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Ucciso perché voleva essere libero, la triste fine del giaguaro di Rio 2016

Il giaguaro Juma, utilizzato per presenziare al passaggio della torcia a Rio 2016, è stato ucciso perché avrebbe tentato di aggredire un veterinario durante le fasi di trasporto successive allo spettacolo.
A cura di Zeina Ayache
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L'esperienza non insegna quando si tratta di sfruttare gli animali. Ce lo dimostra l'ennesimo caso di cattiva gestione che, poche ore fa, ha portato alla morte di Juma, il giaguaro utilizzato durante la cerimonia del passaggio delle torcia che ci prepara all'inizio dei discussi e criticati giochi di Rio 2016. Una morte provocata, non accidentale, una morte evitabile se solo gli organizzatori non avessero sentito il bisogno di inserire questo splendido esemplare, appartenente ad una specie a rischio estinzione, all'interno di un contesto completamente ingestibile per un simile essere vivente.

Come mostrano i video, Juma, un esemplare di 9 anni di giaguaro (Panthera onca) è stato inserito all'interno della cerimonia del passaggio della torcia e obbligato tra due catene che lo tenevano al collo. Chiari i segnali di disagio da parte dell'animale obbligato non solo a presenziare, ma anche ad interagire con le persone che non potevano evitare di scattarsi foto con lui. Al termine dell'evento, tra un passaggio e l'altro di gabbia, Juma, secondo quanto dichiarato dai militari brasiliani, ha cercato di fuggire. In un primo momento i militari hanno agito secondo la procedura, quindi tentando di sedare l'animale, non riuscendo ad addormentarlo, nel momento in cui Juma ha cercato di attaccare uno dei veterinari presenti, lo hanno ucciso con un colpo di pistola.

Secondo quanto riportato da Amazonia Real, l'esercito, il cui simbolo è proprio un giaguaro, non avrebbe ricevuto alcuna autorizzazione da parte dell'Instituto de Proteção Ambiental do Amazonas (Ipaam) per spostare l'animale o per esporlo durante l'evento. L'unico per il quale era stata concessa la possibilità di esposizione era Simba, un altro esemplare di giaguaro. Insomma, Juma non doveva essere lì.

Inutile dire che quanto avvenuto ha sollevato l'ennesimo conflitto tra coloro che ritengono che gli animali selvatici debbano essere lasciati nel loro habitat e chi invece continua a volerli sfruttare a scopi commerciali o di immagine. Non si tratta di decidere se uccidere Juma o lasciar morire il veterinario che stava per attaccare (altre fonti parlano di un militare come presunta preda), quel giaguaro non doveva essere lì perché lì non aveva alcuna funzione.

Lo sport dovrebbe essere espressione di libertà e di prestanza fisica elementi questi che non trovano corrispondenza in un animale selvatico, a rischio estinzione, incatenato e obbligato ad interagire da fermo in un contesto caotico e totalmente inadatto. Sembra quasi inutile indignarsi, le critiche piovute sullo zoo di Cincinnati per l'uccisione del gorilla Harambe di poche settimane fa sono infatti ormai solo un ricordo. Non ci meraviglia che l'essere umano continui ad approcciarsi agli animali ignorandone le vere necessità quando il Papa, che dovrebbe e potrebbe essere un esempio, si presta ad accarezzare un cucciolo di tigre e uno di pantera portati a lui dai circensi, “artisti” aspramente criticati per l'uso spettacolare che fanno di animali che dovrebbero vivere in contesti completamente diversi.

Insomma, Juma ormai è non c'è più, l'inchiesta aperta sul caso servirà ad indicare il nome di qualche colpevole, ma la verità è che la responsabilità è di tutti noi che proprio non riusciamo a fare a meno di convincerci che per conoscere la vera natura di un animale sia necessario chiuderlo in una gabbia ed osservarlo attraverso un vetro o incatenato.

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