Vaccino Johnson&Johnson: come funziona, efficacia ed effetti collaterali
Era previsto per questo mese di aprile l'arrivo in Italia delle prime 184mila dosi del vaccino anti Covid monodose di Johnson&Johnson. Per il siero prodotto da Jassen è stata momentaneamente rinviata la distribuzione in Italia ed in Europa dopo che gli Usa ne hanno bloccato la somministrazione a seguito di rari casi di trombosi. Il farmaco, chiamato JNJ-78.436.735 o Ad26.COV2.S, lo scorso 11 marzo è stato il quarto ad essere approvato dall'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), dopo quelli di Pfizer e BioNTech; l'mRNA-1273/CX-024414 di Moderna Inc-NIAID; e l'AZD1222/ChAdOx1 (ora Vaxzevria) di AstraZeneca. Con l'autorizzazione all'uso di emergenza da parte dell'EMA è arrivato a stretto giro anche il via libera dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Il vaccino, considerato efficace e sicuro in base al "bugiardino" dell'EMA, è stato messo a punto dagli scienziati di Janssen Pharmaceutica – una divisione di Johnson & Johnson con sede in Belgio – in stretta collaborazione col Beth Israel Deaconess Medical Center, ed è l'unico che prevede la somministrazione in un'unica dose. Si basa su vettori derivati da adenovirus e le dosi possono essere conservate in frigorifero tra i 2°C e gli 8°C per tre mesi. Ecco tutto ciò che sappiamo su efficacia, sicurezza ed effetti collaterali del vaccino anti Covid di Johnson & Johnson.
Come funziona il vaccino Johnson & Johnson
Il vaccino anti Covid di Johnson & Johnson si basa sulla tecnologia del vettore virale, una “navetta di trasporto” per consegnare nell'organismo l'informazione genetica della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2, ovvero il “grimaldello biologico” sfruttato dal patogeno per legarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, rompere la parete cellulare e riversare l'RNA virale all'interno, meccanismo che avvia la replicazione che è alla base dell'infezione (COVID-19). Colpendo la proteina S si impedisce al coronavirus di agganciarsi alle cellule umane, determinando così l'immunizzazione; ecco perché è il principale bersaglio di tutti i vaccini anti Covid. Come indicato, nel caso del vaccino JNJ-78.436.735 o Ad26.COV2.S viene sfruttato un vettore virale, l'adenovirus Ad26 responsabile del comune raffreddore nelle scimmie; il patogeno viene ingegnerizzato in laboratorio e reso “innocuo”, cioè impossibilitato a replicarsi una volta inoculato nel nostro organismo. Il suo compito, infatti, è quello di trasportare l'informazione genetica della proteina S, che in questo caso è racchiusa in un doppio filamento di DNA. I vaccini a mRNA (RNA messaggero) di Pfizer e Moderna sfruttano invece un singolo filamento di RNA, custodito in nanoparticelle lipidiche. Una volta inoculato nel braccio, l'Ad26 che “equipaggia” il gene per la proteina S si aggancia alle cellule umane che lo inglobano, spingendolo al rilascio del DNA. L'adenovirus non può replicarsi nelle cellule umane, ma il doppio filamento di DNA può essere letto e copiato in una molecola di mRNA, che spinge le cellule ad avviare la produzione della proteina S. Una volta formate, le glicoproteine vengono trasportate sulla superficie della cellula dove attivano il sistema immunitario, che le riconosce come “nemiche” e inizia così la produzione di anticorpi neutralizzanti e altre cellule per attaccarle e memorizzarle. Questo elegantissimo processo è alla base dell'immunizzazione che ci protegge dalla COVID-19.
Efficacia e sicurezza del vaccino Johnson & Johnson
La Food and Drug Administration (FDA) americana e l'Agenzia Europea per i Medicinali hanno autorizzato il vaccino anti Covid di Johnson & Johnson sulla base dei risultati clinici dello studio di Fase 3 chiamato ENSEMBLE. Johnson & Johnson aveva inizialmente previsto di coinvolgere 60mila volontari, ma i risultati sono stati rilevati su un campione di circa 45.000 partecipanti. In un comunicato stampa pubblicato il 29 gennaio, il colosso farmaceutico (e di prodotti per l'igiene personale) comunicò che il suo vaccino, a 28 giorni dall'inoculazione dell'unica dose, determinava una protezione dell'85 percento contro la COVID-19 grave (come una severa malattia sistemica, insufficienza respiratoria, insufficienza d'organo e shock) e del 100 percento contro il ricovero in ospedale e la morte. La sperimentazione è stata condotta in più Paesi, determinando alcune differenze in termini di efficacia contro l'infezione sintomatica, a causa delle varianti in circolazione. Quella complessiva è risultata essere del 66 percento (468 casi di COVID-19 sintomatica su 44mila casi); negli Stati Uniti è stata del 72 percento; in America Latina del 66 percento e in Sudafrica del 57 percento. Dall'analisi dei dati da parte dell'FDA, che ha approvato il vaccino il 27 febbraio, l'efficacia contro i sintomi è stata confermata al 72 percento per gli USA, alzata al 64 percento per il Sudafrica e abbassata al 61 percento per l'America Latina. L'EMA ha invece determinato un'efficacia complessiva del 67 percento contro la patologia sintomatica. Sebbene si tratti di un valore più basso del 94-95 percento rilevato con i vaccini a mRNA di Moderna e Pfizer, va ricordato che Johnson & Johnson ha condotto i test quando già circolavano le varianti del coronavirus, inoltre si basa su una singola dose e su una tecnologia differente. Il farmaco avrebbe un'efficacia di poco inferiore al 90 percento nel garantire la protezione dall'infezione asintomatica, pertanto può giocare un ruolo fondamentale anche nella prevenzione della trasmissione. Il vaccino è stato generalmente ben tollerato dai partecipanti ai trial clinici e considerato sicuro dalle autorità regolatorie, che altrimenti non avrebbero concesso il via libera.
Composizione
Come si legge dal bugiardino dell'Ema, una dose (0,5 mL) contiene, oltre all'Adenovirus di tipo 26 che codifica per la glicoproteina spike di SARS-CoV-2 (Ad26.COV2-S):
- 2-idrossipropil-β-ciclodestrina (HBCD)
- Acido citrico monoidrato
- Etanolo
- Acido cloridrico
- Polisorbato 80
- Sodio cloruro
- Sodio idrossido
- Citrato trisodico diidrato
- Acqua per preparazioni iniettabili
Reazioni avverse ed effetti collaterali
Come indicato, il vaccino anti COVID di Johnson & Johnson è risultato sicuro ed ampiamente tollerato dai volontari coinvolti nei trial clinici. Gli effetti collaterali segnalati, da circa 1 partecipante su 10, sono stati infatti lievi o moderati, e sono spariti tutti nell'arco di 24 – 48 ore. Tra quelli indicati figurano dolore, arrossamento e gonfiore al sito dell'iniezione, spossatezza, dolori muscolari, nausea, mal di testa e febbre. Sono tutte reazioni attese dai medici e in comune con quelle di qualsiasi altro vaccino, compreso quello stagionale contro l'influenza. Questi sintomi, infatti, stanno a significare che il vaccino sta facendo il suo dovere, stimolando il sistema immunitario ad attaccare la proteina S creata all'interno del nostro organismo. Più raramente (1 caso su 100) sono emersi tosse, sudorazione, eruzione cutanee e dolore alla schiena, mentre in meno di 1 su mille si sono verificate reazioni allergiche agli eccipienti. Come sottolineato in un comunicato da Johnson & Johnson, “esiste una remota possibilità che il vaccino Janssen COVID-19 possa causare una grave reazione allergica”, ovvero uno shock anafilattico. Poiché tale (rarissimo) evento generalmente si verifica nel giro di pochi minuti dopo l'inoculazione dei vaccini, per precauzione tutti i vaccinati vengono tenuti sotto controllo per almeno un quarto d'ora dopo l'iniezione. I medici sono pronti a intervenire con farmaci ad hoc e tenere sotto controllo eventuali reazioni di questo tipo.
Somministrazione
Uno dei vantaggi più significativi del vaccino anti Covid di Johnson & Johnson è quello di essere basato su una singola iniezione intramuscolare. Tutti gli altri vaccini approvati fino ad oggi si basano su una prima iniezione (prime) e su un richiamo o boost, fissato a tre settimane di distanza dalla prima per lo Pfizer e a tre mesi per l'AstraZeneca. Garantendo l'immunizzazione con una singola dose, il JNJ-78.436.735/Ad26.COV2.S potrà accelerare in modo significativo la campagna vaccinale globale aiutando i Paesi a raggiungere prima l'immunità di gregge. Naturalmente non si esclude che in futuro possano essere predisposti dei richiami a ciclo annuale, ma tutto dipenderà dalla durata dell'immunizzazione offerta, un dato ancora non noto per ogni vaccino anti COVID sino ad oggi approvato (l'AIFA segnala un possibile intervallo di 9-12 mesi, e non a caso alcuni Paesi stanno già predisponendo la terza dose nell'autunno 2021 per gli operatori sanitari che sono stati vaccinati con Pfizer-Moderna-AstraZeneca all'avvio della campagna vaccinale)
Conservazione
Il vaccino anti Covid di Johnson & Johnson si basa sull'istruzione genetica della proteina S memorizzata in un doppio filamento di DNA, e poiché il DNA e decisamente più resistente e meno degradabile dell'RNA, ciò permette una conservazione a temperature meno rigide – e per tempi più lunghi – rispetto a quella necessaria per proteggere i vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna. Nello specifico, il JNJ-78.436.735/Ad26.COV2.S può essere conservato per 3 anni a – 20° C e per tre mesi a una temperatura di refrigerazione di routine compresa tra i 2 e gli 8° C. In altri termini, resiste per tre mesi in frigorifero, un tempo ampiamente sufficiente per conservarlo, stoccarlo, trasportarlo e distribuirlo in ogni angolo del mondo, anche nelle aree più remote dove non sono disponibili congelatori farmaceutici per temperature ultrafredde (per la conservazione dello Pfizer, ad esempio, è necessaria una temperatura tra i – 70 e i – 80° C superata una certa soglia a temperature più alte)
Efficacia contro le varianti
Il vaccino di Johnson & Johnson, così come lo Pfizer e il Moderna, è considerato efficace anche contro le varianti, come dichiarato dal responsabile della strategia vaccini dell'Agenzia Europea per i Medicinali dottor Marco Cavaleri, intervenuto durante un'audizione alla commissione Sanità del Parlamento europeo. I dati dello studio ENSEMBLE e delle successive revisioni di EMA ed FDA evidenziano un'efficacia inferiore contro la COVID-19 sintomatica nei Paesi in cui circolano le “varianti di preoccupazione”. Essa è infatti risultata pari al 64 percento in Sudafrica, dove circola la variante sudafricana (B.1.351 e 501Y.V2) e al 61 percento in America Latina, dove è presente la variante brasiliana P.1. Tuttavia, la protezione dalla morte per COVID-19 risulta essere sempre del 100 percento.Flaconcino multidose che contiene 5 dosi da 0,5 mL. Una dose (0,5 mL) contiene: Adenovirus di tipo 26 che codifica per la glicoproteina spike di SARS-CoV-2* (Ad26.COV2-S), non meno di 8,92 log10 unità infettanti (U. Inf.). * Prodotto nella linea cellulare PER.C6 TetR e mediante tecnologia del DNA ricombinante. Il prodotto contiene organismi geneticamente modificati (OGM). Eccipienti con effetti noti Ciascuna dose (0,5 mL) contiene circa 2 mg di etanolo. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.