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Su una Luna di Saturno c’è Pac Man

L’orbiter della NASA Cassini ha identificato grazie al suo occhio infrarosso la sagoma del più celebre videogioco anni ’80 su Teti, uno dei satelliti del Pianeta con gli anelli.
A cura di Redazione Scienze
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pac man su una luna di saturno

È la seconda volta che il più famoso protagonista dei videogiochi degli anni '80 si mette in bella mostra sulla superficie di una delle Lune di Saturno: nel febbraio del 2010, l'occhio infrarosso dell'orbiter Cassini catturò quel bizzarro profilo visibile sul satellite Mimas. Nei mesi scorsi, come spiegato dalla NASA, Pac Man ha fatto una nuova e più grande apparizione su Teti: lo "scatto" è il frutto dell'elaborazione dei dati ottenuti grazie allo spettrometro a infrarossi dell'orbiter relativi alle temperature sulla Luna ed evidenzia quelle che sono le aree più calde presenti sul satellite.

L'immagine, ricomposta per essere così visualizzata, è riferita alla giornata del 14 settembre 2011: quel giorno le temperature delle regioni "nella bocca" di Pac Man erano lievemente più basse (meno 15° Kelvin) rispetto alle zone circostanti. La temperatura più alta registrata su Teti è stata un gelido 90° Kelvin (corrispondente a – 183.15° Celsius), lievemente più fredda dell'altro record "caldo" registrato su Mimas di 95° Kelvin (-173.5° Celsius). «Trovare un secondo Pac Man nel sistema di Saturno indica che il loro processo di formazione è più diffuso di quanto pensato fino ad ora. Il sistema di Saturno, al pari di quello di Giove, potrebbe rivelarsi una vera e propria galleria di immagini simili a queste» ha spiegato Carly Howett, autore principale del paper recentemente pubblicato dalla rivista Icarus.

Ma cosa ha portato alla formazione di queste bizzarre sagome sulle superfici lunari di Mimas e Teti? Gli scienziati ritengono che essi siano il frutto del bombardamento di elettroni ad alte energie sulle latitudini più basse della luna, sulla parte che, mentre orbita, guarda verso il Pianeta Saturno: tale bombardamento altera la superficie locale, trasformandone la parte più soffice in ghiaccio compattato che, conseguentemente, non si scalda con particolare rapidità quando è colpito dai raggi solari né si raffredda velocemente durante la notte. Un'interpretazione che è possibile grazie alla precisione degli strumenti di cui siamo in possesso, come illustrato da Mike Flasar, principal investigator dello spettrometro presso il Goddard Space Flight Center della NASA: «Gli studi effettuati sfruttando la radiazione infrarossa ci danno una grande quantità di informazioni sui processi che danno origine e forma a Pianeti e Lune. Un risultato come questo evidenzia quanto siano potenti questo tipo di osservazioni».

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