Un contagiato dal coronavirus su sei può avere solo sintomi gastrointestinali

A circa un anno dall'emersione del coronavirus SARS-CoV-2, il patogeno responsabile della pandemia di COVID-19 che ha messo in ginocchio il mondo intero, gli scienziati e i medici non conoscono ancora tutte le conseguenze provocate dall'infezione, tuttavia sono ormai ben noti i sintomi più comuni. Oltre a febbre, tosse secca, perdita dell'olfatto (anosmia) e del gusto (disgeusia), mal di testa e dolori muscolari (mialgia), in molti sperimentano anche problemi gastrointestinali, come nausea, perdita dell'appetito, dolori addominali e diarrea. Un nuovo studio di revisione ha dimostrato che circa un contagiato su 6 può sperimentare soltanto la sintomatologia gastrointestinale, un dettaglio che può rendere più complessa la diagnosi dell'infezione, causata da un virus respiratorio.
A determinare che il 16 percento dei contagiati dal SARS-CoV-2 può sperimentare solo sintomi gastrointestinali sono stati tre scienziati dell'Università di Alberta, i dottori Kevin Lui, Mitchell P. Wilson e Gavin Low del Dipartimento di Radiologia e Diagnostica per Immagini dell'ateneo canadese. Gli studiosi sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto uno studio di revisione su 36 ricerche pubblicate tra marzo e luglio del 2020, tutte indagini cliniche su pazienti con COVID-19 sottoposti a scansioni addominali. Incrociando tutti i dati è emerso che il 18 percento dei contagiati aveva sviluppato gastrointestinali, mentre il 16 percento (circa 1 su 6) mostrava solo questa sintomatologia, dunque senza tosse, febbre e altri sintomi respiratori che possono suggerire un'infezione da coronavirus. Tra i sintomi più comuni rilevati da Lui e colleghi vi erano perdita dell'appetito, nausea, vomito, diarrea e dolore addominale.
Dalle analisi delle immagini, gli scienziati canadesi hanno osservato anche alcuni segni rilevanti dell'infezione ai danni dell'apparato digerente. Fra essi infiammazione dell'intestino tenue e crasso, presenza di aria all'interno della parete intestinale (una condizione chiamata pneumatosi), colon pieno di liquido, ascite e persino perforazione intestinale (pneumoperitoneo). Fortunatamente tutte queste manifestazioni sono state rilevate abbastanza raramente, e secondo i tre studiosi possono rappresentare gli effetti di un'infezione allo stato molto avanzato. Il motivo per cui il coronavirus SARS-CoV-2 colpisce in modo così diretto l'apparato digerente risiederebbe nel fatto che molte delle cellule dell'epitelio esprimono il recettore ACE2, quello cui si lega la proteina S o Spike del coronavirus, che sfrutta come un grimaldello per scardinare la parete cellulare, riversare l'RNA virale all'interno e avviare il processo di replicazione, che dà il via all'infezione vera e propria. I dettagli della ricerca “Abdominal imaging findings in patients with SARS-CoV-2 infection: a scoping review” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Abdominal Radiology.