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Una teoria di Alan Turing (del ’52) è stata provata sperimentalmente

Uno studio a cui ha preso parte il CNR ha dimostrato come le strutture complesse che si formano a causa della luce sulla superficie di alcuni polimeri possano essere interpretate secondo la teoria ispirata dal celebre matematico.
A cura di Redazione Scienze
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Precursore degli studi dell’intelligenza artificiale, genio a servizio del proprio Paese durante gli amari tempi della guerra, vittima sacrificale sull'altare del pregiudizio: Alan Turing fu una figura complessa ed affascinante, recentemente consacrata anche dal cinema nel film The imitation game. Ma Turing fu innanzitutto un matematico e, in quanto tale, nel 1952 pubblicava un lavoro intitolato The Chemical Basis of Morphogenesis: in esso sviluppava un modello intuitivo per spiegare la formazione di strutture complesse in natura come, ad esempio, il manto di una tigre.

Uno studio internazionale

Adesso un gruppo internazionale di ricerca, costituito tra gli altri da Antonio Ambrosio e Pasqualino Maddalena dell'Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Spin), ha dimostrato che alcune strutture complesse che si formano sulla superficie di film di polimeri possono essere interpretate proprio in base alla teoria ispirata da Turing. La ricerca, che coinvolge anche il Dipartimento di fisica dell’Università Federico II di Napoli, Federico Capasso della Harvard University e Henning Galinski, Iwan Schenker e Ralph Spolenak dell’Eth di Zurigo, è stata pubblicata dalla rivista Proceedings of the National Academy of Science.

Materiali fotosensibili

Un sistema biologico inizialmente omogeneo – sosteneva Turing – può sviluppare in una fase successiva una struttura complessa dovuta ad instabilità del suo equilibrio: questo accadrebbe a causa di una «perturbazione casuale» che, in realtà, sarebbe perfettamente spiegabile in base ad alcune leggi della fisica. Ora, il gruppo di ricerca ha individuato in una importante classe di polimeri un meccanismo di risposta agli stimoli della luce esterna: si tratta, quindi, di una prova sperimentale della teoria ma, soprattutto, di una scoperta che potrebbe avere potenziali risvolti pratici nelle applicazioni.

I polimeri contenenti azobenzene sono speciali. Sono infatti polimeri smart che alterano la loro forma quando vengono illuminati da una luce di una opportuna lunghezza d’onda. La morfologia della loro superficie, cioè, cambia spontaneamente, in accordo con l’intensità e la polarizzazione della luce utilizzata. Questa particolare risposta può avere importanti applicazioni nell’area della nano-litografia ottica, nella quale sono stati utilizzati finora altri materiali fotosensibili – Antonio Ambrosio

La luce ha un ruolo fondamentale nella strutturazione di questi azo-polimeri, innescando una instabilità in due fasi (dette cis- e trans-) che crea due configurazioni della stessa molecola, con forme differenti tra loro in termini di proprietà chimico-fisiche.

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