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Stop a LHC: l’acceleratore si spegne per due anni

Niente più collisioni fino al 2015: il superacceleratore del CERN sarà sottoposto a lavori di upgrade per raggiungere le massime energie previste da progetto.
A cura di Roberto Paura
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LHC

Se siete appassionati di Dan Brown, ieri 11 febbraio è stato davvero un giorno da Angeli e Demoni. Mentre in Vaticano il papa Benedetto XVI annunciava il suo ritiro dal soglio pontificio, a Ginevra nella sede del CERN è stato spento l’acceleratore di particelle LHC: niente più collisioni nel grande anello sotterraneo dov’è stata individuata la “particella di Dio” fino al dicembre 2014. Ma non ci sono trame da fanta-thriller dietro questa coincidenza di date. Fin dal suo avvio, iniziato nel 2008 con un incidente che ne provocò lo stop di un anno, si decise di far funzionare LHC alla metà dell’energia prevista, programmando poi uno spegnimento tra la fine del 2012 e gli inizi del 2013 per essere sottoposto all’upgrade necessario a fargli raggiungere le massime energie possibili. Dopo aver confermato l’esistenza del bosone di Higgs, primo storico risultato che i fisici di tutto il mondo si aspettavano da LHC, l’acceleratore entrerà tra due anni in nuova era, esplorando la fisica alle energia più alte mai raggiunte per scoprire cosa c’è al di là del modello standard: sarà l’inizio, promettono gli scienziati più ottimisti, di una nuova fisica.

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Tra le sfide che attendono gli scienziati del CERN c’è naturalmente ancora lui, l’Higgs. Solo ulteriori dati permetteranno di approfondire le proprietà del bosone, l’ultimo mancante all’appello nel modello standard delle particelle messo a punto fin dagli anni ’60. Capirne le proprietà permetterà di chiarire soprattutto se il bosone di Higgs si comporta davvero come era stato previsto a livello esclusivamente teorico da Peter Higgs, François Englert e altri fisici molti decenni fa, o se dà vita ad anomalie inspiegabili che potrebbero essere il segnale di qualcosa “oltre”. È proprio quell’oltre ad affascinare gli esperti: l’idea che ci possa essere qualcosa oltre il modello standard. Nessuno sa cosa potrebbe essere, per saperlo dovremmo aspettare che LHC riesca a raggiungere l’energia di 14 teralettronvolt, la massima raggiungibile per progetto.

In molti sperano che l’acceleratore riesca finalmente a produrre le particelle previste dalla teorie della supersimmetria, che sarebbe in grado di far fare alla fisica un passo avanti decisivo verso un’ipotetica “teoria del tutto”, che unifichi le quattro forze fondamentali – gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole – in un’unica equazione. La supersimmetria prevede che tutte le particelle del modello standard abbiano dei partner non ancora scoperti. Nello specifico, i bosoni, che sono le particelle che veicolano le forze, avrebbero come partner i fermioni, che sono invece le particelle che costituiscono gli atomi; e viceversa. Ma ciascun superpartner sarebbe molto più pesante delle particelle standard, per questo non le abbiamo ancora viste: per ottenerle dovremmo andare a esplorare energie più elevate, quelle che esistevano nelle prime frazioni di secondo dopo il Big Bang, quando vennero prodotte le particelle supersimmetriche. Tuttavia, non manca lo scetticismo: le ultime analisi mostrano che la finestra di probabilità della supersimmetria si sta restringendo. Se LHC non trovasse niente nei prossimi anni, sarebbe uno smacco clamoroso per la fisica teorica.

“Non sarà affatto un periodo di riposo”, chiarisce Dave Charlton, vice-responsabile dell’esperimento ATLAS (quello che con l’esperimento CMS ha portato alla scoperta del bosone di Higgs). L’esercito di scienziati al CERN avrà il compito di analizzare la mole enorme di dati raccolti dall’acceleratore nel corso degli ultimi tre anni, e non si esclude affatto che qualche sorpresa possa venir fuori dall’analisi di questi dati “a freddo”, cioè mentre l’acceleratore non ne produce di nuovi. E intanto si pensa già al futuro. Secondo i responsabili del CERN, si dovrà pensare a una sostituzione di tutti i giganteschi rivelatori di particelle nei primi anni del 2020 con strumentazioni più moderne. Qualche settimana fa, in un incontro a Erice, in Sicilia, il “Gruppo Europeo per la Strategia nella Fisica delle Particelle” ha indicato tra le priorità del futuro un potenziamento di LHC per arrivare nel 2030 con una mole di dati dieci volte superiore a quella attuale, e l’inizio della progettazione di un nuovo acceleratore che sostituirà LHC entro la metà del secolo, con energie significativamente superiori. Ovviamente, dati i costi significativi, la speranza è che per allora la crisi economica sia superata e la spesa per la ricerca scientifica non sia stata ulteriormente tagliata.

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