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Se i cinghiali invadono le città è solo colpa nostra

Negli ultimi tempi sono aumentati gli avvistamenti di intere famigliole di cinghiali a passeggio tra le strade trafficate e i centri urbani, le cui immagini sono spesso accompagnate da commenti di disprezzo e propagandistiche “chiamate alle armi” per neutralizzare gli invasori. Ma la colpa di tutto questo, come sempre, è soltanto nostra.
A cura di Andrea Centini
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Tra gli animali più imponenti, diffusi e adattabili della fauna autoctona italiana vi è il cinghiale (Sus scrofa), un mammifero artiodattilo appartenente alla famiglia dei suidi da cui è derivato il maiale, a seguito del processo di addomesticamento. Si tratta di una specie con un significativo dimorfismo sessuale in termini di dimensioni, con i maschi che possono raggiungere e superare i 150 chilogrammi di peso per 1,5 – 1,8 metri di lunghezza. Sono animali estremamente sociali ed intelligenti, che a causa della costante (e secolare) pressione venatoria hanno evoluto adattamenti riproduttivi e comportamentali per non soccombere. Questa è una delle ragioni per cui nonostante siano massicciamente cacciati – solo in Italia si stimano 100/150mila esemplari abbattuti ogni anno – non si riesce a contenere la proliferazione della specie. Anzi, è stato proprio il desiderio di uccidere i cinghiali a fucilate a contribuire in modo determinante alla problematica situazione attuale, con boom demografici ed escursioni cittadine. Ma una cosa è certa, i cinghiali hanno tutto il diritto di vivere come lo abbiamo noi, e gridare all'abbattimento per mero interesse politico e/o ideologico ogni qual volta si fanno avvistamenti in città non serve assolutamente a nulla, se non a fare propaganda.

I cinghiali, come specificato, hanno sempre fatto parte della nostra fauna, con le popolazioni andate incontro a molteplici fluttuazioni nel corso del tempo proprio a causa del rapporto conflittuale con l'uomo. Nella lunga storia della convivenza tra le nostre specie, tuttavia, vi sono stati alcuni eventi particolarmente significativi che hanno portato alla situazione attuale. Innanzitutto va ricordato che il principale predatore naturale del cinghiale è il lupo, un animale odiato, non capito e portato sull'orlo dell'estinzione per crudeltà e superstizione. Se non fosse stato rigidamente protetto dalla legge lo avremmo perduto per sempre, esattamente come avvenuto in altre nazioni europee nei decenni scorsi. Con il crollo delle popolazioni dei lupi, i cinghiali non hanno più avuto il "controllo naturale" delle nascite e hanno potuto diffondersi attraverso areali sempre più ampi, sfruttando anche l'abbandono delle montagne e degli ambienti rurali da parte dell'uomo, trasferitosi in città. Ma ciò che ha fatto letteralmente esplodere le popolazioni di cinghiali in Italia sono state le introduzioni a scopo venatorio a partire dagli anni '50 e '60 del secolo scorso. Un numero enorme di esemplari importati dall'Est Europa, generalmente molto più grandi e pesanti dei cinghiali nostrani, è stato rilasciato nelle riserve di caccia per far divertire chi ama ammazzare animali indifesi, spalancando le porte a una diffusione nazionale senza precedenti.

I cinghiali introdotti – naturalmente – non sono rimasti lì a farsi sparare, perlomeno non tutti. Molti degli esemplari sono infatti riusciti a fuggire, a diffondersi su tutto il territorio nazionale (da Nord a Sud, isole comprese) e a incrociarsi con quelli autoctoni. In questo modo si è totalmente perso il controllo su una specie già fortemente adattabile, che è stata subito classificata come “invasiva” e nociva a causa ciò che fa ogni essere vivente: sopravvivere e riprodursi. Ad avvantaggiare i cinghiali anche le condizioni climatiche più favorevoli e la naturale capacità di colonizzare nuovi ambienti, che li ha portati anche nelle campagne e a ridosso delle città per cercare nutrimento. Va da sé che cinghiali più massicci hanno bisogno di più cibo, che vanno a cercare avidamente anche nei campi coltivati. Si ritiene che oggi, proprio grazie alle condizioni favorevoli nel Mediterraneo, le femmine adulte in buone condizioni possano partorire anche due volte l'anno (con cucciolate mediamente da quattro/sei piccoli), sebbene siano in corso indagini scientifiche per tutte le conferme del caso. Ma la proverbiale prolificità dei cinghiali viene catalizzata anche dal fatto che i cacciatori puntano ad abbattere gli esemplari più grandi; ciò fa disperdere i piccoli e i giovani, che a loro volta danno vita a nuovi branchi e colonizzano nuovi ambienti. Inoltre, come specificato dal dottor Carlo Consiglio, ex docente universitario di zoologia e fondatore della LAC (Lega Anti Caccia), “le femmine di cinghiale quando si sentono minacciate, per un meccanismo di autoprotezione della specie tendono ad andare in calore prima del tempo e a produrre molte più cucciolate, con il risultato di un aumento degli esemplari”.

Tutto questo ha portato le popolazioni di cinghiali in Italia ad aumentare in modo esponenziale: secondo le stime più recenti vi sarebbero oltre 2 milioni di esemplari nel nostro Paese, con un aumento significativo verificatosi durante il primo anno della pandemia. Come indicato, molti branchi si sono avvicinati alle città e ora stanno profittando dell'incuria e dell'inciviltà delle persone, che catalizzano incursioni sempre più massicce e frequenti. I rifiuti alimentari abbandonati nei cassonetti (o sotto di essi) sono un'attrattiva irresistibile per questi ungulati, pertanto un'adeguata gestione della spazzatura scongiurerebbe la maggior parte delle visite cittadine (e non solo dei cinghiali). Non a caso è proprio l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) a specificare che la presenza dei cinghiali nelle aree urbane “è strettamente legata alla disponibilità di scarti alimentari e di rifiuti organici”. A peggiorare la situazione anche il fatto che molti, ingenuamente, quando li vedono danno loro da mangiare, come fossero teneri cagnolini. Ciò li priva della naturale diffidenza nei confronti dell'uomo e naturalmente li spinge a tornare sul posto. Tutto questo in spregio delle regole, dato che il foraggiamento dei cinghiali "è espressamente vietato dalla legge 221/2015 che prevede, per chi contravviene a tale divieto, l'arresto da 2 a 6 mesi o l'ammenda da € 500 a 2.000″.

I cinghiali normalmente non sono animali aggressivi e hanno paura dell'uomo per istinto (ovviamente quando non vengono abituati alla sua presenza), tuttavia le femmine con cuccioli quando si sentono minacciate e percepiscono un pericolo per i piccoli possono essere molto intraprendenti e combattive. “Il cinghiale è, per sua natura, un animale selvatico e può reagire all'interazione mordendo o spingendo violentemente”, specifica l'ISPRA, sottolineando il potenziale pericolo per chi si approccia a questi animali offrendo del cibo. Non va inoltre dimenticato che la frequentazione delle aree abitate da parte dei cinghiali può favorire il rischio di incidenti stradali durante gli attraversamenti, come purtroppo accaduto diverse volte. Infine possono rappresentare un pericolo anche per cani e gatti.

Sono tutte valide ragioni per rispettare questi fieri animali selvatici e fare il necessario affinché non raggiungano le aree urbane, restando nel proprio habitat naturale. Non a caso, per evitarne le incursioni, attorno a diverse città europee oltre all'installazione di cassonetti “anti effrazione” sono state predisposte recinzioni elettrificate, atte a impedire che gli animali possano raggiungere agevolmente i centri abitati. Di certo l'abbattimento degli esemplari non è affatto la soluzione al problema, che andrebbe affrontato alla fonte e senza mettere mano ai fucili, che sono i principali responsabili dell'attuale convivenza problematica. I cinghiali possono infatti essere catturati, sterilizzati e trasferiti in aree protette, senza inutile spargimento di sangue come richiesto da alcuni. Va anche tenuto presente che non esiste la sola sterilizzazione con intervento chirurgico, ma anche la cosiddetta telecontraccezione, attraverso dardi caricati con un farmaco contraccettivo in grado di impedire la procreazione nei cinghiali per diversi anni.

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