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Super chemioterapia e staminali bloccano la sclerosi multipla

Risultati sorprendenti da un studio condotto dai ricercatori dell’Università di Ottawa, ma la tecnica sperimentale non è priva di rischi.
A cura di Andrea Centini
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Nota per essere una delle malattie autoimmuni del sistema nervoso centrale più diffuse, con circa due milioni di malati nel mondo, la sclerosi multipla è considerata tuttora incurabile, benché esistano trattamenti di varia efficacia in base al soggetto colpito e alla sintomatologia manifestata. Un concreto passo in avanti per contrastarla è stato compiuto dai ricercatori canadesi dell'Università di Ottawa, i quali, grazie all'uso combinato della chemioterapia e di un trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe (AHSCT), nel corso di uno studio all'avanguardia sono riusciti a interrompere lo sviluppo di nuove lesioni cerebrali in un piccolo gruppo di pazienti.

La nuova tecnica sperimentale, considerata efficace ma ad alto rischio dagli stessi ricercatori, consiste nello sfruttare una chemioterapia distruttiva anziché soppressiva del sistema immunitario del paziente, da effettuare prima dell'infusione delle cellule staminali. Si tratta di un processo delicatissimo ma in grado di eliminare le cellule immunitarie dannose, quelle che aggrediscono la guaina mielinica dei neuroni danneggiando la comunicazione tra cervello e midollo spinale, con conseguente disabilità fisica e cognitiva dei pazienti colpiti dalla malattia.

Il trattamento, oltre al blocco delle lesioni cerebrali senza la necessità di assumere farmaci, ha impedito ricadute in ventitré dei ventiquattro pazienti seguiti dall'equipe di ricercatori, inoltre per otto di essi è emerso un miglioramento sensibile della disabilità a sette anni e mezzo dall'intervento. Si tratta di un risultato senza precedenti nella lotta contro la sclerosi multipla, considerando che il 37% dei soggetti trattati, tutti con un'età compresa tra i diciotto e i cinquanta anni, ha persino ridotto o interrotto la ricezione dell'assegno di invalidità, potendo tornare a lavoro o sui banchi di scuola.

Nonostante i risultati incoraggianti, gli studiosi coordinati dal professor Harold Atkins e dal dottor Mark Freedman ritengono fondamentali nuove indagini, a causa dell'invasività della terapia chemioterapica – a base di busulfan e altri composti – che ha causato la morte di uno dei pazienti per necrosi epatica e sepsi: “La dimensione del campione di ventiquattro pazienti – ha sottolineato il dottor Freedman – è molto contenuta e nessun gruppo di controllo è stato utilizzato per fare un confronto: i grandi studi clinici saranno fondamentali per confermare i nostri risultati”. “Poiché siamo innanzi a un trattamento aggressivo – ha proseguito lo scienziato – i potenziali benefici dovranno essere ponderati assieme ai rischi di gravi complicazioni, inoltre esso dovrà essere offerto solo in centri altamente specializzati”. Le ricerche future del team di ricerca saranno principalmente orientate a ridurre i rischi di questa promettente ma delicatissima terapia, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet.

[Foto di PublicDomainPictures]

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