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Strage di tartarughe: la plastica nello stomaco le fa galleggiare e morire di fame

Le tartarughe marine scambiano le buste di plastica e altri oggetti per le loro prede, ingerendone in grandi quantità. Spesso muoiono tra atroci sofferenze dopo un blocco intestinale, ma in alcuni casi si trasformano in veri e propri “galleggianti” per la plastica nello stomaco, morendo di fame in superficie.
A cura di Andrea Centini
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Le tartarughe marine sono tra le specie più minacciate in assoluto sul nostro pianeta, e non esiste praticamente alcun habitat dove esse possano essere al sicuro dal loro principale nemico: l'essere umano. Le sette specie viventi, infatti, sono esposte a ogni genere di pericolo legato a fattori antropici: dalle catture accidentali con le reti alle collisioni con le navi, passando per le uccisioni deliberate (molti pescatori le considerano “rivali” sul lavoro), la pesca intensiva a scopo culinario e l'inquinamento. Soprattutto quello da plastica, ma anche quello luminoso.

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In occasione dell'assemblea delle Nazioni Unite sul tema dell'inquinamento marino che si terrà a Nairobi (Kenya) nei prossimi giorni, alla quale parteciperanno i Ministri degli esteri di cento paesi, l'agenzia di stampa francese AFP ha incontrato il dottor Casper van de Geer, direttore della Local Ocean Conservation, organizzazione che gestisce il centro di recupero per tartarughe marine di Watamu. In Kenya questi animali erano l'ingrediente principale di un apprezzato piatto, ma oggi il rischio principale è rappresentato dalla plastica, che ogni anno è responsabile di una vera e propria strage. Le tartarughe marine scambiano infatti le buste e gli oggetti di plastica per meduse e altre prede; ne ingeriscono in grande quantità fino a procurarsi un blocco intestinale e morire tra atroci differenze.

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Il dottor van de Geer sottolinea che in alcuni casi le tartarughe mangiano talmente tanta plastica da trasformarsi in “galleggianti”, e non potendo più immergersi nelle acque profonde spesso muoiono di fame. Gli esemplari portati al centro di recupero vengono trattati per settimane con potenti lassativi, nella speranza che riescano a liberarsi. Due esemplari di nome Kenzo e Kai sono stati salvati recentemente e rimessi in libertà proprio grazie a questa terapia, ma sono moltissimi quelli che non ce la fanno. Tenendo presente che nel mare vengono gettate 8,8 milioni di tonnellate di plastica ogni anno (come un camion per i rifiuti pieno che scarica in mare ogni minuto), i rischi per questi animali sono sempre maggiori; non a caso si pensa che nel 2050 nei mari e negli oceani ci sarà più plastica che pesce.

Nel Mediterraneo la situazione è drammatica, e non solo per l'inquinamento. Basti pensare che ogni anno oltre 130mila tartarughe Caretta caretta vengono catturate accidentalmente dai pescatori. Moltissime perché abboccano alle esche per il pesce spada, altre finiscono nelle reti (da strascico e non). Di tutti questi esemplari, ben in 40mila perdono la vita prima di poter essere liberati.

Anche l'inquinamento luminoso rappresenta un serio pericolo per le tartarughe marine; in alcuni Paesi, infatti, quelle appena nate confondono la luce dei lampioni con quella riflessa della Luna sul mare, e così, invece di gettarsi in acqua, si lanciano per strada sotto le ruote delle macchine. Ne muoiono in questo modo terribile a migliaia, con la perdita di intere generazioni.

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