Trappist-1, i Pianeti sono ‘pieni di vita’: la teoria della panspermia di Harvard
Due ricercatori dell'Università di Harvard e dello Smithsonian Center for Astrophysics hanno dimostrato attraverso una simulazione al computer che i pianeti del celebre sistema Trappist-1 potrebbero essere “pieni di vita”, grazie a un processo noto col nome di panspermia. Si tratta di un'affascinante teoria secondo la quale i ‘mattoni della vita' sarebbero presenti in gran quantità in tutto l'Universo, e che sulla Terra, l'unico pianeta a noi conosciuto sul quale si trova la cosiddetta biosfera, sarebbero giunti grazie all'impatto di meteoriti e comete.
Su Trappist-1, sistema presentato al mondo dalla NASA con un'appassionata conferenza tenutasi lo scorso febbraio, la panspermia sarebbe favorita dall'estrema vicinanza dei vari pianeti, in particolar modo di quelli posizionati nella fascia abitabile. Ricordiamo che dei sette pianeti rocciosi simili alla Terra – per massa e dimensioni -, su Trappist-1 ben tre potrebbero ospitare acqua allo stato liquido sulla propria superficie, oltre ad avere una temperatura potenzialmente gradevole anche per la nostra specie. Se la panspermia è ritenuta valida per la Terra, a maggior ragione per i due astrofisici che hanno condotto il nuovo studio, Manasvi Lingam e Abraham Loebb, lo deve essere per Trappist-1. In base ai loro calcoli, infatti, l'ipotetico impatto di meteoriti solleverebbe detriti a sufficienza per essere proiettati tra un pianeta e l'altro, catalizzando una biodiversità ancor più ricca di quella terrestre.
Nonostante l'ottimismo palesato dai ricercatori, autori, fra le altre cose, di un controverso studio in base al quale i Fast Radio Burst potrebbero derivare da un sistema di propulsione extraterrestre, la loro ricerca cozza con quella effettuata recentemente da astronomi del Konkoly Observatory di Budapest. Secondo il team coordinato dal professor Krisztián Vida, infatti, la stella Trappist-1 sarebbe altamente instabile, provocando continui e intensi brillamenti. Essi bombarderebbero di radiazioni i pianeti, e potrebbero essere così forti da strapparne l'atmosfera, come avvenuto nel Sistema solare con Marte. Sapere quale dei due team abbia ragione, al momento, è impossibile, dato che Trappist-1 dista 39 anni luce e ci vorrebbero centinaia di migliaia di anni per raggiungerlo fisicamente. Fortunatamente, il prossimo anno verrà mandato in orbita l'avanzatissimo James Webb Space Telescope, l'erede di Hubble, e tra i primi ‘bersagli' da analizzare ci sono proprio i pianeti di Trappist-1. I dettagli del nuovo studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.
[Illustrazioni di NASA]