Spinto a riva dal dolore il cetaceo è stato soppresso: aveva 30sacchi di plastica in corpo
Uno zifio (Ziphius cavirostris), un cetaceo odontocete conosciuto col nome comune di ‘balena dal becco d'oca', è stato soppresso dopo essersi spiaggiato lo scorso 28 gennaio su un'isola norvegese. Si tratta di un fenomeno molto diffuso tra i cetacei e dalle numerose cause. L'esame autoptico eseguito dai veterinari dell'Università Museo di Bergen ha rivelato ben trenta sacchi di plastica all'interno del suo stomaco. Secondo i biologi marini che per primi avevano provato a soccorrerlo, l'animale sarebbe stato spinto a riva dai dolori lancinanti provocati dai corpi estranei, che avevano occupato l'intera cavità dello stomaco impedendogli di nutrirsi per lungo tempo. Lo zifio, un cetaceo che può raggiungere i 7 metri di lunghezza per un peso di circa 3 tonnellate, era infatti in cattivissime condizioni di salute e presentava evidenze di malnutrizione; l'eutanasia era rimasta l'unica opzione per porre fine alla sua sofferenza.
“I risultati dell'autopsia non sono sorprendenti – ha sottolineato laconicamente il professor Terje Lislevand, uno zoologo specializzato in fauna marina dell'ateneo norvegese – ma naturalmente sono tristi, anche per le quantità interessate”. “Lo stomaco della balena era pieno di sacchi di plastica e imballaggi con etichette in danese e in inglese”, ha specificato lo studioso. Incidenti come questo sono tutto fuorché rari, considerando che riversiamo ogni anno nei nostri mari ed oceani ben otto milioni di tonnellate di plastica, una quantità spaventosa che ha generato veri e propri mostri ecologici, come la ‘grande chiazza di immondizia del Pacifico' (Pacific Trash Vortex), un'isola di spazzatura che potrebbe avere le stesse dimensioni degli Stati Uniti d'America.
Lo zifio, una specie di cetaceo che vive anche nel nostro Mar Mediteraneo, deve aver scambiato i sacchi di plastica per le proprie prede naturali, ingerendone quanti ne ha potuto, sino al triste epilogo sull'isola di Sotra, a ovest di Bergen. Nel suo stomaco erano presenti anche moltissimi altri frammenti plastici: “Questo è un triste ricordo del danno che facciamo al nostro ambiente, e in particolare ai nostri oceani”, ha concluso lo sconsolato dottor Lislevand.
[Foto di Università di Bergen]