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Covid 19

Studenti usano bibite e succhi di frutta per ingannare i test Covid rapidi e risultare positivi

Un professore britannico dell’Università di Hull ha dimostrato come alcuni studenti si sono fatti passare per positivi al coronavirus SARS-CoV-2 ingannando i test Covid rapidi a flusso laterale. Basta infatti qualche goccia di bibita gassata o di succo di frutta per mandare in tilt il sistema di rilevamento, che fa così comparire entrambe le linee di positività. Ecco com’è possibile.
A cura di Andrea Centini
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Per non andare a scuola – magari nel giorno dell'interrogazione o di un compito in classe – molti studenti sfruttano stratagemmi più o meno ingegnosi, tra i quali il più gettonato è indubbiamente quello di fingersi malati a casa. Aumentare artificiosamente la temperatura corporea, ad esempio esponendo la fronte a una fonte di calore, è un grande “classico” per marinare la scuola, ma in tempi di pandemia alcuni giovani si sono fatti particolarmente intraprendenti e hanno fatto il salto di qualità: risultare positivi al coronavirus SARS-CoV-2 senza esserlo davvero. Com'è possibile? Semplicemente, aggirando un test rapido a flusso laterale, che analogamente a un test di gravidanza si basa sulla comparsa di determinate linee colorate per evidenziare la positività o la negatività. Per mandare in tilt questi comuni test è sufficiente utilizzare qualche goccia di bibita analcolica – come quelle a base di cola – o di succo di frutta. Le caratteristiche di queste bevande, infatti, riescono ad alterare il funzionamento del test e spingerlo a mostrare un falso positivo.

A scoprire l'inganno e a spiegarne il meccanismo è stato il professor Mark Lorch, docente di Comunicazione scientifica e Chimica presso l'Università di Hull, nel Regno Unito. In un articolo pubblicato su The Conversation lo scienziato ha innanzitutto spiegato come funziona un test rapido a flusso laterale per valutare l'esposizione al patogeno pandemico. All'interno del dispositivo, simile a un piccolo telecomando, si trovano una striscia di materiale assorbente che somiglia alla carta (nitrocellulosa) e un tampone rosso, che è appena al di sotto della lettera T. Questi test, infatti, riportano tipicamente tre lettere: la linea del test T che si colora di nero, la linea di controllo C che si colora in rosso e la lettera S più in basso. Se si colora la sola linea rossa C si è negativi; se si colorano sia la nera T che la rossa C si è positivi; se non appaiono linee o se si colora la sola T il test non è valido e va ripetuto. Sotto la linea T, come detto, c'è un tampone rosso nel quale sono assorbiti anticorpi che reagiscono al coronavirus, legati a nanoparticelle d'oro (che appaiono rosse).

Quando si effettua un test, spiega il professor Lorch, il campione biologico prelevato dal paziente viene mescolato con una soluzione tampone liquida per mantenere il pH, prima di essere depositato a gocce sulla striscia del test. Nel caso in cui fosse presente l'RNA virale del SARS-CoV-2 nel campione, si attivano gli anticorpi che fanno colorare entrambe le strisce del dispositivo, risultando così positivi. Gli anticorpi sotto la linea C di controllo non sono progettati per legarsi al virus, ma si legano alle nanoparticelle d'oro; quando si manifesta significa che il test ha funzionato correttamente (ecco perché la linea rossa deve attivarsi sia da positivi che da negativi). Gli anticorpi, com'è noto, sono altamente selettivi e sanno distinguere bene l'RNA del patogeno pandemico da tutte le altre proteine (comprese quelle di altri virus) presenti nella nostra saliva, dunque come fanno le bevande a farlo risultare positivo? Di certo non dipende dalle sostanze in esse contenute, come spiegato dallo scienziato britannico. Tutto dipende infatti dall'acidità di bibite e succo di frutta.

Le bevande testate dallo stesso professor Lorch per ingannare i test avevano un pH acido compreso tra 2,5 e 4 (acido citrico nel succo d'arancia, acido fosforico nella cola e acido malico nel succo di mela), ben al di sotto del pH quasi neutro del sangue in cui “navigano” gli anticorpi, che è pari a 7,4. Il mantenimento del pH è fondamentale ed è proprio per questo che serve la soluzione tampone in cui immergere il campione, prima di far cadere qualche goccia sul dispositivo. Senza quel tampone, gli anticorpi del test vengono esposti al pH acido delle bevande che li denaturalizza, spezzando le catene di amminoacidi che li compongono (anche gli anticorpi sono proteine) rendendoli instabili. Le proteine esposte a un ambiente acido si caricano positivamente e perdono la loro sensibilità verso il SARS-CoV-2, cercando tuttavia legami con gli altri composti presenti. In parole semplici, l'acidità fa attivare gli anticorpi denaturati facendo comparire sia la linea T che la C sul test. Il professor Lorch ha dimostrato che lavando con la soluzione tampone un test imbevuto di cola si ripristina la capacità di riconoscimento degli anticorpi e dunque la sua effettiva capacità di rilevare un vero positivo da un negativo.

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