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Vita su Marte? Indizi fotografici su funghi in crescita, licheni e alghe: la ricerca

Un team di ricerca indipendente ha fornito indizi sulla possibile presenza di vita su Marte, ricavati dall’analisi di duecento studi e fotografie scattate dai rover Curiosity e Opportunity. Sul Pianeta rosso potrebbero vivere funghi, licheni, alghe, colonie battaeriche e chissà quali altri organismi.
A cura di Andrea Centini
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Credit: NASA
Credit: NASA

C'è vita su Marte? Molto probabilmente sì, e sarebbe rappresentata da funghi, batteri, alghe e licheni, fotografati dagli “occhi” dei rover Curiosity e Opportunity. A ipotizzarlo, fornendo diversi indizi (ma non prove effettive) a sostegno, un team di ricerca composto da studiosi indipendenti, tra i quali figurano anche gli italiani V. Rizzo e N. Cantasano del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) I.S.A.FO.M. U.O.S di Cosenza e G. Bianciardi del Dipartimento di Biotecnologie Mediche dell'Università di Siena. Gli studiosi del Bel Paese hanno collaborato col dottor R. Gabriel Joseph del Laboratorio di neuroscienza per la ricerca sul cervello (Stati Uniti) e con la dottoressa Regina Dass della Scuola di Scienze della Vita presso l'Università Pondicherry (India), autrice principale della ricerca.

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Vita su Marte. Può sembrare assurdo che a fare un simile, storico annuncio non sia stata la NASA ma un gruppo di ricerca indipendente – del resto sono stati proprio i preziosissimi rover dell'Agenzia spaziale americana ad aver individuato queste potenziali forme di vita -, tuttavia gli autori dello studio sono convinti che ciò che hanno analizzato sia compatibile con la biologia, pur non escludendo assolutamente l'origine abiogenica (non organica) del materiale immortalato da Curiosity e Opportunity. Dass e colleghi sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato circa duecento studi peer-reviewed dedicati alle strutture peculiari documentate sulla superficie marziana, ai cicli stagionali del metano del Pianeta Rosso e alla cosiddetta panspermia, la teoria secondo cui i semi della vita hanno viaggiato nell'Universo.

Funghi
Funghi

Funghi. Tra le strutture più significative finite sotto esame degli studiosi ci sono quelle che sembrano dei veri e propri funghi, nello specifico basidiomiceti dal caratteristico cappello a “palloncino”. Le formazioni sono state immortalate dal rover Opportunity in giorni differenti e dunque mostrerebbero addirittura un processo di crescita dopo tre sol (giorni marziani). Nella foto sottostante è possibile osservarli a Sol 145 (sinistra) e a Sol 148 (destra); non solo si nota la presunta crescita dei cappelli, ma anche la nascita di nuovi piccoli funghi. Gli stessi studiosi non escludono che possa trattarsi di ematite, un minerale del ferro che a sua volta può essere legato ad attività biologica (come sottolineato da Dass e colleghi). La differenza nelle dimensioni e la “nascita” dei nuovi funghi potrebbe tuttavia essere legata al passaggio del vento, dunque non si tratta di prove ma di indizi di possibile vita.

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Prove "circostanziali". Altre strutture con dimensioni tra i 2 millimetri e i 7 millimetri sono molto affini ai licheni terrestri, e pocihé non si conoscono processi geologici in grado di dar vita a formazioni con un gambo e una “testa” simile a un fungo, si tratta di un'ipotesi plausibile. Anche in questo caso non si può escludere che si tratti di semplici sedimenti marziani. Altre fotografie mostrerebbero invece la crescita di colonie batteriche nelle parti interne dei rover, formazioni simili a stromatoliti e affioramenti che ricordano microbialiti terrestri costruite dai cianobatteri. Secondo gli autori dello studio queste forme di vita aliena potrebbero essere sostenute anche in assenza di ossigeno, inoltre le variazioni stagionali del metano rilevate su Marte rappresenterebbero un'altra prova dell'esistenza della vita (sulla Terra il 90% del metano deriva da organismi viventi). Come suggeriscono i ricercatori, molte delle prove restano comunque "circostanziali e non verificate", e andranno quindi verificate con indagini più approfondite. I dettagli della controversa ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of Astrobiology e Space Science Reviews (tre degli otto revisori hanno respinto l'articolo).

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