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Una stimolazione cerebrale per guarire dalla depressione?

Parlare di terapia prodigiosa è ancora prematuro, tuttavia alcuni ricercatori hanno dimostrato che una stimolazione ottenuta tramite elettrodi impiantati nel cervello può avere effetti positivi a lungo termine su pazienti affetti da depressione e disturbo bipolare.
A cura di Nadia Vitali
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Parlare di terapia prodigiosa è ancora prematuro, tuttavia alcuni ricercatori hanno dimostrato che una stimolazione ottenuta tramite elettrodi impiantati nel cervello può avere effetti positivi a lungo termine su pazienti affetti da depressione e disturbo bipolare.

Due ricerche parallele, l'una condotta negli Stati Uniti, l'altra in Germania; oggetto dell'osservazione, una delle malattie considerata da molti il vero «male del secolo», la depressione; fino ad oggi, i numerosi approcci terapeutici adottati nei confronti di questa patologia, siano stati essi cognitivi o farmacologici, difficilmente hanno dato dei riscontri nei casi più gravi; la depressione, dunque, resta a tutt'oggi un campo minato per medici e studiosi, ancora alla ricerca della «cura».

I risultati incoraggianti giunti dalla Emory University di Atlanta, in Georgia, non possono ancora essere inquadrati come cura, secondo quanto hanno precisato gli stessi scienziati che hanno lavorato allo studio; tuttavia aprono a nuove prospettive, muovendo dall'assunto che la depressione è un disturbo dei circuiti neuronali, i quali si sono dimostrati suscettibili di essere riattivati attraverso una stimolazione provocata da un elettrodo impiantato nel cervello.

Il gruppo di ricerca statunitense, guidato dalla dottoressa Helen Mayberg, ha installato l'elettrodo nell'area subcallosa del giro cingolato, mentre Thomas Schlaepfer ed i suoi studiosi, dell'Università di Bonn, hanno scelto come area il nucleus accumbens; nel primo caso la sperimentazione si è dimostrata efficace, facendo ben sperare per il futuro di questo «peacemaker del cervello». I dettagli del lavoro sono stati pubblicati su Archives of General Psychiatry.

Gli studiosi hanno reclutato diciassette pazienti di età compresa tra i 18 ed i 70 anni affetti da sindrome depressiva, precedentemente sottoposti ad almeno quattro adeguati trattamenti terapeutici; dieci con disturbi depressivi maggiori, sette con disturbi bipolari. Onde scongiurare l'eventualità di un possibile effetto placebo, nel corso delle prime quattro settimane non è stato comunicato ai pazienti se il dispositivo, impiantato con un intervento, fosse acceso: è stato detto loro che solo metà di essi avrebbero beneficiato della stimolazione dell'elettrodo, mentre, in realtà, nel corso di questa prima fase il peacemaker cerebrale è rimasto spento per tutti.

I ricercatori hanno così potuto verificare che nessun effetto placebo ha avuto luogo nel primo mese di sperimentazione, con il quadro clinico dei soggetti rimasto invariato; successivamente, nell'arco dei due anni durante i quali i pazienti sono stati seguiti, la stimolazione ha effettivamente eliminato o limitato i comportamenti depressivi in tutti: in alcuni quasi immediatamente, in altri a distanza di un anno dall'inizio della terapia.

Un buon inizio, forse, ma, per il momento, nulla di più: a quanto pare i benefici acquisiti scomparirebbero qualora la stimolazione venisse interrotta e, inoltre, il bersaglio da scegliere all'interno del cervello potrebbe essere migliorato, giungendo a dei risultati ottimali. Una strada in questa direzione è stata aperta, ora sta agli scienziati valutare se è il caso o meno di seguirla.

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