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Brucia così il sogno della scienza 2.0

La Città della Scienza era nata negli anni ’90 su iniziativa del fisico Vittorio Silvestrini. Fu l’inizio di un nuovo modo di comunicare la scienza.
A cura di Roberto Paura
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Incendio nella città della scienza di Napoli

“Guarda, Enzo, è una catastrofe”. Non l’avrebbe mai detto, Vittorio Silvestrini, che quelle parole da lui pronunciate il 20 ottobre 1987, osservando spaventato – come racconta il giornalista Pietro Greco – i fiumi di gente che si riversavano dai cancelli della prima edizione di “Futuro Remoto”, primo nucleo della Città della Scienza, sarebbero state ripetute nella terribile notte di ieri, assistendo inerme con Enzo Lipardi, il consigliere delegato e co-fondatore del complesso, al rogo che distrugge quattro padiglioni. Dal 1987 a oggi il sogno di Vittorio Silvestrini si era trasformato da una mostra provvisoria ospitata alla Mostra d’Oltremare, nel quartiere di Fuorigrotta a Napoli, nel più grande science center e museo scientifico di nuova generazione in Italia. L’idea era quella di imitare il successo dell’Exploratorium di San Francisco, realizzato da un altro fisico delle particelle come lui, Frank Opennheimer, fratello del padre della bomba atomica. Aperto nel 1969, l’Exploratorium suggeriva un modo nuovo di comunicare la scienza alle giovani generazioni, invitandole a partecipare agli esperimenti, a interagire con exhibit, esperienze interattive, spettacoli immersivi. Imitato in tutto il mondo, quel modello aveva ispirato Silvestrini quando, giunto a Napoli nel 1972 per occupare la cattedra di Fisica generale alla Federico II, rimase incantato – lui, originario di Bolzano – dalla bellezza del mare di Napoli. Lì sognò di costruire Città della Scienza.

La scienza sbarca a Bagnoli

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Non fu un’impresa facile, né veloce. Era iniziata con il semplice desiderio di accompagnare, al congresso della Società italiana della fisica che si sarebbe tenuto a Napoli nel 1987, una settimana di comunicazione della scienza al grande pubblico. Lo sostiene in quel progetto Enzo Lipardi, giovanissimo laureato in filosofia, che dirige una piccola casa editrice, la CUEN, nei cui locali ospita il primo nucleo di quella che sarebbe diventata la Fondazione Idis. La CUEN era nata come una cooperativa per pubblicare manuali per gli studenti di ingegneria. Aveva una piccola libreria all’interno del Politecnico, a Fuorigrotta, dove Lipardi iniziò a lavorare come commesso dopo un’esperienza in una ditta di pulizie. Vittorio Silvestrini lo aveva conosciuto nel “partito”, il PCI, in cui entrambi militavano. L’intesa fu immediata. La CUEN allora organizzava la fiera del fumetto. Affidarle il compito di organizzare, alla Mostra d’Oltremare, una manifestazione di divulgazione scientifica, battezzata “Futuro Remoto”, sembrava scontato. Per nulla scontato fu invece il successo di pubblico straordinario di quella prima edizione, a cui ne sarebbero seguite altre 25, fino all’ultima, inaugurata nel novembre scorso.

Nel 1992 chiudeva, a Bagnoli, l’Italsider. Si sognava di trasformare quella enorme area industriale ormai in dismissione, affacciata sul golfo di Pozzuoli, deturpato da decenni di scarichi e miasmi, una seconda Napoli, la Napoli del 2000, moderna, ecologica e pulita. Silvestrini se ne venne con l’idea di farci un science center. Nel 1989 aveva fondato la Fondazione Idis, con il supporto delle principali personalità scientifiche napoletane e con quello di due Nobel italiani, Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia, soci fondatori. Silvestrini e Lipardi reclutano giovani volenterosi per un progetto che sembra fantascientifico. Un giovane sociologo, Luigi Amodio, che sarebbe poi diventato direttore di Città della Scienza, passa l’estate a visitare i science center e i musei scientifici di Londra, per farsi un’idea. Nel 1993, il colpo di fortuna: un bando per riconvertire ex aree industriali. Poi il sostegno della Regione e del Ministero dell’Istruzione. È l’inizio di un nuovo capitolo.

Ascesa e caduta di un sogno

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Affidato allo studio di Massimo Pica Ciamarra, architetto che già aveva firmato, tra le altre cose, il complesso universitario di Monte Sant’Angelo a Fuorigrotta, il progetto di Città della Scienza punta sulla ristrutturazione di una serie di capannoni industriali abbandonati, proprio sul mare di Bagnoli. È lì che nel 1996 viene inaugurata Città della Scienza, alla presenza del presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. In un deserto che resterà tale fino a oggi, disseminato di sogni abbandonati di un nuovo “rinascimento”, Città della Scienza è un faro di speranza, simboleggiato dalla grande ciminiera che svetta su Piazza della Cultura, su cui affaccia il science center. È lì dentro che ogni anno oltre 300mila persone, soprattutto bambini e ragazzi delle scuole, scoprono le meraviglie della scienza. Exhibit interattivi, mostre tematiche (in autunno l’appuntamento fisso con Futuro Remoto) e uno splendido Planetario sono solo una parte della storia di Città della Scienza, fatta anche di tanti nomi illustri che ne sono stati ospiti negli anni, tante iniziative anche con paesi molto distanti, come la Nigeria o la Palestina, con cui sono siglati accordi per costruire lì dei science center sul modello di quello napoletano.

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Nel 2003 l’apertura dello Spazio Eventi, che funge da centro congressi, il più grande in Campania, completa la prima parte di Città della Scienza. L’ultima è Corporea, il museo interattivo del corpo umano, che dovrebbe essere il primo in Europa, unitamente a un Planetario più grande e moderno. Ma nel 2010 il cantiere si ferma, mancano i soldi. La crisi comincia a farsi sentire. Diventa sempre più difficile portare avanti i progetti e tenere aperto il science center. La politica guarda altrove. Ciò nonostante, i dipendenti – gli stessi che all’indomani del rogo si abbracciano smarriti di fronte alle macerie fumanti – accettano tutti i sacrifici, dal taglio degli stipendi al congelamento delle retribuzioni. Vanno a lavorare al mattino presto e molti lasciano gli uffici ben dopo l’orario di lavoro. Tra mille difficoltà, viene inaugurata a novembre la 26° edizione di Futuro Remoto, “Le Fabbriche del Cielo”, dedicata allo spazio. Pochi giorni prima Città della Scienza ospita un grande show realizzato dalla Rai con Fabiola Gianotti e Guido Tonelli, i due fisici che hanno contribuito in modo decisivo alla recente scoperta del bosone di Higgs al CERN di Ginevra, insieme al presidente dell’INFN (l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) Fernando Ferroni. È un successo enorme, i posti – centinaia – vanno a ruba. Qualche mese fa, poi, l’inaugurazione del Teatro stabile Galileo, il primo teatro scientifico in Italia, gestito dalla compagnia “Le Nuvole”. È l’unico padiglione rimasto intatto, il fuoco lì non è arrivato.

Negli anni il modello di Città della Scienza aveva fatto scuola. Science center sono nati a Trieste, a Perugia, a Torino, a Catania, e prossimamente ne sarà aperto uno nuovo di zecca a Trento. Ma il complesso di Città della Scienza, adagiato sul mare di Bagnoli, era più di un semplice museo scientifico interattivo. Ha dimostrato il successo di metodi di comunicazione della scienza 2.0, hands-on, dove i visitatori sono invitati a toccare, sperimentare, partecipare. Ha rappresentato la culla di intere generazioni di nuovi scienziati, che visitandone i padiglioni hanno iniziato a scoprire per la prima volta la scienza. Ha simboleggiato, per Napoli, il desiderio di un riscatto, di un rinascimento sempre rimandato. Fino a oggi, quando in poche ore le fiamme distruggono il lavoro di una vita. Dal suo ufficio, rimasto intatto, Vittorio Silvestrini, che oggi ha 78 anni, guarda ciò che ne è rimasto. “La ricostruiremo più bella di prima”, promette in un sussurro.

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