Vaccino di Johnson&Johnson sospeso per la stessa trombosi legata ad AstraZeneca: la possibile causa
Per il vaccino anti Covid a vettore virale di Johnson & Johnson è stata richiesta la sospensione a scopo puramente precauzionale negli Stati Uniti in seguito all'emersione di rarissimi eventi tromboembolici, verificatisi entro due settimane dalla somministrazione del farmaco. La trombosi coinvolta è la rarissima trombosi della vena sinusale (una forma di trombosi cerebrale) associata a carenza di piastrine (trombocitopenia). Sembra dunque ripetersi il medesimo copione che alla metà di marzo, in Europa, ha portato alla temporanea sospensione del vaccino “Vaxzevria” della società biofarmaceutica anglo-svedese AstraZeneca.
L'evento tromboembolico sotto osservazione degli esperti della Food and Drug Administration (FDA) e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani è infatti esattamente lo stesso innescato in (rarissimi, lo ribadiamo) casi dopo la vaccinazione con l'AstraZeneca. A questo punto gli scienziati sospettano che dietro al rischio di coaguli di sangue nel cervello associati a carenza di piastrine vi sia la tecnologia alla base dei vaccini a vettore virale. Sia il Vaxzevria di AstraZeneca-Oxford-Irbm che il JNJ-78.436.735/Ad26.COV2.S prodotto da Janssen Pharmaceutica (una divisione belga di Johnson & Johnson), infatti, si basano sull'adenovirus Ad26, un virus responsabile del raffreddore nelle scimmie che viene reso innocuo in laboratorio attraverso l'ingegneria genetica. Attraverso questo processo viene trasformato in una “navetta di trasporto”, per consegnare l'informazione genetica della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2 nel nostro organismo e innescare così l'immunizzazione.
Secondo gli esperti che stanno indagando sui casi associati all'AstraZeneca, l'evento tromboembolico sarebbe una peculiare risposta immunitaria, un meccanismo indotto dal vaccino che comporterebbe la distruzione delle piastrine da parte degli anticorpi scaturiti dall’immunizzazione, e che a sua volta attiverebbe sostanze in grado di stimolare la generazione di coaguli di sangue. Come affermato durante una conferenza stampa dal dottor Peter Mark, direttore dell'FDA Center for Biologics Evaluation Research, analizzando i casi seguiti all'inoculazione del Johnson & Johnson (6 su 6,8 milioni di somministrazioni) è stato osservato il medesimo pattern clinico emerso dopo le vaccinazioni con AstraZeneca. La reazione è affine alla “trombocitopenia indotta da eparina” o HIT, una reazione che in alcuni pazienti si innesca dopo la somministrazione del farmaco fluidificante del sangue (anche in questo caso possono svilupparsi coaguli di sangue e carenza di piastrine). Gli scienziati dell'Università di Greifswald guidati dal professor Andreas Greinacher, che per primi avevano intuito una potenziale associazione tra il vaccino anti Covid di AstraZeneca e i rarissimi casi di trombosi della vena sinusale associata a trombocitopenia, hanno già coniato un nome per la nuova condizione medica, definita “Sindrome da trombocitopenia immunitaria protrombotica indotta da vaccino” o VIPIT.
Naturalmente non è detto che ciò che è stato osservato con l'AstraZeneca sia completamente sovrapponibile con gli eventi emersi dopo la vaccinazione con il Johnson & Johnson; soltanto indagini approfondite potranno appurarlo. Vi è comunque un ulteriore punto di contatto tra gli eventi di trombosi cerebrale, ovvero la popolazione coinvolta: i 6 casi emersi negli Stati Uniti e legati al vaccino di Johnson & Johnson riguardano infatti tutte donne giovani, con un'età compresa tra i 18 e i 48 anni (una paziente è deceduta, un'altra è in condizioni critiche, in base a quanto comunicato dalla FDA durante la conferenza stampa). Anche i rarissimi casi associati all'AstraZeneca hanno riguardato prevalentemente donne giovani. Non a caso, sebbene l'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) non abbia posto limiti dopo la revisione dei dati, i Paesi europei – Italia compresa – hanno deciso di raccomandare il Vaxzevria solo alle persone con un'età superiore ai 60 anni.
Dato il verosimile coinvolgimento del vettore virale – presente anche in altri vaccini anti Covid – nella rara risposta immunitaria, gli scienziati dovranno trovare una soluzione al potenziale problema per eliminare del tutto o ridurre ulteriormente il già rarissimo rischio di trombosi. Tra le possibili soluzioni vi sarebbe una riduzione delle concentrazioni di principio attivo nelle dosi, ma tutti gli interventi andranno naturalmente presi dopo studi appropriati. Durante la conferenza stampa dell'FDA, le dottoresse Janet Woodcock Acting (FDA Commissioner) e Anne Schuchat (Principal Deputy Director dei CDC), hanno affermato che lo stop del vaccino di Johnson & Johnson servirà agli esperti per revisionare tutti i dati sui casi emersi, capire se sussista o meno l'effettiva correlazione col farmaco e permettere agli operatori sanitari di organizzarsi per la gestione degli eventuali eventi tromboembolici, che vanno seguiti da esperti di ematologia.
L'improvviso stop negli Stati Uniti dovrebbe durare per pochi giorni, come confermato dagli esperti, tuttavia l'annuncio di FDA e CDC si è già riflesso sulle consegne delle dosi di Johnson & Johnson in Europa, che al momento sono state congelate. Eventuali limitazioni per determinate fasce d'età come per l'AstraZeneca verranno decise solo dopo aver analizzato accuratamente tutti i dati, dato che al momento la sospensione è stata presa per pura precauzione.