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Covid 19

Se hai questi sintomi potresti avere la variante Delta del coronavirus

Analizzando statisticamente i dati autoriferiti nell’applicazione del progetto di ricerca “ZOE COVID Symptom Study”, è stato determinato che da quando la variante Delta è divenuta dominante nel Regno Unito è emersa una variazione nei sintomi segnalati dai pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2. Ecco i più comuni.
A cura di Andrea Centini
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Da quando il coronavirus SARS-CoV-2 ha iniziato a diffondersi nel mondo, dando vita alla pandemia di COVID-19, medici e scienziati hanno imparato molto sul suo conto, tuttavia sono ancora numerose le incognite, ad esempio sulle conseguenze a lungo termine dell'infezione e sulla durata dell'immunità. Un aspetto che sembrava acclarato è quello dei sintomi di base della malattia: febbre, tosse secca persistente e dispnea (difficoltà respiratorie) sono sempre stati considerati i principali campanelli dall'allarme della COVID-19, ciò nonostante sembra che anche queste “certezze” siano messe in discussione. La causa è la variante Delta (ex seconda indiana B.1.617.2), divenuta dominante nel Regno Unito da metà maggio e che, secondo le stime degli esperti, diventerà tale in estate anche nel resto d'Europa e negli Stati Uniti d'America.

A sottolineare che qualcosa stia cambiando con i sintomi della COVID-19 innescata dalla variante Delta è stata la professoressa Lara Herrero, Responsabile del laboratorio di ricerca in Virologia e Malattie infettive dell'Università Griffith di Brisbane, in Australia. In un articolo pubblicato su The Conversation la scienziata ha sottolineato che i segni (quelli che si vedono, come un'eruzione cutanea) e i sintomi (che si sentono, come il mal di gola) di una malattia infettiva dipendono sia dai fattori virali, come la capacità di replicazione e la modalità di trasmissione del patogeno, che dai fattori dell'ospite, come l'età, il sesso, i farmaci che si assumono, lo stress, le condizioni fisiche e molto altro ancora. È per questa ragione che il coronavirus SARS-CoV-2 e altri patogeni possono determinare un ventaglio molto ampio di conseguenze, dalle più lievi alle più severe.

Analizzando i dati autoriferiti dai pazienti coinvolti nel progetto di ricerca “ZOE COVID Symptom Study”, basato su un'applicazione e guidato da scienziati del Dipartimento della Ricerca sui Gemelli e di Epidemiologia Genetica presso il King's College di Londra, da quando la variante Delta è divenuta dominante nel Regno Unito il sintomo più diffuso della COVID-19 risulta essere il mal di testa, seguito dal mal di gola, dalla rinorrea (naso che cola), dalla febbre e dalla tosse persistente. Il naso che cola era considerato un sintomo piuttosto raro e ora e al terzo posto, mentre la perdita dell'olfatto (anosmia), ritenuto sin dall'inizio della pandemia uno dei sintomi più caratteristici, ora è scivolato al nono posto. La professoressa Herrero sottolinea che i sintomi segnalati dai milioni di utenti dell'App ZOE COVID Symptom Study non sono associati al sequenziamento del genoma, pertanto gli scienziati non hanno certezza che le variazioni siano associate alla variante Delta, tuttavia, rappresentando oggi oltre il 95 percento dei casi in Gran Bretagna, è indubbio pensare che possa esserci un legame con la sua diffusione.

Poiché si tratta di dati autoriferiti hanno comunque diversi limiti intrinseci, inoltre va considerato che adesso l'età media media dei contagiati è molto più bassa, perché la vaccinazione è particolarmente diffusa tra le fasce di età più a rischio; ciò significa che sussistono diversi fattori confondenti che potrebbero spiegare le differenze nei sintomi, non necessariamente innescate dalla variante emersa in India. Indagini condotte nel popoloso Paese asiatico, tuttavia, suggeriscono che la variante Delta stia causando diffusamente mal di stomaco, nausea, perdita dell'appetito e microtrombi, piccoli coaguli di sangue in grado di scatenare persino la cancrena nei soggetti più colpiti. Al momento, comunque, è troppo presto per avere l'assoluta certezza di una differenza netta tra i sintomi della variante Delta con quelli di altre varianti (come la Alfa o ex inglese, che ha dominato lo scorso inverno) o del ceppo selvatico/originale del coronavirus di Wuhan.

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