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Spaun, un cervello senza corpo

Un encefalo artificiale con appena due milioni e mezzo di neuroni grazie ai quali riconosce i numeri, scrive e invecchia anche.
A cura di Nadia Vitali
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spaun cervello artificiale

Non può vantare ancora gli 86 miliardi di neuroni che, mediamente, compongono il complesso encefalo umano, tuttavia con appena due milioni e mezzo di questi riesce già a compiere imprese di tutto rispetto: Spaun, acronimo che sta per Semantic Pointer Architecture Unified Network, è un cervello artificiale in grado di riconoscere numeri, eseguire facili operazioni aritmetiche, risolvere elementari ragionamenti logici, ricordare liste e disegnare grazie al braccino meccanico di cui è dotato. La sua realizzazione è opera degli studiosi della canadese University of Waterloo che ne hanno descritto le caratteristiche sulla rivista Science.

Una piccola porzione di cervello

L’idea della simulazione di un cervello umano nasce soprattutto con lo scopo di riuscire a sviscerare al meglio i segreti del più importante e misterioso tra i nostri organi, la cui funzionalità è frutto dell’interazione tra le singole parti e non, semplicemente, delle caratteristiche specifiche di queste. Osservare con un approccio olistico la fisiologia dei neuroni mirabilmente simulata dalle moderne tecnologie, e le conseguenze a cui dà vita l’interconnessione tra questi, è considerata una modalità possibile di comprensione dei meccanismi dell’encefalo. Spaun, tuttavia, replica azioni umane piuttosto articolate in virtù di un numero limitato di neuroni, a differenza di quanto accade con altri cervelli artificiali, primo tra tutti quello attualmente allo studio da parte dell’Human Brain Project, ambiziosa (e quasi fantascientifica) collaborazione internazionale che mira alla realizzazione di una “creatura” in grado di simulare fenomeni e comportamenti assai più complessi grazie a miliardi di neuroni e connessioni sinaptiche.

alzheimer

«Mettere assieme una immensa quantità di neuroni e sperare che ne venga fuori qualcosa di interessante non sembra un modo ragionevole per comprendere qualcosa di sofisticato come il cervello» ritiene invece Chris Eliasmith, a capo del gruppo di ricerca su Spaun: per questa ragione, l’approccio utilizzato è stato completamente diverso, lavorando "dal basso" su un sistema in grado di imitare alcune determinate attività che, pur non richiedendo sforzi per un essere umano, sono collegate a concetti complessi quali le funzioni cognitive e percettive. Con sorpresa ne è emerso che Spaun nello svolgere gli otto diversi compiti che sono nelle sue potenzialità, dal copiare un’immagine a capire quale cifra inserire secondo logica in una successione di numeri, dal riconoscere una lettera ad elaborare una risposta che successivamente scrive grazie al controllo dei movimenti sul braccio, commette anche gli stessi errori che normalmente fanno gli uomini.

Ricostruire per comprendere

Partendo da ciò, ora Eliasmith ed i suoi vogliono migliorare Spaun in modo che diventi capace, piuttosto che di svolgere nuovi compiti, di imparare dai propri errori, esattamente come dovrebbe accadere in un cervello umano. Del resto questa meravigliosa invenzione ha ancora dei notevoli limiti: riproducendo solo una frazione di encefalo, non può apprendere in completa autonomia nuove attività né può andare oltre la memorizzazione di dieci numeri e di pochi simboli. Oltretutto al momento è ancora lentissimo e può impiegare anche ore per simulare un secondo di comportamento umano: ma è un incoraggiante inizio senza dubbio.

Gli stessi ricercatori hanno seguito anche l’evolversi nel tempo di Spaun, disattivando gradualmente una parte dei neuroni allo stesso modo in cui accade con il progressivo invecchiamento del cervello umano e osservando, effettivamente, come si verificasse il declino cognitivo a cui vanno soggetti gli uomini con gli anni. Un ottimo risultato nell’ambito dei lavori sui cervelli artificiali, il cui obiettivo principale potrebbe essere la riproduzione delle malattie neurodegenerative, prime tra tutte l’Alzheimer, o anche di patologie come la depressione e di sindromi quali l'autismo, con lo scopo di comprendere al meglio cosa accade in una mente quando non funziona più bene o funziona diversamente ed, eventualmente, provare a ripararla.

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