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Vivaio di stelle scoperto in una galassia antichissima, ma non dovrebbe esserci: cos’è successo

Ricercatori giapponesi guidati da astrofisici dell’Università di Nagoya hanno scoperto un vivaio di stelle nel cuore di un’antichissima galassia di 13,2 miliardi di anni, originata nell’Universo primordiale. Per spiegare la sua presenza, che cozza con i modelli teorici più accreditati, gli scienziati hanno ipotizzato che la galassia ha avuto due periodi di formazione stellare, uno a 300 milioni di anni dal Big Bang e un altro a 600 milioni di anni.
A cura di Andrea Centini
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Credit: NAOJ
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Nel cuore di un'antichissima galassia di 13,2 miliardi di anni è stato osservato un vivaio di stelle che non dovrebbe essere lì, e che può essere spiegato solo modificando i modelli teorici più accreditati relativi alla formazione stellare. Ma procediamo con ordine.

Segnale radio. Gli scienziati hanno innanzitutto rilevato un segnale radio che indica l'abbondante presenza di polvere interstellare (il vivaio di cui sopra), una “culla” dove nascono le nuove stelle, ma anche nuovi sistemi e pianeti. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse proprio per la veneranda età della galassia chiamata Macs0416_Y1, una delle prime ad essere originate nell'Universo primordiale. Poiché la polvere interstellare e gli elementi pesanti come l'ossigeno derivano proprio dalle stelle “morte” che danno vita a un ciclo di rinascita, l'abbondanza di ciò che è stato rilevato suggerisce che una grande quantità di stelle doveva essere già esplosa nella giovanissima galassia, che ha solo 600 milioni di anni in più del Big Bang, l'evento che ha dato il via all'espansione dell'Universo. Tutto questo cozza con i nostri modelli teorici sulla formazione delle stelle. Insomma, quelle nubi di polveri e gas non dovrebbero essere lì. Come si spiega, dunque, un simile fenomeno?

Credit: ALMA (ESO / NAOJ / NRAO), Telescopio spaziale Hubble NASA / ESA, Tamura et al .
Credit: ALMA (ESO / NAOJ / NRAO), Telescopio spaziale Hubble NASA / ESA, Tamura et al .

Nate due volte. Una risposta è stata data dagli astrofisici giapponesi che hanno rilevato il segnale grazie all'ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), un potentissimo radiointerferometro piazzato su una montagna nel deserto di Atacama, in Cile. Gli scienziati, coordinati dal professor Yoichi Tamura, docente presso la Division of Particle and Astrophysical Science dell'Università di Nagoya, hanno puntato la galassia Macs0416_Y1 – sita nel cuore della costellazione di Eridano – con diversi strumenti ottici, tra i quali il Telescopio Spaziale Hubble, il Telescopio Spaziale Spitzer e il VLT (Very Large Telescope) dell'Osservatorio Europeo Australe (ESO). La luce che hanno rilevato dimostra che le stelle della galassia hanno 4 milioni di anni, ma sono troppo pochi per spiegare una simile abbondanza di polveri e gas. Tamura e colleghi hanno proposto varie teorie, ma l'unica in grado di spiegarla senza stravolgere (troppo) i modelli teorici è un processo di formazione stellare avvenuto in due fasi, e non in uno solo. In parole semplici, le prime stelle della galassia sarebbero nate 300 milioni di anni dopo il Big Bang, un processo andato avanti per 100 milioni di anni e che poi si è arrestato. Dopo un periodo di pausa l'attività di formazione stellare sarebbe ripresa 600 milioni di anni dopo il Big Bang. Con questo modello di formazione stellare è possibile dare una spiegazione al segnale rilevato, anche se gli astrofisici hanno ancora moltissimo da comprendere su questi affascinanti meccanismi. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata The Astrphysical Journal.

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