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Covid 19

Variante Omicron infetta i vaccinati in UK: oltre il 50% dei casi in persone con due dosi

Nel nuovo rapporto della UK Health Security Agency si evidenzia che dei 22 casi di variante Omicron in Inghilterra oltre il 50% riguarda vaccinati con due dosi.
A cura di Andrea Centini
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Come evidenziato nei giorni scorsi dal dottor Trevor Bedford, ricercatore presso la divisione vaccini e malattie infettive e del programma di biologia computazionale del Fred Hutchinson Cancer Research Center, la minaccia principale della nuova variante Omicron emersa in Sudafrica non sarebbe la maggiore trasmissibilità, bensì la capacità di eludere i vaccini (fuga immunitaria). I calcoli preliminari dello scienziato avevano rilevato che, con una popolazione immunizzata attorno all'80-90 percento contro i precedenti ceppi del coronavirus SARS-CoV-2, la nuova variante emersa in Sudafrica avrebbe potuto manifestare una capacità di evadere le difese immunitarie fino a oltre l'80 percento. Un dato drammatico, solo lievemente attenuato dal fatto che al momento i sintomi scatenati sembrerebbero essere lievi (ma la casistica è ancora troppo bassa). I dati provenienti dal Regno Unito sui primi casi di variante Omicron sembrano confermare la capacità della variante Omicron (B.1.1.529) di “bucare” lo scudo immunitario nei vaccinati.

Come evidenziato nell'ultimo rapporto pubblicato dalla UK Health Security Agency, al 30 novembre 2021 sono stati registrati 22 casi di variante Omicron, grazie al sequenziamento genomico dei campioni virali ottenuti dai pazienti positivi. In poco più della metà dei casi, ovvero 12 su 22, il contagio si è verificato in persone vaccinate con almeno due dosi di vaccino anti Covid, con la seconda fatta almeno da 14 giorni. Com'è noto, infatti, per ottenere il massimo della protezione immunitaria è necessario attendere un paio di settimane dopo la seconda inoculazione. Due casi sono stati osservati in pazienti che avevano ricevuto la prima dose oltre 28 giorni fa; sei hanno riguardato persone non vaccinate e per due non erano invece disponibili informazioni sullo stato di immunizzazione. Tenendo presente che al momento, in base ai dati Our World in Data, nel Regno Unito c'è poco meno del 70 percento della popolazione totalmente vaccinata e che i vaccini non hanno un'efficacia contro l'infezione al 100 percento, è inevitabile che alcune persone vaccinate vengano comunque contagiate; tuttavia il fatto che oltre la metà dei casi riguardi proprio chi ha ricevuto le due dosi è significativo. “Numeri piccoli ma che confermano in qualche misura la fuga immunitaria”, ha specificato su Twitter l'epidemiologo americano Eric Topol.

Il dato si allinea al rischio di reinfezione nei guariti evidenziato dai ricercatori sudafricani dell'Istituto Nazionale per le Malattie Trasmissibili – Divisione del National Health Laboratory Service, dopo aver messo a confronto i tassi dei contagi nelle diverse ondate della pandemia di COVID-19 (tra il 4 marzo del 2020 e il 27 novembre 2021). Gli scienziati hanno osservato che la variante Omicron ha una capacità di infettare i guariti “sostanzialmente superiore” rispetto alle varianti Beta e Delta, pari a ben 2,4 volte. Lo sfondamento delle difese innescate da una precedente infezione naturale non significa automaticamente che ciò si verifichi anche con quelle derivate dalla vaccinazione; per questa ragione gli scienziati sono alacremente impegnati a condurre test di neutralizzazione in laboratorio con il sangue dei vaccinati, sia con 2 che con 3 dosi. Come ipotizzato dall'amministratore delegato di BioNTech Ugur Sahin, il creatore del vaccino anti Covid a mRNA "Comirnaty" di Pfizer, ci si aspetta che la variante Omicron possa contagiare anche i vaccinati, tuttavia si resterebbe sostanzialmente protetti dal rischio di COVID-19 grave, ricovero in ospedale e morte. I dati sulla sintomatologia, come sottolineato, fino ad ora sembrano fortunatamente incoraggianti.

Alla luce di questa capacità di fuga immunitaria, legata alle numerosissime mutazioni che caratterizzano la variante Omicron (ben 32 delle quali sulla proteina S o Spike), si fa sempre più concreta la necessità di un vaccino aggiornato contro di essa, sul quale sono già al lavoro le principali case farmaceutiche. Considerando che la vaccinazione contro il coronavirus SARS-CoV-2 potrebbe diventare periodica come quella contro l'influenza, il booster con l'aggiornamento anti Omicron potrebbe essere somministrato in una delle prossime fasi di richiamo della campagna vaccinale. Non a caso già si parla di quarta dose “molto probabile”.

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