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Tumore al seno con metastasi: le donne possono evitare la chemioterapia. La ricerca italiana

Un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani ha dimostrato che nelle donne con tumore al seno metastatico (carcinoma mammario) di tipo HR+ e HER2- è possibile evitare la chemioterapia. Questo trattamento notoriamente tossico, infatti, non offre più benefici della terapia ormonale e della combinazione tra ormonoterapia e terapie a bersaglio molecolare.
A cura di Andrea Centini
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Le donne affette da tumore al seno con metastasi (carcinoma mammario) possono evitare la chemioterapia per curarsi. Nello specifico, le pazienti affette da neoplasia positiva per i recettori ormonali (HR+) e negativa per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HER2-) possono essere trattate con una combinazione – molto più tollerabile – di terapia ormonale e terapia a bersaglio molecolare. La chemioterapia è infatti un trattamento noto per l'elevata tossicità e gli effetti collaterali che impattano in modo significativo sulla qualità della vita, come ad esempio la perdita dei capelli. In Italia un trattamento di questo tipo potrebbe riguardare circa 25mila donne.

A determinare l'efficacia della combinazione tra ormonoterapia e terapia molecolare nel contrasto al carcinoma mammario è stato un team di ricerca internazionale guidato da ricercatori italiani della Divisione di Oncologia Clinica presso l'Università di Napoli Federico II e dell'Università di Trieste, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Ospedale Policlinico San Martino-IRCCS di Genova; del CERGAS di Milano; della Breast Cancer Unit presso l'Azienda Socio Sanitaria Territoriale di Cremona; della Northwestern University di Chicago e di altri istituti italiani e internazionali. Gli scienziati, coordinati dal professor Mario Giuliano, docente presso il Dipartimento di Chirurgia e Medicina dell'ateneo napoletano, e dal professor Daniele Generali dell'università friulana, sono giunti alla loro conclusione dopo aver condotto un'approfondita analisi statistica (revisione sistematica e meta-analisi) di 140 studi pubblicati tra il primo gennaio del 2000 e il 31 dicembre del 2017, con un totale di oltre 50mila pazienti coinvolte.

Dall'analisi dei dati è emerso che i trattamenti chemioterapici non sono risultati più efficaci (sopravvivenza libera dalla progressione della malattia) della sola ormonoterapia o della combinazione tra terapia ormonale e le nuove terapie a bersaglio molecolare, come quella basata sugli inibitori di CDK4/6. Poiché queste ultime sono terapie molto più tollerabili rispetto alla chemioterapia, gli autori dello studio ne sottolineano i maggiori benefici per le pazienti. “Si è evidenziato che le terapie mirate sono efficaci in prima linea, ovvero come primo trattamento, e che la qualità di vita migliora. Questa analisi è molto importante perché, per la prima volta, pone a confronto, in prima e seconda linea, l'efficacia dei regimi oggi disponibili di chemioterapia e ormonoterapia, con o senza terapie mirate. E conferma quanto stabilito dalle linee guida internazionali, che raccomandano, anche in prima linea, l'impiego dell'ormonoterapia posticipando l'uso della chemioterapia in queste pazienti”, ha dichiarato la coautrice dello studio Lucia del Mastro, a capo della Breast Unit presso l'Ospedale Policlinico San Martino-IRCCS di Genova. I dettagli della ricerca, chiamata "Endocrine treatment versus chemotherapy in postmenopausal women with hormone receptor-positive, HER2-negative, metastatic breast cancer: a systematic review and network meta-analysis", sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Lancet Oncology.

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