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Sindrome da fatica cronica, cos’è la malattia che ha colpito Casey Stoner: sintomi e cura

Una panoramica sulla Sindrome da fatica cronica o Encefalomielite mialgica (CFS/ME), la malattia che ha colpito il pilota australiano di motociclismo Casey Stoner. La complessa sindrome, per la quale non esiste una cura e non si ha conoscenza delle cause esatte, è caratterizzata da una prolungata e debilitante spossatezza dopo un minimo sforzo, non solo fisico, ma anche intellettuale ed emotivo. Ecco cosa c’è da sapere.
A cura di Andrea Centini
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La Sindrome da fatica cronica è una malattia complessa e multifattorile, della quale ancora non se ne conoscono le cause esatte (viene dunque definita “idiopatica”) e per la quale non esiste un farmaco in grado di guarirla definitivamente. La condizione, caratterizzata da vari sintomi dei quali il più evidente è una debilitante stanchezza che si sperimenta dopo un minimo sforzo (non solo fisico, ma anche emotivo ed intellettuale), è balzata agli onori della cronaca poiché ha colpito il campione di motociclismo australiano Casey Stoner. A causa della sindrome il pilota fu costretto a saltare tre gare del motomondiale nel 2009 e, come sottolineato in una recente intervista a Rusty’s Garage, continua a rendergli la vita molto complicata. Stoner ha definito la situazione “abbastanza seria”; non può praticare i suoi hobby preferiti – come il karting e il tiro con l'arco – e naturalmente non può fare agevolmente il suo lavoro di collaudatore, dato che dopo un qualsiasi impegno è costretto “a rimanere sul divano per una settimana”. Ecco cosa c'è da sapere su questa patologia.

Cos'è la Sindrome da fatica cronica

La Sindrome da fatica cronica (CFS – Chronic Fatigue Syndrome), conosciuta anche con il nome di Encefalomielite mialgica (ME), è una malattia caratterizzata da un periodo prolungato di stanchezza persistente, che si protrae per almeno 6 mesi. È accompagnata da una serie di “sintomi non specifici”, come indicato sul portale dedicato alla patologia dell'Osservatorio delle malattie rare. La condizione è talmente invalidante che i pazienti che ne sono affetti non possono continuare normalmente la propria vita, come dimostra il caso di Stoner. Tra i massimi esperti mondiali di Sindrome da fatica cronica, alla quale oggi ci si rivolge con gli acronimi combinati di CFS/ME e col nome alternativo di Systemic exertion intolerance disease o SEID, vi è il professore italiano Umberto Tirelli, oncologo presso l'Istituto Nazionale Tumori di Aviano e direttore del Centro Tumori, Stanchezza Cronica, Fibromialgia ed Ossigeno-ozonoterapia della Clinica TIRELLI MEDICAL group di Pordenone. La CFS/ME è stata al centro di un intenso dibattito accademico poiché, come sottolineato dallo stesso professor Tirelli in un documento gentilmente inviatoci, molto scetticismo sulla effettiva natura della malattia "è persistito fino ad oggi anche tra la classe medica". La situazione è cambiata negli ultimissimi anni proprio grazie al lavoro di Tirelli e di altri luminari; in Italia, ad esempio, lo specialista ha contribuito allo sviluppo delle linee guida sulla malattia presentate dall'Age.na.s. (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), migliorando sensibilmente la diffusione delle informazioni sul territorio. Basti pensare che in passato era considerata persino di origine psichiatrica.

I sintomi della Sindrome da fatica cronica

Come suggerisce il nome, la caratteristica principale della Sindrome da fatica cronica è una condizione di stanchezza prolungata e debilitante, che deve durare per almeno sei mesi. Come indicato nella definizione pubblicata sugli Annals of Internal Medicine, alla quale ha contribuito anche il professor Tirelli, la spossatezza prolungata “non è alleviata dal riposo”. Questa fatica si manifesta ed esacerba anche con piccoli sforzi (fisici, emotivi ed intellettuali) ed è accompagnata da una serie di sintomi accessori. Tra quelli riportati sul portale dell'Osservatorio delle Malattie rare, vi sono disturbi della memoria e della concentrazione; mal di gola (faringite); dolori alle articolazioni e muscolari senza infiammazione; ingrossamento e dolore ai linfonodi del collo e delle ascelle; sonno non ristoratore; stanchezza a 24 ore di distanza dall'ultimo sforzo fisico o mentale. La consistente perdita di energia dopo lo sforzo è stata definita PEM (post-exertional malaise – malessere post sforzo) nello studio “Oxygen-Ozone Therapy is an Effective Therapy in Chronic Fatigue Syndrome: Results in 100 Patients” pubblicato sulla rivista Biomedical e guidato dal professor Umberto Tirelli.

Chi colpisce la Sindrome da fatica cronica

La CFS/ME interessa solitamente soggetti giovani tra i 20 e i 40 anni e nella mezza età, anche se può colpire sia i bambini che le persone anziane. Ha una prevalenza maggiore nelle donne. In Italia si stima ci siano tra i 200 e i 300mila pazienti con Sindrome da fatica cronica, mentre negli Stati Uniti i pazienti stimati sono tra gli 836mila e i 2,5 milioni, come indicato in un rapporto dell'Accademia delle Scienze americana. A causa di questi numeri sull'incidenza, la CFS/ME non si può definire una malattia rara.

Le cause della Sindrome da fatica cronica

Le cause della CFS/ME non sono ancora state identificate con certezza, tuttavia in base a un recente studio condotto dal professor José Montonya (docente di malattie infettive presso l'Unità di Stanford) citato dal professor Tirelli sono state individuate 17 citochine associate alla severità della patologia; ciò significa che c'è una “forte componente del sistema immunitario nella malattia”. L'eziologia, si legge nel documento inviatoci dal professor Tirelli, “potrebbe essere una risposta esagerata del sistema immunitario a virus, batteri e funghi, come fa pensare il fatto che la malattia insorge spesso dopo un'infezione”. Lo specialista ha aggiunto di aver rilevato tale associazione nel 1994 nello studio “Immunological Abnormalities in Patients with Chronic Fatigue Syndrome”.

La cura della Sindrome da fatica cronica

Come sottolineato dallo stesso professor Tirelli, al momento “non c'è alcun farmaco in grado di guarire definitivamente la malattia”. Nonostante ciò, lo specialista ha aggiunto che i pazienti possono trarre benefici da interventi farmacologici come “antivirali, corticosteroidi, immunomodulatori, integratori”, oltre che a modifiche nello stile di vita. Ciò porta in alcuni casi “alla guarigione” o a “miglioramenti significativi della sintomatologia”. Il professor Tirelli ha inoltre sottolineato i benefici dell'ossigeno-ozono terapia, che in base all'esperienza del suo team di ricerca “sembra essere il trattamento più efficace”. I risultati del trattamento sperimentale sono stati discussi nel già citato articolo "Oxygen-Ozone Therapy is an Effective Therapy in Chronic Fatigue Syndrome: Results in 100 Patients", nel quale Tirelli e colleghi hanno dimostrato che, dei 100 pazienti trattati, il 70 percento ha mostrato un miglioramento della sintomatologia (miglioramento> 50% dei sintomi) e non sono sono stati evidenziati effetti collaterali.

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