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Strage di balene: il Giappone ha vinto. Sea Shepherd rinuncia a sfidare le baleniere

A sorpresa, l’organizzazione Sea Shepherd ha comunicato che quest’anno dovrà rinunciare a proteggere i cetacei dalle baleniere giapponesi. Le tecnologie militari adottate dalla flotta nipponica e le potenziali accuse di terrorismo hanno reso necessario il dietrofront.
A cura di Andrea Centini
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Con un comunicato diffuso sui canali ufficiali di Sea Shepherd, organizzazione che si occupa della tutela di fauna e ambienti marini, il capitano Paul Watson ha annunciato a sorpresa che quest'anno non ci sarà alcuna campagna per ostacolare le baleniere giapponesi nell'Oceano antartico. È la prima volta che ciò avviene in 12 anni, ovvero da quando nel 2005 iniziarono le prime schermaglie tra la flotta nipponica e la nave Farley Mowat. Col tempo i confronti sono diventati sempre più aspri e combattuti, grazie all'utilizzo di natanti sempre più agili e veloci da parte dell'organizzazione, come la Bob Barker, la Steve Irwin e la Sam Saimon.

Nel corso di questi anni, in base ai calcoli sulle quote di caccia annuali del Giappone, gli attivisti col proprio ostruzionismo sarebbero riusciti a salvare circa 6.500 grandi misticeti. Cetacei come la balenottera comune, la megattera e la balenottera minore che ogni anno muoiono sotto i colpi degli arpioni esplosivi del Sol Levante, armati per incomprensibili “ragioni scientifiche”. Una scusa agli occhi del mondo intero, necessaria per aggirare la moratoria sulla caccia ai cetacei istituita nel 1986 dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene (IWC).

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Il passo indietro di Sea Shepherd, in prima linea anche per tutelare i globicefali massacrati dalle “grindadrap” nelle Isole Faroe, si è reso necessario per svariate ragioni, come ha sottolineato il capitano Watson nell'annuncio. La prima è di tipo logistico ed è rappresentata dalle tecnologie militari messe in campo dalla flotta baleniera giapponese, ovvero sistemi di rilevamento satellitare in grado di conoscere in ogni istante la posizione delle navi di Sea Sheperd. Per l'organizzazione è dunque diventato praticamente impossibile “disturbare” le operazioni di caccia, dato che i suoi natanti possono essere costantemente anticipati nelle manovre. A peggiorare la situazione anche l'ampliamento dell'area nella quale i cetacei vengono uccisi.

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Un altro problema scaturisce dalle nuove leggi approvate dal governo di Tokyo, che ha equiparato le azioni di disturbo di Sea Shepherd a veri e propri atti di terrorismo. Per le baleniere non solo è diventato possibile richiedere l'intervento dell'esercito, ma l'equipaggio delle navi di Sea Shepherd, in caso di cattura, rischierebbe pene pesantissime. In ultima istanza, Watson ha puntato il dito contro i governi di USA, Australia e Nuova Zelanda, che per motivi economici favorirebbero l'azione nipponica ostacolando l'operato Sea Shepherd. Il ritiro di quest'anno, spiega il fondatore dell'organizzazione, si è reso dunque necessario, e le risorse "risparmiate" saranno utilizzate per altre campagne. L'Oceano Meridionale e i suoi abitanti non verranno comunque abbandonati da Sea Shpeherd: sarebbero infatti in fase di studio nuovi piani e azioni per ostacolare la caccia nipponica.

[Credit: Sea Shepherd Conservation Society]

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