripercorrendone i successi.

Molecole organiche? – La notizia più importante collegata a Curiosity è emersa alla fine del novembre 2012, quando online si era diffusa la voce di una scoperta di portata epocale compiuta dal rover marziano. La dichiarazione ambigua era stata fatta da John Grotzinger, capo-scienziato della missione Curiosity, senza dire molto di più. Pressato dai giornalisti, il capo della NASA Charles Bolden aveva precisato in una conferenza a Roma che il rover avrebbe individuato molecole organiche semplici nel terreno marziano. Non organismi viventi, dunque, e nemmeno molecole biologiche, ma pur sempre rilevanti nella caccia alla vita passata su Marte.

curiosity nasa marte
Confronto tra le rocce analizzate da Curiosity su Marte e quelle presenti su un antico letto fluviale terrestre.

I fiumi di Marte – Analizzando due rocce battezzate Hottah e Link, Curiosity ha dimostrato con ogni evidenza che l’area vicina al sito di atterraggio, compresa tra il bordo settentrionale del cratere Gale e la base del Monte Sharp, era un antico bacino fluviale. Le rocce sono composte di piccoli sassi levigati, del tutto identici a quelli che si trovano sul fondo dei fiumi terrestri.

Spiagge hawaiane – Le prime analisi del suolo marziano hanno rivelato strutture geologiche simili a quelle riscontrate nelle spiagge delle Hawaii. Le isole del Pacifico sono formazioni di origine vulcanica e probabilmente lo sono anche i suoli del cratere Gale. Le analisi svolte dal laboratorio chimico-mineralogico installato a bordo del rover hanno individuato materiali simili a quelli basaltici, con quantità rilevanti di feldspati, pirosseni e olivine.

curiosity eclissi marziana
Il Sole eclissato parzialmente da Phobos nella foto scattata da Curiosity.

Eclissi marziane – Le due lune di Marte, Phobos e Deimos, sono poca cosa in confronto alla nostra gigantesca Luna. Probabilmente si tratta di grossi asteroidi catturati in epoche nemmeno troppo remote dalla gravità del Pianeta Rosso. Per la prima volta Curiosity ha fotografato un’eclisse prodotta da Phobos nel suo transito davanti al Sole. Un’eclisse molto parziale, perché il satellite non è in grado di coprire interamente la nostra stella, ma nondimeno molto suggestiva.

Niente metano? – Una delle domande più importanti a cui Curiosity avrebbe dovuto rispondere riguarda il metano su Marte. Nel 2004 la sonda europea Mars Express – ancora perfettamente funzionante e in orbita intorno al Pianeta Rosso – aveva raccolto indizi di una produzione di metano. Il metano può avere origini geologiche, attraverso fenomeni vulcanici, o più comunemente biologiche, attraverso l’azione di microrganismi. L’ipotesi dell’esistenza di metano su Marte ha quindi creato molto scompiglio, potendo trattarsi del prodotto di vita elementare. Curiosity non ha però trovato tracce di metano nell’atmosfera analizzata. Tuttavia, potrebbe non essere la fine del mistero, dato che le analisi di Mars Express suggerivano un’emissione periodica di tipo stagionale del gas, che quindi potrebbe non essere stato rilasciato nell’atmosfera quando il rover ha compiuto la sua analisi.

Radiazioni letali – Per la prima volta, Curiosty è stato in grado di calcolare la dose di raggi cosmici che un eventuale equipaggio umano si troverebbe ad assorbire in un futuro viaggio verso Marte. Attraverso lo strumento RAD (Radiation Assessment Detector), il rover ha riscontrato una radiazione giornaliera di 1,8 millisievert nel corso del viaggio nello spazio. Pari una tomografia a raggi X su tutto il corpo ogni cinque giorni. Il rischio di sviluppare forme tumorali diventerebbe inaccettabile. Più blanda l’intensità della radiazione cosmica su Marte, dove la debole atmosfera riesce comunque ad assorbirne una parte significativa. La NASA sta già lavorando al modo di limitare i danni da esposizione prolungata ai raggi cosmici.

La missione ExoMars sarà costituita da un orbiter lanciato nel 2016 e un rover che atterrerà nel 2018.
La missione ExoMars sarà costituita da un orbiter lanciato nel 2016 e un rover che atterrerà nel 2018.

Il futuro – Curiosity ha almeno un altro anno di attività davanti. E, con un po’ di fortuna, potrebbe resistere anche più a lungo del previsto, come per gli stoici predecessori Spirit e Opportunity. Curiosity si muove verso nuove mete: dune di sabbia in movimento, alture, letti di antichi fiumi. Scoperte sorprendenti potrebbero essere dietro l’angolo. Intanto i suoi successori sono già in preparazione. Nel 2016 atterrerà InSight, un lander – quindi privo di capacità di movimento – che analizzerà la struttura interna di Marte. Nello stesso anno giungerà in orbita intorno al pianeta un orbiter europeo, preludio all’atterraggio nel 2018 del primo rover ESA, ExoMars, con il preciso obiettivo di individuare molecole biologiche e forme di vita passate o presenti. Nel 2020 poi giungerà il nuovo rover NASA, provvisoriamente battezzata “Curiosity 2”, che spianerà il terreno per la prima missione umana, i cui preparativi inizieranno quell’anno per concludersi auspicabilmente con l’atterraggio degli astronauti nel 2030.

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