Vaccino anti coronavirus più vicino: risultati promettenti da preparazioni di Oxford e cinese
Due dei vaccini candidati in sviluppo per combattere il coronavirus SARS-CoV-2 stanno dando segnali molto incoraggianti in fase di sperimentazione. È ancora presto per affermare che si tratti di preparazioni sicure ed efficaci, in grado di garantire una protezione a lungo termine contro la COVID-19, ciò nonostante, sulla base di due studi pubblicati lunedì 20 sull'autorevole rivista scientifica The Lancet, è stato dimostrato che sono in grado di innescare una robusta risposta immunitaria e la produzione significativa di anticorpi neutralizzanti, senza determinare effetti collaterali gravi. Si è dunque sulla buona strada per ottenere in tempi relativamente brevi un'arma che potrebbe aiutarci a uscire dalla pandemia.
I due vaccini candidati in questione sono il ChAdOx1 (o AZD1222) sviluppato dallo Jenner Institute dell'Università di Oxford in collaborazione con l'azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia e l'Ad5-nCoV, messo a punto dalla CanSino Biological Inc. e dall'Istituto di Biotecnologie di Pechino col contributo dell'Accademia Militare delle Scienze cinese. Entrambi si basano su un adenovirus vettore inattivato, cioè non in grado di infettare, che è stato modificato per trasportare come una “navetta” le proteine virali da presentare all'organismo, al fine di determinare l'immunità. Nel caso specifico, il bersaglio è la proteina S o Spike del coronavirus, quella che si lega al recettore ACE2 delle cellule umane e permette l'invasione, il processo di replicazione e dunque l'infezione.
Come indicato, i risultati di studi clinici condotti con le due preparazioni sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Lancet. Nel caso del vaccino di Oxford, la preparazione è stata somministrata a 543 volontari di un gruppo di circa mille adulti sani, con un'età compresa tra i 18 e i 55 anni; l'altra metà – il gruppo di controllo – è stata invece trattata con un vaccino contro la meningite. Dallo studio di fase 1/2, in cieco, randomizzato e controllato, è emerso che il vaccino ha indotto immunità fino al 56esimo giorno (quando è stato chiusa la prima parte dell'indagine) a partire dall'inizio della sperimentazione. Tutti i volontari hanno evidenziato una risposta immunitaria con sviluppo delle cellule T, mentre la produzione di anticorpi neutralizzanti è stata osservata in tutti quelli che hanno ricevuto due dosi.
Per quanto concerne il vaccino cinese Ad5-nCoV, sono state coinvolte circa 500 persone in uno studio di fase II: in 253 hanno ricevuto una dose elevata, 129 hanno ricevuto una dose bassa e 126 sono stati trattati con un placebo. Il 95 percento del primo gruppo ha sviluppato una risposta immunitaria con cellule T e produzione di anticorpi neutralizzanti, contro il 91 percento del secondo gruppo con dose ridotta. In questo caso l'immunogenicità è stata osservata fino al 28esimo giorno, quando si è conclusa la prima fase dello studio.
Con entrambi i vaccini sono stati riscontrati effetti collaterali lievi, come spossatezza, dolore nel sito dell'iniezione, mal di testa e altra sintomatologia, che è stata contrastata con paracetamolo nel caso del vaccino di Oxford. Come specificato, è ancora troppo presto per essere sicuri che le due preparazioni garantiscano un'effettiva protezione contro la COVID-19, e soprattutto per sapere quanto tempo essa duri. Le risposte arriveranno nelle prossime settimane grazie agli studi di fase III attualmente in corso.
Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva dell'Università Johns Hopkins, nel mondo risultano essere state contagiate dal coronavirus SARS-CoV-2 14,7 milioni di persone, mentre i decessi sfiorano le 610mila unità. Su scala globale le curve epidemiologiche continuano a correre, e il rischio di una seconda ondata sta minacciando i Paesi in cui lockdown e altre misure restrittive sono riuscite ad abbattere la catena dei contagi. Alla luce di questa situazione, avere al più presto un vaccino sicuro ed efficace rappresenterebbe una vera e propria svolta nel contrasto alla pandemia. Normalmente ci vorrebbero 6-8 anni per lo sviluppo e la produzione su larga scala di una nuova preparazione, ma l'impegno globale per sconfiggere il coronavirus sta nettamente accorciando queste tempistiche. Le prime dosi potrebbero essere rese disponibili già entro la fine dell'anno, ma come indicato sarà necessario attendere i risultati degli studi clinici in corso.