Una sola dose di vaccino COVID innesca forte produzione di anticorpi in chi è già stato infettato
Le persone precedentemente infettate dal coronavirus SARS-CoV-2 sviluppano una robusta risposta anticorpale dopo una singola dose di vaccino. L'elevata concentrazione di immunoglobuline neutralizzanti (IgG) si genera indipendentemente dal periodo in cui sono state contagiate (più o meno distante dalla data della vaccinazione) e anche se non avevano anticorpi rilevabili dopo aver contratto l'infezione. Questi risultati non solo suggeriscono che per chi è stato già infettato possa essere sufficiente una sola dose di vaccino, risparmiando preziose risorse per il resto della popolazione (considerando i problemi di produzione e distribuzione), ma anche che le persone che non risultano avere anticorpi neutralizzanti dopo il contagio possano comunque contare su un certo grado di protezione. Ciò potrebbe proteggerle dal rischio di reinfezione o magari dallo sviluppare la forma severa della COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus.
A determinare che una singola dose di vaccino è sufficiente per innescare alti livelli di anticorpi in chi è stato già contagiato è stato un team di ricerca israeliano condotto da scienziati dell'Università Bar-Ilan e dello Ziv Medical Center, un ospedale da 350 posti letto ubicato a Safed, nel nord del Paese. Gli scienziati, coordinati dal professor Michael Edelstein, docente presso la Facoltà di Medicina “Azrieli” dell'ateneo, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato la risposta anticorpale tra gli operatori sanitari del nosocomio, vaccinati a partire dalla fine di dicembre col vaccino anti COVID tozinameran/BNT162b2 (nome commerciale Comirnaty), prodotto dal colosso farmaceutico americano Pfizer in stretta collaborazione con la società di biotecnologie tedesca BioNTech. Il governo israeliano ha stretto un accordo particolare con Pfizer, e ad oggi è il Paese dove la campagna vaccinale procede più velocemente in assoluto. La popolazione non troppo numerosa (circa 8 milioni di persone) e i confini rigidamente controllati rendono il Paese un banco di prova perfetto per dimostrare l'efficacia del vaccino, così come lo scenario ideale per raggiungere rapidamente dell'immunità di gregge. Al 25 gennaio il 30 percento della popolazione aveva già ricevuto la prima dose, e tra coloro che hanno ricevuto la seconda dose, sulla base dei risultati divulgati dal Maccabi Health Services e dal Ministero della Salute israeliano, è stato registrato un tasso di positività soltanto dello 0,044 percento.
Alla data del 21 gennaio circa il 90 percento degli operatori sanitari dello Ziv Medical Center aveva ricevuto la prima dose del vaccino, e proprio osservando la risposta anticorpale nei soggetti che avevano avuto una precedente infezione da coronavirus (da 1 a 10 mesi prima) è stato dimostrato che la singola dose era sufficiente per innescare una significativa produzione di anticorpi neutralizzanti. “Questa scoperta può aiutare i Paesi a prendere decisioni informate in merito alla politica sui vaccini – ad esempio, se i cittadini precedentemente infettati devono essere vaccinati in via prioritaria e, in tal caso, con quante dosi”, ha dichiarato il professor Edelstein in un comunicato stampa. Poiché tale risposta anticorpale, come indicato, risultava significativa anche in chi non aveva anticorpi rilevabili dopo l'infezione naturale, questa scoperta suggerisce anche che in questi pazienti “la protezione dopo il contagio non sia necessariamente andata perduta”, ha aggiunto lo studioso.
Un'altra scoperta rilevante emersa dall'indagine israeliana è relativa al fatto che l'elevata produzione di anticorpi è stata registrata in tutti i gruppi di lavoratori coinvolti (arabi, israeliani, drusi), e ciò indica che non ci sono differenze nell'efficacia del vaccino nelle diverse etnie. I dettagli della ricerca “Impact of age, ethnicity, sex and prior infection status on immunogenicity following a single dose of the BNT162b2 mRNA COVID-19 vaccine: real-world evidence from healthcare workers, Israel, December 2020 to January 2021” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Eurosurveillance.