Uno “tsunami” di onde gravitazionali scoperto nello spazio profondo: ecco da cosa originano
Nell'ultima sessione osservativa di onde gravitazionali, condotta tra novembre 2019 e marzo 2020, gli avanzatissimi interferometri LIGO e VIRGO hanno captato ben 35 nuovi segnali. Si tratta di un numero eccezionale, il più alto mai ottenuto da un singola sessione da quando gli scienziati hanno scoperto (nel settembre 2015) le prime onde gravitazionali. Da allora, dopo aver migliorato costantemente gli strumenti per dare la caccia alle increspature dello spaziotempo, sono ben 90 le onde gravitazionali intercettate, che stanno aiutando gli esperti ad ampliare la conoscenza sui fenomeni che si verificano nello spazio profondo.
Le 35 nuove onde gravitazionali sono state scoperte e descritte da un copioso team di ricerca internazionale composto da scienziati della LIGO Scientific Collaboration, della Virgo Collaboration e della KAGRA Collaboration. Il LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) è un grande interferometro che si trova negli Stati Uniti, il Virgo è installato in Italia (nel comune di Cascina, in provincia di Pisa), mentre il KAGRA è stato costruito in Giappone e si trova nell'ultima fase di test, prima di diventare pienamente operativo. I primi due strumenti sono stati costantemente aggiornati dagli scienziati per permettere un'indagine sempre più approfondita e in un'area più vasta dello spazio. Nella prossima sessione osservativa, la quarta, che si terrà nel 2022, gli scienziati puntano a raggiungere “una capacità di osservazione ancora superiore, corrispondente a un volume dell’universo quasi 10 volte più grande e quindi a una probabilità molto maggiore di captare segnali gravitazionali”, ha sottolineato dall'Istituto Nazionale di Fisica e Astronomia (INFN) in un comunicato stampa.
I fenomeni rilevati nella terza fase osservativa sono stati aggiunti al catalogo aggiornato di sorgenti transienti di onde gravitazionali (GWTC-3) e derivano tutti da eventi estremi verificatisi nello spazio profondo, come la fusione di coppie di buchi neri e stelle di neutroni. Si tratta di alcuni degli eventi più “catastrofici” ed energetici che possono verificarsi nell'Universo, ed è proprio grazie alla loro violenza – in grado di perturbare lo spaziotempo – che i nostri strumenti più precisi e sensibili riescono a captarli sulla Terra. La maggior parte di queste onde gravitazionali deriva dalla fusione di coppie di buchi neri, mentre un paio di esse sono state originate dallo scontro tra un buco nero e una stella di neutroni. Grazie all'analisi dei dati raccolti si possono ottenere informazioni preziose su questi misteriosi oggetti celesti, come dettagli sulle masse. Ad esempio, è stato determinato che l'onda gravitazionale GW200220_061928 è stata determinata da un buco nero di 87 masse solari che si è fuso con un altro di 61 masse solari, dando vita a un nuovo “cuore di tenebra” di 141 masse solari.
In un caso rilevato nel 2020 e chiamato GW200210_092254 la sorgente secondaria dell'onda gravitazionale resta un mistero, poiché come sottolineato dall'INFN essa ha dimensioni pari a 2,8 masse solari, più grande di quella massima prevista dai modelli teorici per le stelle di neutroni (pari a 2,5 masse solari) e più piccola di quella minima prevista per i buchi neri, pari a 5 masse solari. “Ricordo ancora vividamente l’entusiasmo di tutti noi scienziati mentre ascoltavamo l’annuncio pubblico della scoperta delle onde gravitazionali all’inizio del 2016. Ora, meno di sei anni dopo, le scoperte riportate nel catalogo GWTC-3 aggiungono nuove preziose informazioni al nuovo, crescente campo dell’astronomia delle onde gravitazionali, e forniscono una nuova prospettiva su molti aspetti dell’universo, come, per esempio, le popolazioni di sistemi binari di buchi neri o stelle di neutroni”, ha dichiarato il dottor Edoardo Milotti, membro della Collaborazione Virgo e ricercatore presso la sezione di Trieste dell’INFN.
“Solo ora stiamo iniziando ad apprezzare la meravigliosa diversità dei buchi neri e delle stelle di neutroni”, gli ha fatto eco l'astronomo Christopher Berry dell'Università di Glasgow. “I nostri ultimi risultati dimostrano che sono disponibili in molte dimensioni e combinazioni: abbiamo risolto alcuni misteri di vecchia data, ma abbiamo fatto emergere anche alcuni nuovi enigmi. Usando queste osservazioni, siamo più vicini a svelare i misteri di come le stelle, i mattoni del nostro Universo, si evolvono”. I dettagli della ricerca “GWTC-3: Compact Binary Coalescences Observed by LIGO and Virgo During the Second Part of the Third Observing Run” sono state caricate sul database online ArXiv, in attesa della pubblicazione su una rivista scientifica.