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Covid 19

Scoperto gene che raddoppia le probabilità di COVID-19 grave, ma il vaccino annulla il rischio

Dopo aver analizzato con un’intelligenza artificiale una enorme mole di dati genetici, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell’Università di Oxford ha scoperto che un gene chiamato LZTFL1 sito sul cromosoma 3 raddoppia il rischio di COVID-19 grave. Tuttavia, poiché il fattore genetico interessa il tessuto polmonare e non il sistema immunitario, il vaccino è in grado di “cancellare” tale rischio.
A cura di Andrea Centini
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Identificato un gene sul cromosoma 3 che raddoppia il rischio di COVID-19 grave, una scoperta significativa che può spiegare – almeno in parte – le ragioni per cui la patologia può colpire in modo letale anche persone giovani e perfettamente sane. L'infezione provocata dal coronavirus SARS-CoV-2 è una malattia subdola, che ha ucciso oltre 5 milioni di persone (132mila in Italia) da quando è scoppiata la pandemia. Pur essendo noti diversi fattori di rischio associati a un aumento delle probabilità di sperimentare la forma severa, come l'età avanzata, l'obesità, il diabete, patologie cardiovascolari e altre condizioni, la COVID-19 può far aggravare e uccidere anche giovani e giovanissimi, senza alcun problema di salute. Le ragioni di questa aggressività sono ancora oggetto di studio da parte degli scienziati, tuttavia appare chiaro un ruolo della genetica. Recentemente è stata individuata una regione sul cromosoma 3 associata a un rischio doppio di COVID-19 grave; ora, grazie a un nuovo studio, i ricercatori hanno compreso qual è il gene coinvolto e il meccanismo che determina questo rischio.

A identificare il gene responsabile di un rischio doppio di COVID-19 grave è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici del Weatherall Institute of Molecular Medicine dell'Università di Oxford, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Wellcome Centre for Human Genetics, della Nuffield Division of Clinical Laboratory Sciences dell'Università Radcliffe di Oxford, del Consorzio COvid-19 Multi-omics Blood ATlas (COMBAT), del Centro di ricerca medica applicata dell'Università di Navarra (Spagna) e di altri istituti. Gli scienziati, coordinati dai professori James Davies e Jim Hughes, docenti presso il Dipartimento di Medicina del prestigioso ateneo inglese, sono giunti alle loro conclusioni grazie a una complessa tecnologia basata sull'intelligenza artificiale. In parole semplici, hanno innanzitutto sviluppato un algoritmo in grado di scandagliare una grande mole di dati genetici relativi a cellule di tutto il corpo, dimostrando che l'alterazione genetica colpiva proprio quelle dei polmoni. In secondo luogo hanno analizzato le modifiche del DNA per scovare il segnale genetico responsabile del maggior rischio di COVID-19 grave. Dall'indagine è emerso che il gene incriminato è quello chiamato LZTFL1, presente sulla regione 3p21.31 del cromosoma 3.

L'aspetto più complesso di questa ricerca risiede nel fatto che il fattore genetico coinvolto non era associato a una differenza nella produzione di una proteina, bensì a uno specifico segnale in grado attivare un gene. “È molto più difficile individuare il gene che è affetto da questo tipo di effetto di commutazione indiretto”, hanno dichiarato gli scienziati in un comunicato stampa. Dalle analisi è emerso che le variazioni del gene LZTFL1 responsabili del raddoppio di rischio sono presenti nel 60 percento delle persone di origine asiatica, nel 15 percento degli europei bianchi e nel 2 percento dei neri. Queste percentuali spiegano solo in parte come mai determinate comunità sono più colpite di altre. Studi epidemiologici hanno infatti ampiamente dimostrato che i neri hanno un rischio sensibilmente superiore di COVID-19 grave, eppure solo in minima percentuale portano il gene incriminato. Com'è possibile? Secondo gli autori dello studio la componente genetica è solo una componente dell'intera storia; a incidere sul rischio di contagio e aggravamento possono infatti concorrere molteplici fattori, come quello di vivere in comunità svantaggiate. “È probabile che anche i fattori socioeconomici siano importanti nello spiegare perché alcune comunità sono state particolarmente colpite dalla pandemia di COVID-19”, ha affermato il professor Davies.

Poiché il fattore genetico identificato coinvolge il tessuto polmonare e non il sistema immunitario, gli scienziati sottolineano che il vaccino anti Covid è particolarmente efficace nel proteggere i portatori di questa componente genetica a rischio. “Anche se non possiamo cambiare la nostra genetica, i nostri risultati mostrano che le persone con il gene a rischio più elevato possono trarre particolare beneficio dalla vaccinazione. Poiché il segnale genetico colpisce il polmone piuttosto che il sistema immunitario, significa che l'aumento del rischio dovrebbe essere annullato dal vaccino”, ha chiosato il professor Davies. I dettagli della ricerca “Identification of LZTFL1 as a candidate effector gene at a COVID-19 risk locus” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Genetics.

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